Atene antica
Culla della democrazia
Se sentiamo parlare di filosofia, letteratura e arte dell'antica Grecia istintivamente pensiamo subito ad Atene. Poche infatti sono state, nella storia del mondo, le città che hanno saputo dare vita a sviluppi altrettanto importanti in tutti quei campi. Non dobbiamo, però dimenticare che siamo debitori verso Atene di un'altra fondamentale creazione: la democrazia. Lentamente, ma con costanza, fu dato corpo all'idea di una comunità di cittadini che concorrono tutti, ognuno secondo le proprie possibilità, alla guida della patria. Quella di Atene forse non fu una democrazia perfetta, ma senza il suo esempio la storia del mondo sarebbe stata sicuramente più buia
Nel 3° millennio a.C. quella che sarebbe divenuta la possente città di Atene non era che un piccolo nucleo abitativo posto sull'attuale acropoli, ma già nel 1300-1200 a.C. ‒ circa sette secoli dopo l'insediamento ad Atene della popolazione indoeuropea degli Ioni provenienti dal Nord ‒ la città aveva acquisito una certa rilevanza. Dopo moltissimi anni di governo monarchico, a partire dall'11° secolo crebbe sempre di più l'importanza politica di alcune famiglie della nobiltà terriera, tanto che nel corso dell'8° secolo alla monarchia finì per sostituirsi un governo formato dall'aristocrazia.
Il fiorente sviluppo economico che si registrò ad Atene a partire dal 7° secolo innescò una serie di conflitti sociali. Si rese allora indispensabile una riforma che consentisse a una cerchia più larga di cittadini la partecipazione alla vita politica della città. Fu così che nel 594 a.C., sotto Solone, che ricopriva la carica di arconte, importante magistrato della città, si stabilì che l'accesso alle cariche di governo (diritto passivo, cioè di essere eletto) non avvenisse più sulla base dell'appartenenza alla nobiltà ma a secondo del censo derivante dalle proprietà terriere. Inoltre, fu esteso a tutti i cittadini, anche a quelli più poveri, il diritto di partecipare all'Assemblea popolare e all'elezione dei governanti (diritto attivo, cioè di votare). È proprio in questa decisione che risiede la rivoluzionaria portata storica della riforma soloniana: per quanto imperfetta ‒ non potevano esercitare diritti né attivi né passivi le donne, gli stranieri residenti e, ovviamente, gli schiavi ‒, essa aveva infatti fondato il primo esempio di democrazia della storia.
Intorno al 508 a.C. il legislatore Clistene perfezionò ulteriormente il percorso di democratizzazione della vita politica di Atene iniziato da Solone: fece, infatti, valutare le classi di censo non più sul reddito agrario bensì su quello monetario; in questo modo allargò la possibilità di accedere alle cariche di governo anche agli esponenti della classe imprenditoriale e mercantile. Questa, con il passare del tempo, era diventata economicamente sempre più forte ma era rimasta fino allora esclusa dall'esercizio dei diritti passivi.
Grazie al crescere della sua importanza economica e politica e della sua identità sociale, il piccolo centro di Atene si era trasformato tra il 7° e il 6° secolo in una potente città-Stato. Atene aveva unificato sotto di sé tutta l'Attica, riuscendo così a sfruttare le due grandi potenzialità della regione: le risorse del territorio (miniere di argento e di piombo, foreste, cave di marmo, pianure coltivabili) e lo sbocco sul mare. Facendo leva su di esse e sulla profonda fiducia nel proprio spirito di iniziativa, Atene divenne in breve tempo una delle due grandi potenze del mondo greco (l'altra era Sparta). Non solo: divenne anche la padrona dei traffici commerciali del Mediterraneo centro-orientale, tanto da finire per scontrarsi con l'impero persiano, che deteneva il controllo delle coste dell'Asia Minore.
Quando nel 500 a.C. le città greche della Ionia si ribellarono al dominio della Persia, Atene appoggiò la rivolta sia per ragioni di consanguineità sia per i suoi interessi economici. Stroncata in pochi anni la sommossa, nel 492 il re Dario I decise di impadronirsi per ritorsione della Grecia intera. Ebbe così inizio un epico conflitto che non fu solo un confronto militare, ma anche un vero e proprio scontro fra due culture: quella delle città-Stato composte da liberi cittadini autogovernati e quella di un impero dove tutti erano sudditi tranne uno.
