AUSTRALIA (V, p. 387; App. I, p. 191; II,1, p. 308; III,1, p. 174)
Popolazione. - Nel corso degli ultimi venti anni la popolazione australiana è aumentata con un tasso medio del 2%: dagli 8.986.873 ab. del 1954 è passata a 13.131.300 nel 1973; il tasso di natalità, pur essendo diminuito negli ultimi anni dal 23‰ al 20‰, si mantiene abbastanza elevato, mentre in diminuzione costante è il tasso di mortalità che si aggira sull'8‰; tra le più basse del mondo è la mortalità infantile che nel 1973 era del 16‰ circa. A parte il territorio della capitale che ha una densità di 69,2 ab. per km2 contro il 13 del 1954, l'unico stato che ha raggiunto un certo valore di densità demografica è quello del Victoria con circa 16 ab. per km2 nel 1973 (mentre la media nazionale non supera gli 1,7 ab. per km2); più modesti sono gl'incrementi nel Nuovo Galles del Sud (da 4,3 a 5,9 ab. per km2), nell'A. Occid. (da 0,3 a 0,4), nell'A. Merid. (da 0,8 a 1,2) e nel Territorio Settentrionale (da 0,01 a 0,07) soprattutto a causa della vastità dei loro territori. Considerando i valori assoluti è il Nuovo Galles del Sud che ha la popolazione più elevata con 4.701.000 ab. nel 1973, e con un incremento medio annuo che negli ultimi venti anni è stato dell'1,7%; l'aumento più consistente si è verificato nell'A. Occid., che nello stesso periodo ha fatto registrare un incremento medio annuo del 2,7%, passando da circa 630.000 a 1.068.000 ab. nel 1973, e dove tra l'altro il capoluogo Perth ha raddoppiato i valori della sua popolazione.
Data la modesta entità iniziale, gl'incrementi medi annui più elevati si sono avuti nel territorio della Capitale (9,4% in media nel periodo 1953-73), dove appunto Canberra ha sestuplicato la sua popolazione, e nei Territori settentrionali dove nello stesso periodo la popolazione di Darwin si è quadruplicata.
In generale l'aumento del numero dei centri urbani, anche di piccole dimensioni, e la crescente polarizzazione demografica delle grandi città, ha fatto sì che la popolazione urbana, già abbastanza elevata, passasse dal 79% del 1954 all'85,5% nel 1971. I centri che superano i 30.000 ab. sono 19: oltre ai capoluoghi e alla capitale, essi sono Newcastle, Wollongong, Geelong, Townsville, Gold Coast, Toowoomba, Rockhampton, Ballarat, Lanneston, Whyalla, Bendigo; gli agglomerati urbani più imponenti sono quelli di Sidney e di Melbourne, con circa il 21,7% e il 19,3% della popolazione totale; seguono un po' distanziati Brisbane, Adelaide e Perth.
In complesso le immigrazioni sono ancora abbastanza elevate, mantenendosi al disopra delle 100.000 unità (tra queste quelle di pertinenza italiana - circa 3000 nel 1973 - sono in diminuzione), ma anche le emigrazioni di ritorno acquistano consistenza, soprattutto a causa delle difficoltà d'inserimento nella struttura socio-economica del paese (per un quadro riassuntivo sulla popolazione v. tab.1).
Attività economiche. - L'A. ha raggiunto un grado di sviluppo economico che, espresso in termini di reddito pro-capite, le consente di essere annoverata tra i paesi a economia avanzata, allo stesso livello dei paesi occidentali più evoluti. Anche gli squilibri interni, esprimibili attraverso il rapporto tra consumi pubblici e consumi privati, sono stati notevolmente attenuati; il livello medio delle retribuzioni è abbastanza elevato e il sistema di sicurezza sociale, sulla scia della tradizione anglosassone, è tra i più evoluti del mondo; il tasso medio annuo di disoccupazione sfiora appena il 2% del totale delle forze di lavoro. Il saldo della bilancia commerciale è nettamente favorevole e le esportazioni, soprattutto di materie prime, sono in continua espansione. Le notevoli disponibilità di risorse utilizzabili hanno un potenziale che oltrepassa nettamente le possibilità degl'investimenti locali, per cui rispettivamente nell'industria manifatturiera e in quella estrattiva acquistano una notevole rilevanza la presenza di capitali statunitensi e giapponesi.
