Zimbabwe
(App. V, v, p. 820; v. rhodesia: Rhodesia Meridionale, XXIX, p. 195; App. II, ii, p. 704; III, ii, p. 606; rhodesia-zimbabwe, App. IV, iii, p. 212)
Geografia umana ed economica
di Claudio Cerreti
Popolazione
Sotto il profilo demografico, lo Z. (11.377.000 ab. secondo una stima del 1998) presenta ancora una situazione in evoluzione verso modelli più equilibrati: il tasso di accrescimento rimane piuttosto elevato e consistente è la tendenza all'inurbamento, che colpisce gran parte delle aree rurali relativamente sovraffollate, da un lato, e le poche città di grandi dimensioni, dall'altro. In queste ultime, ormai, l'espansione delle periferie informali costituisce, come nella maggior parte degli altri paesi africani, un problema che il paese non era né abituato né attrezzato ad affrontare. Tuttavia, il fenomeno non ha ancora assunto proporzioni allarmanti, e la popolazione urbana rimane abbastanza contenuta.
Condizioni economiche
Benché le condizioni di vita della popolazione siano lontane dall'essere ottimali, tutti gli indicatori socioeconomici dimostrano per lo Z. una situazione migliore che nei paesi limitrofi. Il paese gode di una varietà produttiva in campo agricolo che gli consente di realizzare l'autosufficienza alimentare e di esportare mais e carne bovina, oltre che tabacco, cotone e tè, malgrado l'esiguità della terra messa a coltura. Anche la produzione di legname conserva una certa importanza, ma il depauperamento del patrimonio forestale ha indotto a mettere in atto programmi di riforestazione piuttosto ambiziosi.
Le risorse del sottosuolo, principale ricchezza dello Z. (fra le esportazioni prevalgono oro, amianto, rame, nichel, leghe ferrose), sono abbastanza varie e, benché non ingenti, contribuiscono a sottrarre il paese ai rischi connessi con le fluttuazioni dei prezzi di singoli prodotti, mentre alimentano un comparto industriale che presenta uno sviluppo insolito per la regione. Accanto alla metallurgia del rame, del ferro, dello stagno, che in buona parte lavora prodotti provenienti dai paesi circostanti, sono sorte industrie meccaniche, chimiche e tessili. In conseguenza di queste condizioni di struttura, le prestazioni del sistema produttivo rimangono soddisfacentemente più elevate della crescita demografica (salvo eccezioni negative, come nel 1995, a causa di un'annata siccitosa). Con tutto ciò, le esportazioni presentano un disavanzo costante (particolarmente grave nel 1992, ancora in conseguenza di un pessimo raccolto agricolo), che solo il credito internazionale consente di saldare. Il settore moderno dell'industria appare ancora troppo limitato, mentre la disponibilità di terre per le popolazioni rurali è ridotta, non tanto per la permanenza di grandi aziende di stampo coloniale, quanto per la carenza di infrastrutture di servizio nelle regioni più periferiche.
Nel complesso l'agricoltura mostra una preoccupante vulnerabilità alle condizioni meteorologiche, evidentemente aggravata dalla mancata adozione di sistemi di coltura più efficienti. Infine, il debito pubblico, elevatissimo, blocca ogni possibilità di riforme strutturali.
In questo contesto, gli effetti delle politiche di aggiustamento strutturale sono stati molto pesanti per la popolazione e per il sistema monetario dello Z., alimentando proteste e tensioni, ma soprattutto un crescente divario fra quanti sono inseriti nel settore progredito dell'economia produttiva e coloro che ne rimangono esclusi (popolazioni rurali): i primi appaiono meno penalizzati dei secondi dalle ricadute negative e restrittive delle politiche di aggiustamento (anche perché vedono, nel contempo, aumentare gli investimenti privati esteri nei settori in cui operano); tuttavia, le popolazioni urbane sono anche quelle che più direttamente risentono dei vincoli imposti dal tradizionalismo in campo politico ed economico e che meno tollerano certe rigidità del sistema. Appare innegabile che questo sia un tratto di modernità inconsueto in Africa, ma, al tempo stesso, un elemento di tendenziale instabilità per il paese, tanto più se l'ormai evidente concorrenza in campo produttivo (industria) e politico con il Sudafrica dovesse inasprirsi, a tutto svantaggio dello Zimbabwe.
bibliografia
D. Potts, Zimbabwe, Oxford-Santa Barbara 1993.
D. Thomas, I. Muvandi, The demographic transition in Southern Africa. Reviewing the evidence from Botswana and Zimbabwe, in Demography, 1994, pp. 185-208 e 217-27.
E. Friis-Hansen, Seeds for African peasants. Peasants needs and agricultural research. The case of Zimbabwe, Uppsala-Copenhagen 1995.
Balancing rocks: environment and development in Zimbabwe, ed. C. Lopes, Harare 1996.
J. Dhemba, Informal sector development. A strategy for alleviating urban poverty in Zimbabwe, in Journal of social development in Africa, 1999, 2, pp. 5-19.
