Poeta greco (sec. 7º-6º a. C.) di Mitilene, nell'isola di Lesbo. Fu, insieme a Saffo, sua conterranea e contemporanea, il rappresentante della "lirica eolica".
Di famiglia aristocratica, partecipò alle lotte civili che agitarono la sua città; instaurata la tirannide dei Cleanactidi, A., che l'aveva combattuta, fu costretto all'esilio a Pirra, in Lesbo stessa. Quando poi il popolo conferì il sommo potere a Pittaco, A. dovette abbandonare l'isola e fu esule in Egitto e in Tracia, avverso al nuovo tiranno, ch'era stato del suo partito e che egli considerava un traditore. Ma Pittaco, confermato il proprio potere, richiamò i fuorusciti e tra questi anche A., che morì in patria in tarda età.
La poesia di A., che pur conosce gli abbandoni dell'ebbrezza e dell'amore, nasce dalla passione politica, canta le gioie, i dolori, le ansie della battaglia. Intonazione più calma ebbero, probabilmente, gl'inni: in un carme, restituitoci da un noto papiro, appare un tono più intimo di rimpianto e di nostalgia. La lingua di A. è il dialetto eolico di Lesbo: i metri sono quelli, ricchissimi, della poesia eolica, di alcuni dei quali la tradizione lo vuole inventore o perfezionatore (metro alcaico). Le sue poesie furono raccolte dagli Alessandrini in almeno 10 libri, nel primo dei quali dovevano essere riuniti tutti gl'inni; per il resto gli antichi parlano di στασιωτικά "canti politici" e σκόλια "canti conviviali", ma non sembra che i due termini corrispondano a due sezioni distinte della raccolta. Alla poesia di A. s'ispirò Orazio, che ne fu grande ammiratore. Restano circa 150 frammenti.