Mozart, Wolfgang Amadeus
Genio musicale assoluto, illimitato e versatile
In soli trent’anni di vita creativa Mozart disseminò di capolavori ogni settore dell’arte del comporre: dalla musica strumentale a quella vocale, dall’orchestrale alla sacra e soprattutto alla teatrale. Questa prodigiosa, travolgente attività creatrice iniziò all’età di soli cinque anni
Franz Joseph Haydn, il compositore più anziano di quella triade che, con Mozart e Beethoven, contrassegnò la civiltà musicale tra fine 18° e inizi del 19° secolo all’insegna del cosiddetto stile classico, in occasione di un concerto viennese del febbraio 1785 dichiarò a Leopold Mozart, padre di Wolfgang: «Davanti a Dio vi dico che vostro figlio è il più grande compositore che io abbia mai conosciuto […] ha gusto e, ciò che più conta, ha una profonda conoscenza della composizione».
Mozart era nato nel 1756 in Austria a Salisburgo da Leopold, buon musicista, e da Anna Maria Pertl. Le prodigiose capacità del piccolo Wolfgang compositore trovarono riscontro nel precoce lavoro al cembalo (e in minor misura al violino), sotto le vigili cure di Leopold, ligio tanto alle proprie convinzioni di austero cattolico quanto alle proprie laicissime cognizioni di illuminista e didatta.
La stessa educazione era già stata esercitata su Anna Maria (Nannerl in famiglia), sorella maggiore di cinque anni di Wolfgang e anch’essa predisposta da spiccate qualità musicali al canto e al cembalo.
Nel 1762 il terzetto, padre al violino e i fanciulli al cembalo, intraprese una tournée (primo di una lunga serie di viaggi in Europa) che per tre anni toccò Londra, Parigi, Vienna e i maggiori centri di Germania, Svizzera, Italia, riscuotendo ovunque entusiastici successi con ragguardevoli compensi. Così il giovanissimo genio entrò in ambienti musicali di altissimo livello, prendendo contatti con personalità prestigiose: dalle scuole violinistiche italiane ai celebrati fondatori dell’istituzione orchestrale di Mannheim, alle varie compagnie d’opera teatrali e relativi autori, particolarmente italiani: dall’opera buffa a quella seria, al Singspiel (spettacolo con canto e dialoghi parlati, molto diffuso nei paesi tedeschi) all’opéra-ballet. Era un cumulo di esperienze che le straordinarie capacità creative e assimilative di Mozart traducevano in personalissime conquiste stilistiche, facendone crescere i valori oltre le abusate convenzioni.
Rientrato il terzetto a Salisburgo, tutti ripresero le rispettive mansioni familiari e cittadine. Leopold tornò alle sue incombenze di vice direttore della Cappella arcivescovile, alle dipendenze del nuovo principe arcivescovo Girolamo da Colloredo che sarebbe poi passato agli onori della cronaca per aver ordinato a un cortigiano, il conte Arco, di assestare una pedata al nostro Maestro che si era ribellato a un non accordato permesso: esempio minore tra i vari sintomatici dell’effettiva natura reattiva e indipendente del nostro genio.
Gli anni successivi, con i viaggi in Europa, la rottura definitiva con Salisburgo, il trasferimento a Vienna e il matrimonio con Costanza Weber, furono caratterizzati dal contrasto tra la posizione sociale del musicista al servizio di una corte e l’ideale di libertà creativa e indipendenza professionale. Mozart conobbe momenti di grande successo e ricchezza, ma in seguito la situazione cambiò sia per la sua insofferenza verso un ruolo sociale, sia per le precarie condizioni di salute, sia perché il compositore seguiva i propri originali percorsi creativi, senza avere troppi riguardi per i gusti del pubblico.
Tra le prime composizioni del cinquenne Mozart e le ultime battute dell’incompiuto Requiem alla vigilia della morte (nel 1791), corrono una trentina d’anni di intenso lavoro. Rapportandoli quindi all’ingentissimo numero di opere d’ogni genere e dimensione, costellato di capolavori, ne discende il caso, davvero rarissimo, che la qualità è pari alla quantità. Ne discende anche la prova che tale densa attività è stata dominata da un’incontenibile energia eruttiva, da una forza tellurica che ha prodotto un immenso magma d’arte.
Molte sono le linee produttive fondamentali che occupano questo trentennio, nel quale vengono al mondo oltre quaranta sinfonie, oltre venti concerti per pianoforte e orchestra, più venti quartetti d’archi, alcuni quintetti con archi e fiati, musiche cameristiche per diversi strumenti, messe, oratori, e altro ancora.