Nonostante l'enorme sproporzione di forze in campo, la determinazione di pochi che lottavano a difesa della propria indipendenza ebbe ragione dei molti che combattevano senza motivazione: nel 490 a Maratona gli Ateniesi infersero una sconfitta durissima ai Persiani, che furono costretti a ritirarsi. Nel 480 Serse, salito al trono cinque anni prima, decise di scatenare una nuova offensiva verso la Grecia. L'aggressione di Serse fu però arrestata dall'ammiraglio ateniese Temistocle nel corso di una cruenta battaglia navale nei pressi dell'Isola di Salamina, e definitivamente respinta un anno dopo grazie alle vittorie di Platea e Micale.
La grande affermazione di Atene a Salamina ebbe in politica interna una ripercussione altrettanto importante che in politica estera. Salamina, infatti, fu la dimostrazione indiscutibile che la potenza e la vocazione di Atene risiedevano nel controllo dei mari, e che era quindi vitale il mantenimento di una forte flotta da guerra. Ma per far funzionare le triremi erano necessarie molte migliaia di rematori fidati e coscienziosi; l'unico serbatoio da cui attingere era costituito dall'ultima classe censuaria dei cittadini di Atene, i teti, quelli che fino allora avevano avuto meno importanza politica di tutti. Così, i teti, divenuti i muscoli su cui poggiava la potenza della città, ebbero grande voce in capitolo nella vita politica.
Il lento ma inesorabile processo di democratizzazione ateniese fu portato a compimento da Pericle, l'uomo politico che improntò la vita di Atene dal 461 al 429. Egli, infatti, limitò ulteriormente le residue competenze giudiziarie rimaste agli aristocratici e, soprattutto, concesse un'indennità giornaliera ai cittadini più poveri per consentire loro di poter partecipare non solo in teoria, ma anche in pratica, alla vita politica della città.
Il trentennio contrassegnato dalla leadership politica di Pericle fu senza dubbio il periodo più splendido della storia di Atene, che riuscì a estendere il controllo sui commerci dall'Italia meridionale al Mar Nero e a divenire la città più ricca della Grecia. Tale opulenza attirò da ogni parte del mondo greco letterati, scultori e architetti e consentì una fioritura culturale mai registrata in precedenza: simbolo di questo splendore è il Partenone, il maestoso tempio sull'acropoli dedicato alla dea Atena. Ma tale ascesa portò inevitabilmente allo scontro con l'altra potenza ellenica, Sparta: nel 431, infatti, ebbe inizio la cosiddetta guerra del Peloponneso, che durò fino al 404. La guerra si concluse con una bruciante sconfitta per Atene, dalla quale la città non si riebbe più. Tranne brevi periodi di libertà, infatti, passò dalla sottomissione a Sparta al dominio macedone (322) e poi a quello romano (86), perdendo dunque l'amata indipendenza, ma mantenendo sempre intatto il suo prestigio di capitale della cultura e, in seguito, della cristianità orientale.
Ad Atene, come del resto in tutta la Grecia, fino ai sei anni il bambino era affidato alla mamma o a una nutrice, che ne curavano l'acquisizione del linguaggio e la disciplina morale. L'istruzione vera e propria iniziava a partire dai sette anni e durava fino ai diciotto. Ai tempi della monarchia e dei governi aristocratici non esisteva una scuola pubblica. È facilmente intuibile, quindi, che solo le famiglie molto abbienti avevano la possibilità di assumere uno o più precettori privati per l'educazione dei propri figli. Molto spazio veniva dedicato agli esercizi bellici e agli sport nobili, come l'ippica e la caccia, meno agli studi letterari e scientifici. In seguito, con la democratizzazione della vita politica, anche l'istruzione smise di essere un privilegio di pochi: nacquero così scuole aperte a tutti – all'inizio private, poi, in età ellenistica, anche pubbliche – dove l'educazione 'culturale' si affiancava a quella fisica. La giornata scolastica iniziava molto presto, appena spuntava la luce, con la lezione di lettere, cui seguiva quella di educazione fisica; dopo il bagno, lo studente si recava a casa per il pranzo di mezzogiorno, finito il quale tornava a scuola per le lezioni di lettura.