Di conseguenza l'importanza delle iniziative inglesi, un tempo prevalenti, ma già in netto declino dopo il secondo conflitto mondiale, perde gradualmente terreno con il progressivo inserimento del paese nell'area economica del Pacifico.
L'attività manifatturiera occupa la maggioranza delle forze di lavoro, in quanto nel 1973 riguardava il 30% circa degli addetti, contro l'8% delle attività agricole; la restante parte riguardava le altre attività industriali e quelle del settore terziario. Una vasta opera di bonifica idraulica ha interessato i terreni dell'A. nei bacini del Darling e del Murray, consentendo di estendere le colture di ogni tipo. L'agricoltura è praticata con tecniche moderne e quindi con un vasto impiego di capitali, per cui riesce a coprire in buona parte il fabbisogno interno, destinando discreti surplus di alcune produzioni, per es. cereali, zootecnia, ecc. alle esportazioni. Complessivamente l'arativo, le colture arborescenti e i pascoli coltivati occupavano 44,6 milioni di ha, cioè circa il 6% della superficie totale; più precisamente quasi il 60% era destinato ai prati e ai pascoli permanenti, circa il 4% alle foreste e ai boschi e il rimanente era costituita da terreni incolti e improduttivi. Tra le colture, quella che assume maggior rilievo è quella della canna da zucchero (in continuo progresso nei territori del Queensland e del Nuovo Galles del Sud), le cui produzioni consentono all'A. di occupare i primi posti nella graduatoria mondiale.
I cereali nel loro insieme interessano la parte più grande della superficie coltivata, soprattutto del Nuovo Galles del Sud e del Victoria, nei terreni alluvionali del Murray. La produzione di frumento da 5 milioni di q nel 1955 è passata a 80 milioni nel 1970 e, dopo una lieve flessione, a 120 milioni di q nel 1973; ingente è anche la produzione dell'avena e dell'orzo che nel 1973 sono state rispettivamente di 10 e z4 milioni di q circa. Minore importanza rivestono ancora le coltivazioni del mais, del riso e del sorgo. La creazione di vaste aree irrigue nel bacino del Murray ha consentito l'ulteriore incremento della produzione di ortofrutticoli, soprattutto di pomodori, con circa 2,1 milioni di q nel 1973; nel Nuovo Galles del Sud trovano condizioni favorevoli la coltura degli agrumi, mentre la vite ha attecchito con successo nell'A. Merid., nei territori intorno ad Adelaide e nello stato di Victoria, con produzioni di un certo rilievo: nel 1971 sono stati prodotti 7,5 milioni di q di uva e 2 milioni e 750.000 ettolitri di vino. In espansione è anche la coltura del cotone, soprattutto nel Nuovo Galles del Sud, nel Queensland e nell'A. Occid., con circa 320.000 q di fibra nel 1973.
Malgrado una contrazione del numero dei capi verificatasi negli ultimi anni, l'A. ha il patrimonio ovino più consistente del mondo: da 130 milioni di capi nel 1955, è passata a 176 milioni nel 1969 e 140 milioni nel 1973; data la composizione delle greggi - in media il 70% è costituito da pecore merinos, - la produzione australiana di lana si stacca nettamente dagli altri paesi nella graduatoria mondiale, con cifre che oscillano tra i 4 e i 5 milioni di q di lana lavata che viene in gran parte esportata (costituendo così circa un terzo del valore globale delle esportazioni); la quota destinata ai filatoi locali è ancora irrisoria. Ingente è la produzione di carni, prevalentemente ovine, che costituiscono anche la seconda voce, per ordine d'importanza, delle esportazioni. In aumento è l'utilizzazione del patrimonio forestale, che si estende su di una superficie di circa 500.000 km2, costituito in prevalenza da eucalipti, acacie, ecc. Nonostante le notevoli possibilità offerte dai mari australiani, la produzione ittica è scarsa (110.900 t di pescato nel 1971); una certa importanza riveste comunque la pesca delle ostriche perlifere e della madreperla. Da qualche anno inoltre anche l'A. sta allestendo una flotta di baleniere.