Storia
di Emma Ansovini
Al momento dell'indipendenza, ottenuta nel 1980, lo Z. rappresentava per certi versi un paradosso: era un paese governato da una leadership dichiaratamente marxista-leninista, con un programma economico di ispirazione socialista, ma nel quale la minoranza bianca (meno del 2% della popolazione) godeva di straordinari privilegi politici e soprattutto economici. Ai Bianchi spettava il 20% dei seggi nel nuovo Parlamento e veniva confermata la proprietà delle terre più produttive. Il 78% dei terreni più fertili apparteneva infatti alla minoranza bianca ed era concentrato nelle mani di circa 4000 proprietari. Il 75% delle terre meno produttive era assegnato ai Neri, spesso come proprietà indivisa nelle Tribal Trust Lands (terre tribali), divenute con l'indipendenza Commonal Lands (terre comuni).
Questi vincoli contribuirono certamente a rendere la transizione relativamente indolore, soprattutto se si considera la sanguinosa guerra di liberazione che l'aveva preceduta e i 25 anni di spietato segregazionismo, ed evitarono l'esodo di molte competenze tecniche e professionali, ma, almeno in parte, ipotecarono il futuro del paese. Negli anni immediatamente successivi all'indipendenza, il governo - nonostante che le finanze dello Stato fossero duramente provate dall'impegno militare in Mozambico, dove la guerriglia, sostenuta dal Sudafrica, minacciava i vitali collegamenti dello Z. con il porto di Beira - riuscì a investire grandi risorse nell'istruzione e nella sanità, avvalendosi di un apparato statale di notevoli capacità e praticando una forma anomala di autocrazia, in cui convivevano un insolito livello di dibattito culturale e atteggiamenti di repressione violenta, in particolare nei confronti del sindacato e degli studenti. La questione agraria, nonostante leggi e pronunciamenti talvolta molto radicali, non trovò facile soluzione e rimase sostanzialmente irrisolta, aumentando le tensioni tra le etnie principali presenti nel paese (Shona e Ndebele) e contribuendo a far crescere l'insoddisfazione della popolazione nei confronti di un governo salutato al suo insediamento da un autentico e diffuso consenso. L'insoddisfazione si acuì con il finire degli anni Ottanta, quando la crescita della spesa pubblica e le difficoltà incontrate nel promuovere un'espansione in grado di autoalimentarsi condussero a un severo peggioramento del debito estero, costringendo lo Z. nel 1991, in coincidenza con la più grave siccità del secolo, ad accettare una politica di riaggiustamento strutturale, che contribuì certamente a peggiorare le condizioni di vita della popolazione.
Nonostante il crescente malcontento popolare, R. Mugabe, il cui governo aveva assunto un carattere sempre più marcatamente personalistico e autoritario, anche per l'assenza di una credibile opposizione, venne rieletto, nel marzo 1996, alla presidenza della Repubblica con il 92% dei suffragi, ma con una partecipazione al voto di appena il 31,7% degli aventi diritto. Dopo la sua rielezione Mugabe rilanciò la politica di riforma agraria, prima nel 1996, stabilendo che gli investitori stranieri potevano acquisire fattorie, ma solo se ubicate in zone climaticamente sfavorite, e quindi nel 1997, mettendo in atto un programma di espropri. Comunque, se il piano di sviluppo del 1982-85 prevedeva l'assegnazione di 8 milioni di ha ai contadini neri, nel 1997 ne erano stati assegnati 3,4 milioni, molto spesso affidati a nuovi grandi proprietari neri. Pur annunciando l'abbandono del marxismo-leninismo, il governo accentuò il suo profilo illiberale fino a limitare pesantemente nel 1998 per legge il diritto di sciopero. Un ulteriore problema, sia politico sia finanziario, sollevò la decisione di inviare truppe in appoggio del governo Kabila, in Congo: un intervento deciso a dispetto dell'atteggiamento critico del Sudafrica di N. Mandela, verso la cui carismatica egemonia Mugabe manifestò in più occasioni una critica insofferenza. La nascita del nuovo Sudafrica, infatti, se contribuiva a migliorare le condizioni politiche e le potenzialità economiche di tutta l'area, ridimensionava oggettivamente il ruolo continentale dello Zimbabwe. Pur conservando un potenziale tra i più ragguardevoli dell'Africa subsahariana per livello di istruzione, infrastrutture, apparato statale e diversificazione produttiva, lo Z. risultava alla fine degli anni Novanta in una condizione di stallo, con un presidente anziano e senza un evidente disegno strategico, con una vita politica asfittica incapace di compiere passi decisivi verso la democratizzazione, con una corruzione diffusa, con un problema della terra che accresceva l'instabilità sociale, dovendo fare inoltre i conti con una diffusione dell'epidemia di AIDS tra le più alte dell'Africa. Gli elementi di crisi si accentuarono nel febbraio 2000, quando venne respinta in un referendum la proposta di attribuire al presidente nuovi poteri, tra i quali quello di espropriare le terre senza indennizzo. L'esito del referendum rappresentò una chiara sconfitta per Mugabe che si trovava di fronte, per la prima volta, una forte opposizione, il Movement for Democratic Change. In un clima di crescente tensione, in marzo e in aprile, i veterani della guerra di liberazione, con l'appoggio prima tacito e poi esplicito del governo, occuparono numerose fattorie di proprietà dei Bianchi, innescando una spirale di violenze e mettendo in crisi i tradizionali buoni rapporti con la Gran Bretagna.
bibliografia
V. Curtin Knigt, Zimbabwe's reluctant transformation, in Current history, 1996, pp. 222-27; P. Nordlund, Organising the political agora. Domination and democratisation in Zambia and Zimbabwe, Uppsala 1996.