Interprete, presso le antiche popolazioni italiche e presso i Romani, del volere degli dei, che si rivelava loro per mezzo di vari segni. Il collegio degli a. (costituito dagli interpreti ufficiali degli auspici di Stato, che si riunivano alle none di ogni mese) era anticamente formato di 5 membri patrizi, ma dal 300 a.C. (lex Ogulnia) vi furono ammessi i plebei. Il numero dei membri salì a 16 con Cesare e crebbe nell’età imperiale finché l’augurato divenne una carica onorifica. Dapprima l’elezione avveniva per cooptazione, poi per mezzo di comizi ristretti dietro proposta degli a. stessi (lex Domitia), infine su designazione dell’imperatore. L’ufficio era a vita e comprendeva l’augurium salutis (consultazione al fine di sapere se le preghiere dei nuovi consoli per la prosperità dello Stato erano state gradite dagli dei), la delimitazione del pomerio, l’inaugurazione ed exaugurazione dei templi, dei magistrati, di taluni sacerdozi. Segni distintivi dell’ufficio erano la trabea, veste listata di porpora, e il lituo, bastone ricurvo con cui si delimitavano i templa, cioè gli spazi in cui si potevano osservare i segni divini.
Formule rituali (libri reconditi) e decisioni ufficiali (commentarii, decreta) degli a. erano raccolte nei Libri augurali. Per molto tempo rimasero inaccessibili ai profani, e gli stessi a. giuravano di non rivelare il loro contenuto.