L'industria mineraria, dopo aver assaporato la febbre dell'oro, minerale di cui è ancora una grossa produttrice con 21.000 kg circa nel 1971, e dopo gl'importanti ritrovamenti di minerali strategici, sta ora attraversando un periodo molto favorevole con la scoperta di vastissimi giacimenti di minerali di ferro nell'A. Occid., ad alto contenuto, quasi affioranti in superficie. La produzione di minerali di ferro, che tra gli altri interessa notevolmente la siderurgia giapponese, ha raggiunto nel 1972 i 40 milioni circa di t di ferro contenuto, con rilevanti produzioni nei giacimenti di Mount Goldsworthy, Koolanooka, Pilbara, ecc. nell'A. Occid. e Iron Baron nell'A. Meridionale. Tra i minerali metalliferi il piombo è presente in quantità considerevoli, con una produzione di 370.000 t di piombo contenuto, che pongono l'A. al terzo posto nella graduatoria mondiale; la produzione di zinco è anch'essa ragguardevole con 447.600 t di zinco contenuto nel 1974, provenienti da Broken Hill; buone sono anche le produzioni di rame con 247.560 t di metallo contenuto nel 1974, provenienti da Mount Isa e Mount Morgan nel Queensland; di stagno, in prevalenza dalla Tasmania e dal Queensland con 10.608 t di metallo contenuto, di nichel da Kambalda e Scotìa con 35.000 t circa di metallo contenuto nel 1972. La dotazione di risorse energetiche si è ulteriormente arricchita di vaste disponibilità di idrocarburi, che tra non molto consentiranno al paese di coprire completamente il fabbisogno interno. La produzione di carbon fossile, di cui una discreta quantità si esporta in Giappone, proviene in gran parte dai giacimenti del Nuovo Galles del Sud, del Queensland e dell'A. Occid. e negli ultimi anni ha superato i 50 milioni di t; la produzione di lignite che si aggira sui 25 milioni di t è destinata alla produzione termoelettrica. La produzione di petrolio, iniziata nei primi anni Sessanta, è già discreta e raggiunge i 20 milioni di t nel 1974, provenienti soprattutto dal Queensland, con i giacimenti di Moonie, Alton e Conloi e dell'isola di Barrow; discreta è anche la produzione di gas naturale nel bacino di Gippsland e sulla piattaforma continentale prospiciente lo stretto di Bass. La produzione di energia elettrica si ottiene soprattutto da centrali termiche: di circa 60 milioni di kWh prodotti nel 1972, solo il 15% proveniva da centrali idroelettriche, il cui apporto dovrebbe potenziarsi con lo sfruttamento del bacino del fiume Snowy. Data la modesta entità della popolazione, l'attività industriale utilizza solo in minima parte l'ammontare delle risorse naturali disponibili; l'industria tessile è poi un caso particolare poiché ignora quasi completamente la lana e lavora prevalentemente il cotone, anch'esso prodotto localmente. Le attività industriali nel loro insieme risultano ancora concentrate nei distretti costieri dell'A. Merid., del Victoria e parte del Queensland, in una sorta di arco, che ricalca press'a poco il tragitto dei minerali di ferro di Whyalla e di carbone di Sidney, nell'interscambio dei rispettivi centri siderurgici. Negli ultimi anni quindi l'industria siderurgica insieme con quella chimica, che ora utilizza anche gl'idrocarburi, hanno polarizzato le iniziative più consistenti, e in parte quella meccanica; le altre industrie metallurgiche si fermano quasi tutte alle fasi di prima lavorazione. Infatti la produzione dell'acciaio, con i centri di Whyalla, Kwinana, Newcastle, Westernport, è vicina agli 8 milioni di t e la produzione dell'industria chimica, oltre a quella all'acido solforico (2,4 milioni di t nel 1974) e dei fertilizzanti, si è arricchita delle produzioni di materie plastiche, fibre artificiali, ecc.
