Mozzoni, Anna Maria
Militante femminista e patriota (Rescaldina, Milano, 1837 - Roma 1920). Nata in una famiglia agiata, di sentimenti patriottici e antiaustriaci, subì però il pregiudizio antifemminile comune in quell’epoca anche in ambienti colti e, per favorire la migliore istruzione dei fratelli, fu costretta a trascorrere gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, dal 1842 al 1851, nel collegio della Guastalla riservato a giovani nobili povere e caratterizzato da un’atmosfera chiusa e reazionaria. Da questa esperienza ricavò una profonda avversione per il conformismo e la spinta a costruirsi un percorso culturale autonomo attingendo alla ricca biblioteca domestica: Plutarco, Balzac, gli illuministi francesi e lombardi, Porta, Mazzini. Nel 1864, all’interno del dibattito nell’area mazziniana e democratica, si colloca il suo primo scritto sul problema femminile La donna e i suoi rapporti sociali al quale seguì, l’anno successivo, La donna in faccia al progetto del nuovo Codice Civile Italiano. La Mozzoni, ormai una protagonista dell’elaborazione politica e culturale sull’emancipazione della donna, pubblicava, nel 1866, Un passo avanti nella cultura femminile. Tesi e progetto, collaborava alle iniziative per il riconoscimento della autonomia giuridica della donna, fondava con le sorelle Caracciolo un comitato femminile di orientamento mazziniano e garibaldino, insegnava filosofia morale nella Scuola superiore femminile Maria Gaetana Agnesi, collaborava a giornali e riviste affrontando, sempre da un punto di vista originale e femminile, i temi più diversi: da una indagine sulla prostituzione, uno dei primi tentativi italiani di analisi del fenomeno, a una rubrica di divulgazione scientifica (Fisica Sintetica). Nel 1870 tradusse in italiano The subjection of women di John Stuart Mill e nello stesso periodo entrò a far parte della redazione della rivista mazziniana «La Roma del Popolo». Il suo attivismo la portava instancabilmente a promuovere associazioni, leghe, comitati, a fare conferenze, a sottoscrivere documenti. Senza la pretesa di costruire una teoria organica, la Mozzoni andava definendo un pensiero politico rigoroso e coerente che fu alla base di un rapporto, spesso conflittuale, con le istituzioni e con i partiti. Era centrale nella sua riflessione il riconoscimento della questione femminile come questione sociale autonoma: l’emancipazione della donna non derivava spontaneamente dal raggiungimento di altri obiettivi, come la patria, la libertà, la democrazia o dal riconoscimento dei diritti dei lavoratori; poteva e doveva essere collegata a queste rivendicazioni, ma non poteva essere loro subordinata e doveva basarsi sull’iniziativa delle donne e sulla loro capacità di dettare i termini delle riforme necessarie. Nel 1877 presentò al Parlamento la sua prima mozione per il voto alle donne; un’altra fu avanzata nel 1906 nell’ambito della discussione sulla nuova legge elettorale. In questo intervallo temporale maturò prima il suo distacco dal mazzinianesimo, quindi il suo avvicinamento al Partito socialista, infine la rottura con quest’ultimo, dopo un aspra polemica con Anna Kuliscioff sulle proposte legislative di tutela del lavoro femminile che avrebbero finito, secondo la Mozzoni, per discriminare le donne e promuoverne i tradizionali ruoli femminili nella famiglia e nella società. Negli ultimi anni di vita la Mozzoni visse isolata – la sua posizione interventista nella prima guerra mondiale l’allontanò ulteriormente dalla sinistra – e, dopo la morte, fu per lungo tempo dimenticata; sarà riscoperta solo nella seconda metà del Novecento.