ZAMBIA
(v. rhodesia: Rhodesia Settentrionale, XXIX, p. 196; App. II, II, p. 704; III, II, p. 607; zambia, App. IV, III, p. 866)
Il paese, dopo una fase di grande espansione economica nel primo decennio dell'indipendenza in conseguenza delle favorevoli condizioni del mercato mondiale del rame, ha conosciuto un lungo periodo di progressive difficoltà. La popolazione è di 7.818.447 ab. (1990), un valore abbastanza ridotto per un territorio per buona parte molto fertile, ed è per quasi la metà concentrata nelle aree urbane situate tutte lungo la ''linea del treno'', l'asse ferroviario che attraversa da nord a sud lo stato collegando con lo Zimbabwe l'area mineraria al confine con lo Zaire. Le città principali sono, oltre a Lusaka (che nel 1990 aveva 982.362 ab.), quelle del Copperbelt a Nord (Kitwe e Ndola) e Livingstone a Sud, nella valle dello Zambesi. I maggiori gruppi etnici, che appartengono tutti al ceppo bantu, sono i Bemba, presenti nell'area mineraria del Copperbelt, i Nyanja nelle province orientali, i Tonga nel Sud e i Lozi a Ovest; le lingue tribali sono almeno 80 senza che nessuna prevalga nettamente sulle altre.
L'economia, fondata principalmente sulle risorse minerarie, è sempre stata squilibrata, con una netta superiorità degli addetti al settore minerario rispetto agli altri lavoratori, una differenziazione fra la classe dirigente, ben istruita, e il resto della popolazione, e una situazione di privilegio di coloro che abitano la ''linea del treno'' rispetto a quelli che vivono nel resto del territorio. Questi squilibri si sono accentuati negli anni Settanta, quando si è puntato tutto sull'attività estrattiva, trascurando l'agricoltura e l'allevamento. Le città, cresciute per l'arrivo di gente dalla campagna, non hanno sufficienti servizi e abitazioni per i nuovi venuti, per cui sono circondate da vaste bidonvilles. La crisi derivata dal calo del prezzo del rame, che ha provocato un gran numero di disoccupati, ha indotto il governo a tentare di riequilibrare l'economia a favore del settore primario con una politica d'incentivazione dell'agricoltura.
Lo Z. possiede uno dei maggiori giacimenti di rame del mondo. Il rame e gli altri derivati da quest'attività estrattiva (cobalto) rappresentano il 90% di tutta la produzione mineraria del paese. L'attività estrattiva, già controllata da capitale prevalentemente angloamericano, è oggi gestita da un'unica azienda con capitale zambiano.
Il Copperbelt può utilizzare quattro diverse direttrici di esportazione: prima della decolonizzazione i lingotti di rame venivano esportati soprattutto attraverso il Congo Belga e l'Angola portoghese (per mezzo della ferrovia del Benguela); dopo il 1960 è stata usata la ferrovia che attraverso lo Zimbabwe arriva a Beira in Mozambico, e successivamente la Tanzania-Zambia Railway (TAZARA), che arriva a Dār-es-Salāām in Tanzania; ma alla fine degli anni Ottanta la principale linea di esportazione ha ripreso a essere quella per Beira. I giacimenti del Copperbelt cominciano a essere prossimi all'esaurimento e sono sempre meno competitivi sul mercato mondiale.
L'agricoltura, che oggi gode in modo prioritario degli investimenti governativi, è divisa in tre livelli: il primo è costituito da un centinaio di grandi aziende che si dedicano ai prodotti da esportazione, il secondo dall'insieme delle piccole aziende agricole che oggi si stanno riorganizzando, e il terzo da una massa di piccoli coltivatori sparsi sul territorio ed esclusi da ogni possibilità di raggiungere il mercato. I principali prodotti alimentari sono il mais, la cassava, il miglio, il sorgo e gli ortaggi: si cerca oggi di aumentare la produzione di frumento, riso e soia. I prodotti commerciali sono il cotone, le oleaginose, la canna da zucchero, la frutta e il tabacco: recenti programmi cercano di sviluppare la promettente coltura del caffè.
