(pol. Wilno; russo Vil´no; ted. Wilna) Città capitale della Lituania (fino al 1990 Vilna; 536.055 ab. nel 2018). Sorge in una regione collinare all’incrocio della grande via di comunicazione fra il bacino del Dnepr e il Baltico con quella che dalla Russia settentrionale conduce a Varsavia, alla confluenza della Vilnia con la Vilija. I principali settori produttivi sono l’industria e il commercio; tra le attività manifatturiere i comparti più sviluppati sono quelli elettrotecnico ed elettronico, cui seguono il metalmeccanico, l’alimentare, il petrolchimico e il tessile. Importante centro culturale, V., dotata di un notevole centro storico, è anche frequentata meta turistica.
Sorta al centro di un territorio abitato da popolazioni rutene e poi lituane, V. emerse come capitale del ducato di Lituania nel 1323 e sotto il governo di Gedimino e Algirdas divenne un importante centro politico-militare. Distrutta dall’ordine Teutonico nel 1377, si riprese con Ladislao Iagellone e soprattutto con Vitoldo. Incendi, epidemie, l’occupazione russa (1655-60), il passaggio di eserciti svedesi (1702) ne segnarono la decadenza. Si riprese solo con Stanislao Augusto V. Annessa alla Russia nel 1793, nel 1794 prese parte alla insurrezione di T. Kościuszko, per poi divenire capoluogo di governatorato. V. partecipò all’insurrezione del 1830-31 e alla rivolta del 1863. Occupata dai Tedeschi nel 1915 e poi dai Polacchi e dai Russi, tornò alla Lituania nel 1920; ma nell’ottobre dello stesso anno fu nuovamente occupata dalla Polonia. L’occupazione determinò la ‘questione’ di V., poiché i Polacchi mantennero il possesso della città, mentre la Costituzione lituana del 1928 la proclamò capitale dello Stato lituano. Dopo l’occupazione sovietica della Polonia fu restituita alla Lituania (1939), con la quale fu annessa all’URSS nel 1940. Occupata dai Tedeschi (1941-44), alla fine del conflitto rimase capitale della Lituania, seguendone le successive vicende politiche.