Filosofo (Anversa 1624 - Leida 1669). Studiò all'univ. di Lovanio, dove poi insegnò, finché fu costretto ad abbandonare la cattedra; poi, passato al calvinismo, insegnò all'univ. di Leida. È uno dei principali rappresentanti dell'occasionalismo. Muovendo da una critica della soluzione cartesiana del problema del rapporto fra l'anima e il corpo, e in particolare dalla confutazione dell'idea dell'influxus physicus, egli dichiara inconcepibile ogni azione che dalla res extensa si eserciti sulla res cogitans per determinare la conoscenza, così come ogni azione che dalla res cogitans si eserciti sulla res extensa (e cioè in particolare sul corpo) per determinare il movimento. Alla radice di questa posizione sta la tesi che "impossibile est ut is faciat qui nescit quomodo fiat": la mancata conoscenza del modo del fare indica l'estraneità di questo fare al soggetto; e al soggetto resta infatti estraneo per G. il supposto operare sulla realtà fisica e il reciproco influsso di questa su di esso. G. considera quindi Dio come la sola vera causa di tutto, attribuendo agli eventi che si manifestano sia nel campo dell'estensione sia in quello del pensiero il valore di mere cause occasionali per l'intervento dell'azione divina, da cui solo dipende la corrispondenza tra ciò che accade in quelle due sfere. Tra i suoi scritti: Logica (1662); Ethica (prima parte 1665; uscì completa postuma con il titolo Γνῶϑι σεαυτόν, sive Ethica, nel 1675), la sua opera fondamentale; Physica vera (1688); Annotata praecurrentia ad R. Cartesii principia (1690); Metaphysica vera (1691); Annotata maiora ad principia philosophiae R. Cartesii (1691).