L'ubicazione costiera di quasi tutti i maggiori centri di produzione e di consumo, ha fatto sì che il trasporto di merci tra i diversi stati si svolga prevalentemente via mare, mentre per il trasporto dei passeggeri la gran parte del movimento avviene per via aerea. Le ferrovie, ovviamente, si sviluppano soprattutto lungo le cimose costiere meridionali e orientali, allargandosi a raggiera solo nel Nuovo Galles del Sud e nel Victoria e relativamente all'area d'influenza di Perth nell'A. Occid.; la loro funzione per il traffico delle merci si accentua ulteriormente con la progressiva scoperta delle grandi risorse minerarie dell'interno: nel 1973 la lunghezza complessiva era di circa 40.500 km. In relazione anche al modo in cui si è svolto il popolamento dell'A., i porti più importanti si trovano nelle città principali: Sidney e Melbourne rivestono un ruolo fondamentale per i traffici intercontinentali. La rete stradale, con circa 890.000 km nel 1971, è in gran parte non asfaltata; tra le grandi arterie assumono particolare rilievo la Stuart Highway, che taglia il continente da Adelaide a Darwin, e la Great Northern Highway che collega Perth con i principali centri minerari dell'A. Occid. fino a Marble Bar.
Bibl.: L. Dudley Stamp, Australia and New Zealand, Londra 1958; N. S. Noble, The Australian environment, Melbourne 1960; O. H. Spate, Australia, Londra 1968; K. F. Walker, Australian industrial relations systems, Harvard 1970.
Economia. - Negli anni Sessanta l'economia dell'A. ha realizzato una forte e dinamica ascesa. All'industria manifatturiera, che aveva caratterizzato l'economia degli anni Cinquanta, si è aggiunto, nel decennio successivo, il notevole sviluppo delle industrie estrattive, che sono andate a sostituirsi, per importanza, ad alcuni settori agricoli frenati dall'evoluzione contraria dei mercati mondiali. Il contributo dell'industria manifatturiera al prodotto nazionale lordo è passato infatti dal 25 al 29% tra il 1950 e il 1970, e si è quindi mantenuto all'incirca allo stesso livello, mentre la percentuale dell'agricoltura al prodotto nazionale lordo è diminuita, nello stesso periodo, di due terzi, calando dal 27 all'8%; i trasporti e le altre attività terziarie invece sono aumentate fino al 50%. I cambiamenti intervenuti nella struttura dell'economia interna si sono riprodotti, d'altra parte, anche sulla struttura del commercio estero. Per le esportazioni australiane, che si compongono soprattutto di prodotti delle industrie primarie, comprese le estrattive, a causa dell'evoluzione del mercato mondiale (per es. la sostituzione della lana con le fibre sintetiche e le misure protezioniste prese dai paesi industriali verso l'agricoltura), la quota dei prodotti agricoli sul totale delle esportazioni è sceso da più dell'80% negli anni Cinquanta a circa il 50% nel 1970 (per un quadro riassuntivo v. tab. 2).
La quota degli articoli manifatturieri è invece aumentata e si aggira sul 20% circa, e quella dei minerali e dei metalli ha segnato un rapido progresso, passando da circa il 5% al 25% per lo stesso periodo, riflettendo l'andamento espansivo delle industrie estrattive nel corso degli ultimi dieci anni.
Si è inoltre teso ad attuare la sostituzione di alcune importazioni con prodotti australiani, specie nel settore petrolifero. Le industrie manifatturiere ed estrattive hanno usufruito, negli anni Sessanta, d'investimenti esteri che hanno apportato capitali e tecniche nuove; e, conseguentemente il settore finanziario si è rapidamente trasformato, e ha adattato le sue strutture, con la creazione o il perfezionamento dei meccanismi del mercato finanziario. Il ritmo rapido delle entrate di capitali e, dopo il 1965, un notevole miglioramento della bilancia corrente hanno posto fine alle difficoltà croniche della bilancia dei pagamenti (negli anni Sessanta le entrate di capitale hanno finanziato il 10% circa della formazione interna di capitale).
