Arduino re d'Italia. - Figlio (n. 955 - m. abbazia di Fruttuaria 1015) di Dadone, conte di Pombia, e di una figlia di Arduino Glabrione. Dopo aver sconfitto e ucciso Pietro vescovo di Vercelli, ed essere per questo stato scomunicato e dichiarato decaduto, nel 1002 riuscì a farsi incoronare re d'Italia a Pavia. In seguito alla discesa in Italia del 1014 di Enrico II, però, fu costretto a deporre le insegne regali.
Successe (990 circa) al cugino Corrado Conone nel governo della Marca d'Ivrea. Appoggiandosi sulla piccola nobiltà campagnola e cittadina, lottò fieramente contro Pietro vescovo di Vercelli, che fu ucciso dallo stesso A. nella presa della città (997). Scomunicato da Varmondo, vescovo d'Ivrea, riconosciuto responsabile dell'omicidio in un sinodo tenutosi in S. Pietro alla presenza di papa Silvestro II (999), nuovamente scomunicato e dichiarato decaduto (suo successore fu, forse, il figlio Arduino; i comitati d'Ivrea e Vercelli vennero assegnati al nuovo vescovo vercellese Leone), non si piegò: alla morte di Ottone III riuscì a farsi incoronare re d'Italia a Pavia dai grandi del regno (15 febbr. 1002) e a farsi riconoscere nell'Italia settentr. e centrale. Ma gli avversari ricorsero a Enrico II di Germania: A. batté Oddone duca di Carinzia, ma, alla discesa di Enrico II in Italia per ricevere la corona regia (1004), si ritirò nella sua marca. Sostenuto un duro assedio nella rocca di Sparone, riacquistò poi prestigio nell'Italia occidentale, sicché la stessa incoronazione imperiale (seconda calata) di Enrico II a Roma (14 febbr. 1014) fu seguita da una rivolta di partigiani di A. Questi parve ritrovare fautori in tutta l'Italia settentr., ma l'opposizione del marchese Bonifacio di Toscana e del vescovo Arnolfo di Milano e una grave infermità che lo colse lo persuasero a deporre le insegne regali e a farsi monaco nell'abbazia di Fruttuaria (1014).