In particolare, va ricordata la prestigiosa produzione operistica, una trentina fra drammi, Singspiele, opere buffe e componimenti scenici. In questo campo Mozart ha segnato il capitolo più alto delle sue meravigliose invenzioni scenico-drammaturgiche con un gruppo di cinque opere, che partono nel 1782 con Il ratto dal serraglio, un Singspiel comico in tre atti, omaggio alle commistioni stilistiche comico-seriose della commedia musicale in terra austriaca, talvolta ornata da cadenze e fanfaresche turcherie.
Le nozze di Figaro. Per tre opere Mozart si affidò alla validissima collaborazione librettistica dell’italiano Lorenzo Da Ponte. Ne scaturì, nel 1786, la prima testimonianza dei nuovi percorsi mozartiani: Le nozze di Figaro. Il libretto era tratto dall’omonima commedia di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais (lo stesso autore della precedente commedia Il barbiere di Siviglia musicato più tardi nel 1816 da Gioacchino Rossini), famosa anche per essere attraversata da sentori sociali già rivoluzionari, che la versione mozartiana declina per esaltare le risonanze musicali degli intrecci scenico-umani, sia in chiave umoristica sia sentimentale.
Don Giovanni. Ma l’anno dopo, nel 1787, il gioco delle parti presente nelle Nozze si concentra su un solo personaggio di dimensione mitica per eccellenza, entrato nell’immaginario collettivo: Don Giovanni, o meglio Il dissoluto punito come indica il sottotitolo, seduttore instancabile. Tralasciando l’enorme quantità di commenti e di rilievi fioriti intorno a questo tema, è importante notare che con tale prova Mozart porta a esemplare definizione un genere d’opera, già presente nelle Nozze, in cui avviene l’intreccio di opera comica e opera seria configurato nella definizione di dramma giocoso data dagli stessi autori. Per cui, se don Giovanni, posseduto da un’inesauribile vitalità di seduttore, gioca in apertura d’opera con il dramma ammazzando in duello il padre di una sua vittima, quest’ultimo, assunto poi a statua commemorativa, verrà alla fine giocosamente invitato a cena da don Giovanni che, a sua volta, viene invitato dal Convitato di pietra a pentirsi dei suoi misfatti. Il rifiuto del protagonista è impavido e ripetuto, e di conseguenza è la dura mano della statua che spinge il Dissoluto tra le fiamme dell’inferno. Su tutto questo l’arte mozartiana lascia cadere l’intero suo fascino, ora terrifico, ora liricamente patetico nelle arie delle due donne sedotte, donna Anna e donna Elvira, ora concedendo momenti buffi al servo Leporello.
Così fan tutte. L’ultima opera di questa trilogia, Così fan tutte (1790), raccontando la vicenda di due coppie che si amano e si tradiscono, offre multiformi seduzioni del canto scenico che assecondano ogni moto dell’anima, ogni risvolto dei complessi e variabili rapporti umani.
Con Il flauto magico (rappresentato a Vienna nel 1791) si tocca forse il vertice non soltanto del Mozart operistico, ma dell’intero suo universo d’arte: Il flauto magico in due atti, basato su un’idea etica fondamentale ed elaborato su piani strutturali diversi (opera seria, Singspiel, opera buffa, e così via.), riassume in sé la spiritualità, la sacralità, le magie, le amorose risonanze, insieme ad arlecchinesche amabilità accostate a spiritualissime intonazioni. In questo sottofondo etico hanno giocato un ruolo non secondario le istanze morali della massoneria (cui Mozart aderì nel 1785 insieme a papà Leopold) rafforzate dal libretto in tedesco del framassone Emanuel Schikaneder, poliedrico uomo di teatro, impresario, attore, cantante e anche primo interprete del ruolo del buffo Papageno.
A tutto questo va aggiunto che nell’ultimo decennio il genio di Mozart produsse altri capolavori, come le tre sinfonie in mi bemolle K 543, in sol minore K 550, in do maggiore – detta Jupiter – K 551, il quintetto d’archi e clarinetto, gli ultimi tre dei sei quartetti dedicati a Haydn, nonché sette numeri dell’incompiuto Requiem.
A dar ordine all’immenso corpus delle opere ha provveduto un musicologo austriaco nel 1862, Ludwig von Köchel, con un catalogo tematico di 626 opere, più volte rivisto e aggiornato nel corso del Novecento: da allora le sigle K o KV (Köchel Verzeichnis «catalogo Köchel») con un numero progressivo contrassegnano ogni pezzo di Mozart.