La produzione di energia elettrica dipende per gran parte dall'impianto di Kafue Gorge, a sud-est di Lusaka, che garantisce l'autosufficienza per il paese oltre all'esportazione verso lo Shaba (Zaire) e in Zimbabwe. I trasporti sono basati principalmente sulle linee ferroviarie e su una buona rete stradale, ancora insufficiente però nelle regioni periferiche. Le esportazioni riguardano prevalentemente i minerali e in piccola misura i prodotti agricoli e dell'allevamento.
Bibl.: W. Tordoff, Politics in Zambia, Londra 1976; P. Daniel, Africanization, nationalization and inequality. Mining labour and the Copperbelt in Zambian development, Cambridge 1979; C.F. Obidegwu, M. Nziramamsang, Copper and Zambia: an economic analysis, Washington 1981; B. Turok, Mixed economy in focus: Zambia, Londra 1990.
Storia. - Nel 1978 S. Kapwepwe, già uno dei principali oppositori di K. Kaunda e leader del disciolto United People Party (UPP), aderì al partito unico United National Independence Party (UNIP), portando con sé l'importante gruppo etnico Bemba, maggioritario nell'area del Copperbelt e tradizionalmente poco favorevole a Kaunda. Tuttavia questa riconciliazione non impedì a molte personalità bemba di partecipare a un tentativo di colpo di stato che ebbe luogo nell'ottobre 1980. L'episodio, stigmatizzato da Kaunda come ispirato dal Sudafrica, era legato allo scontento, che serpeggiava anche nell'UNIP, causato dalla difficile situazione economica del paese. Il perdurare della crisi, che non si attenuò neanche dopo la conquista dell'indipendenza da parte del confinante Zimbabwe, costrinse il governo ad applicare rigide misure di austerità durante il 1982 e 1983. La recessione economica era determinata dalla diminuzione dei prezzi del rame, la monocoltura mineraria dello Zambia. Scioperi e proteste nelle aree chiave del paese non colpirono tuttavia la popolarità di Kaunda, e il presidente, recuperata una certa intesa con il movimento sindacale, venne riconfermato nelle elezioni generali dell'ottobre 1983 e avviò una politica di riforma economica, di ristrutturazione di diverse compagnie parastatali e di lotta alla corruzione.
Le nuove misure d'austerità furono tuttavia all'origine dello scontento che durante il 1984 sfociò nei disordini all'università di Lusaka, che in quell'occasione venne chiusa. Gli scioperi nei settori industriali chiave furono ufficialmente proibiti nel marzo 1985, mentre il presidente proseguì la campagna anticorruzione con eclatanti epurazioni nei ranghi dirigenziali dell'UNIP e nel governo. Nuove dimostrazioni popolari accompagnarono durante quell'anno l'aumento dei prezzi dei generi base, e nel maggio 1986 l'università venne di nuovo chiusa. La crisi politica toccò l'apice in dicembre, allorché l'abolizione del sussidio statale sulla farina di mais (in applicazione delle misure di risanamento richieste dal Fondo monetario internazionale), che ne provocò un aumento del prezzo del 120%, causò scontri violentissimi nell'area del Copperbelt e innescò una serie di scioperi. Dopo aver rinunciato al previsto aumento del 70% sul prezzo dei carburanti, il governo annunciò nel maggio 1987 la sostituzione dell'impopolare piano proposto dal FMI con uno di elaborazione nazionale, basato su un sistema di controlli statali.