Durante la maggior parte degli anni Sessanta sono stati salvaguardati il pieno impiego e la stabilizzazione dei prezzi, il ritmo d'espansione economica si è accelerato. Il tasso di disoccupazione, per il periodo 1955-68, in A. è stato dell'1,7% (il più basso, dopo la Germania, tra i paesi dell'OCSE) egualmente si può dire per la stabilità dei prezzi; infatti, anche se per il periodo 1953-70 il tasso medio di crescita annuale dei prezzi australiani misurato dall'indice derivato del P.N.L. (2,9%) era poco inferiore a quello OCSE (3,1%), per il periodo 1960-70 è stato rispettivamente del 2,8 e del 3,4% e così, per il periodo 1965-70 del 3,5 e del 4,2%.
Il tasso di crescita dell'economia australiana per il periodo 1950-70, calcolato sulla base del volume globale del P.N.L. è stato del 4,7%, in linea con quello dell'OCSE (4,5%). Se si considera il P.N.L. per abitante però, i risultati sono meno rimarchevoli. Il ritmo elevato dell'aumento in volume del P.N.L. riflette dunque più l'espansione relativamente rapida della popolazione che l'aumento dello stesso per abitante. Nei primi anni del 1970 si è constatato inoltre un certo cambiamento nei dati dell'economia nazionale e una certa revisione dei suoi stessi orientamenti. Il tasso salariale e quello dei prezzi si è accentuato in maniera inquietante.
Nel corso degli ultimi 15 anni la politica di bilancio è stata in due riprese adattata alle circostanze che si erano create.
La prima volta ciò è avvenuto in occasione della lieve depressione del 1959. Nel febbraio del 1960, al fine di attenuare le pressioni alle quali erano sottoposte le risorse, il governo soppresse praticamente tutte le misure di contingentamento all'importazione. Ciò comportò, tra le altre conseguenze, un massiccio afflusso d'importazioni che si è tradotto in un abbassamento delle riserve. Solo nel novembre del 1960 furono messe in moto energiche misure restrittive, sia di bilancio che monetarie, ma, essendo già passata la fase di massimo congiunturale, tali misure aggravarono il movimento recessivo seguito. Si stima che il ritardo portato dalle autorità nell'invertire l'andamento sia stato tale da rendere necessari due anni (1961-62 e 62-63) per portare il tasso di disoccupazione al disotto dell'1,5%.
Il secondo caso, osservato nel 1971-72, è stato complicato da un'accelerazione della progressione dei salari e dei prezzi.
Nel 1975 la crisi politica è sfociata nelle elezioni anticipate che hanno portato il partito laburista all'opposizione e al governo una coalizione tra il partito liberale e quello nazionale, presieduto da Fraser.
Infatti il governo laburista non era riuscito a bloccare, in un contesto d'inflazione stabilizzatasi intorno al 15%, il deficit statale e le richieste salariali, volendo continuare a privilegiare il mercato interno nei confronti di quello internazionale. Le due priorità del governo Fraser sono state l'eliminazione dell'inflazione e il ritorno al tradizionale gap a favore del settore privato. Nel 1976 il governo ha ridotto il tasso di sconto al 10%; ha inoltre mirato a ridurre il tasso di cambio del dollaro australiano con svalutazioni e rivalutazioni successive: dicembre 1972 rivalutazione del 7,05% rispetto al dollaro SUA, febbraio 1973 svalutazione del dollaro SUA del 10%, settembre 1973 rivalutazione del dollaro australiano del 5%, settembre 1974 svalutazione del 12%. Come risultato di questa politica, e a dispetto di un aumento delle esportazioni, la ripresa è ferma al livello della metà del 1976. L'indice dei prezzi al consumo è aumentato a un tasso annuale del 12,9% nel periodo 1973-74 del 16,7% per il periodo 1974-75 e del 12,3% nel 1976, mentre la media dei salari settimanali è aumentata di circa il 14%.
Bibl.: Australian Bureau of Statistics, Monthly review of business statistics, Canberra; Australian Bureau of Statistics, Digest of current economic statistics, Canberra; The far East and Australasia, Londra 1975.