Il venir meno dei finanziamenti internazionali fu temporaneamente compensato da un aumento del prezzo del rame e da un buon raccolto. Il 1987 e 1988 videro una serie di interventi repressivi contro l'opposizione, ufficialmente giustificati con l'intenzione di colpire le attività cospirative promosse dal Sudafrica, ma evidentemente motivati dalla necessità di rafforzare il controllo centrale su una situazione sempre più instabile politicamente, per il perdurare della sfavorevole congiuntura economica. I rapporti coi sindacati furono inficiati dall'ondata di licenziamenti nel settore pubblico che, a partire dal 1985, interessarono ben 11.000 dipendenti. All'inizio del 1988 la comunità indo-pakistana, colpita dalle misure restrittive in campo commerciale volte a colpire il mercato nero, lamentò discriminazioni di tipo razziale. Nell'agosto 1988, nella decima conferenza dell'UNIP, si decise di allargare il comitato centrale del partito da 25 a 68 membri; Kaunda venne designato come candidato unico alle presidenziali di ottobre, nelle quali ottenne il suo sesto mandato quinquennale. Nel frattempo, il tentativo da parte del governo di porre un freno alla crisi economica esasperava il malcontento nel paese: nel luglio 1989 ebbero luogo sommosse nel Copperbelt a seguito dell'aumento dei prezzi di beni essenziali, e nel giugno 1990 l'introduzione di misure di austerità provocò violenti disordini nella capitale. La crisi economica e quella politica (alla fine di giugno 1990 c'era stato un tentativo di colpo di stato da parte di un settore delle forze armate, subito represso) spinsero Kaunda a promettere l'istituzione di un sistema multipartitico e una profonda revisione della Costituzione. Nel luglio 1990 nacque il Movimento per la democrazia multipartitica (MMD) guidato da un ex ministro, A. Wina, e dal presidente del Congresso delle Trade Unions, F. Chiluba. Il 2 agosto 1991 entrò in vigore la nuova Costituzione che prevedeva un sistema multipartitico. Capo dello stato e dell'esecutivo è il presidente della Repubblica, eletto per cinque anni a suffragio universale diretto, che nomina e presiede il Gabinetto dei ministri. Il potere legislativo spetta all'Assemblea Nazionale che passa da 135 a 150 membri, eletti per cinque anni a suffragio universale. Il presidente della Repubblica non può essere eletto più di due volte. Le elezioni politiche e presidenziali si tennero il 31 ottobre 1991. Chiluba con il 75,79% dei voti vinse le elezioni presidenziali, mentre l'MMD si assicurava 125 dei 150 seggi all'Assemblea Nazionale e l'UNIP i rimanenti 25.
Nei primi anni Novanta lo sforzo di Chiluba si orientò da un lato a riorganizzare la pubblica amministrazione e gli enti parastatali, e dall'altro a rilanciare l'economia del paese, nel quale la corruzione investiva anche i livelli più alti del potere. La vita politica interna fu caratterizzata dallo scontro tra il governo e l'UNIP (nel marzo 1993 Chiluba dichiarò lo stato di emergenza dopo la scoperta di documenti dell'UNIP relativi all'organizzazione di disordini antigovernativi) e dalle continue divisioni all'interno dell'MMD (nell'aprile 1993 nacque il Partito nazionale, NP, a seguito di una scissione interna all'MMD, e nel giugno 1994 sette partiti di opposizione si unirono in un'alleanza informale che prese il nome di Fronte dell'opposizione dello Zambia). Alla fine del 1994 furono prese alcune misure di austerità che ridussero il deficit dello stato e il tasso d'inflazione. Nonostante ciò nell'aprile 1995 il Fondo monetario internazionale ritenne che lo Z. non avesse ancora realizzato le condizioni per accedere nuovamente al prestito internazionale.
Lo Z. è stato sovente bersaglio di azioni ritorsive della Repubblica Sudafricana per il suo sostegno alla lotta contro l'apartheid, e assunse una posizione centrale come coordinatore e promotore dell'azione degli ''stati della linea del fronte'' e dei paesi del Commonwealth contro Pretoria. Nel settembre 1992 i governi dello Z. e dell'Angola firmarono un accordo su un controllo comune delle loro frontiere, e nel gennaio 1993 lo Z. contribuì con l'invio di circa mille uomini alla missione di pace delle Nazioni Unite in Mozambico.
Bibl.: C.F. Obidegwu, M. Nziramamsanga, Copper in Zambia: an economic analysis, Washington 1981; Administration in Zambia, a cura di W. Tordoff, Manchester 1981; J.D. Jansen, A. Rukovo, Agriculture and the policy of environment: Zambia and Zimbabwe, Parigi 1992.