Storia. - I primi anni Sessanta sono caratterizzati in A. da conflitti politici interni, tra l'Australian Labour Party e il Democratic Labour Party appoggiato dalla Chiesa cattolica, da conflitti sindacali ma anche da una prospera situazione economica che vede aumentare il prodotto nazionale lordo e la piena occupazione, persistendo tuttavia una certa quota d'inflazione. Anche Canberra è preoccupata dalle prospettive di un danno commerciale derivante da un'eventuale adesione britannica alla CEE. La politica estera s'incentra sui legami con l'Occidente e sulla cooperazione attiva ai piani di sviluppo internazionale (Piano di Colombo). Il vigore economico della nazione vede coesistere, talvolta, il deficit della bilancia dei pagamenti con l'aumento dei prezzi, un'eccedenza della produzione rurale con richieste di protezionismo industriale. Vi sono inoltre da considerare i problemi razziali interni con gli aborigeni. La presenza australiana nella zona del Sud-Est asiatico porta a un confronto con l'Indonesia a proposito della Nuova Guinea orientale e a un legame più stretto nell'ambito della SEATO. Resta da aggiungere il problema dei rapporti con i paesi originari della mano d'opera immigrata e la politica di superamento della recessione, per avere un panorama completo della situazione australiana nella prima metà degli anni Sessanta. Il leader Menzies non ha la vita facile all'interno: contrasti nella coalizione governativa avvengono sulle facoltà e sui limiti del governo federale. La ricerca dell'appoggio statunitense è una costante della politica estera, in vista anche di un confronto più duro con Indonesia e Malaysia, che porta Canberra alla partecipazione controversa alla guerra vietnamita. Le esportazioni aumentano, ma aumentano anche prezzi e salari portando a incrementi fiscali e a una diminuzione delle spese pubbliche. Gl'investimenti stranieri sono in prevalenza di origine inglese e americana. I liberali di Holt restano alla guida del governo dopo le elezioni del 1966 e il Labour Party passa a un'opposizione attiva e vivace.
Mentre continua la polemica sull'intervento in Vietnam, cresce l'espansione economica, aumentano i contributi statali sociali e vengono proposti dei referendum per la questione della situazione degli aborigeni e per emendare la costituzione. La morte di Holt porta McEwen alla guida del governo; gli succede nel 1968 Gorton, mentre Whitlam va a capo dell'opposizione, rappresentata dall'ALP. I maggiori temi della politica estera di questi anni sono, al solito, il Vietnam e il problema degl'investimenti britannici e dell'importazione dei capitali. Nelle elezioni del 1969 la maggioranza del Partito liberale viene ridotta ma resiste ancora; l'A. aumenta la sua presenza nell'area malese dopo la partenza degl'Inglesi, ma incomincia anche un nuovo dialogo con l'URSS. Il boom economico continua e l'Europa si conferma il maggior partner commerciale di Canberra. Il problema della Papua-Nuova Guinea si complica, mentre aumentano salari, debito pubblico e inflazione. Crisi e polemiche interne al LCP portano MacMahon al potere nel 1971, quando termina il ritiro delle truppe dal Vietnam, si riconosce la Cina popolare e si discute di maggiore autonomia amministrativa alla Nuova Guinea e agli aborigeni.
L'ALP vince le elezioni nel 1972 e Whitlam inizia un vasto programma di riforme in tutti i campi. Si punta alla collaborazione con l'Indonesia, all'indipendenza della Papua-Nuova Guinea e a un nuovo rapporto sia con l'Occidente che con l'area dei paesi socialisti; si pone anche la questione del ritiro da Singapore e dalla Malaysia e si consolida il legame con la Nuova Zelanda. Nel 1973 le spese pubbliche e sociali aumentano, mentre si discute sull'opportunità di una Convenzione per la riforma della Costituzione. I forti contrasti politici interni sulla politica di Whitlam, l'inflazione e l'ostilità del mondo rurale non impediscono una riaffermazione del premier nel 1974. Il malessere economico però aumenta con la disoccupazione e la lievitazione dei prezzi. Pur sorgendo contrasti con gli Stati Uniti, viene aperta la porta ai capitali stranieri: si procede anche a una politica di tagli fiscali. Il malcontento in breve cresce rapidamente portando a un brusco cambiamento di governo nel 1975: a Whitlam succede il rivale Fraser con un diverso programma economico.
Bibl.: D. Whitington, The Rulers: Fifteen years of the Liberals, Londra 1964; N. T. Drohan, J. H. Day, Readings in Australian economics, Melbourne 1965; D. Home, The lucky Country: Australia in the sixties, Hardnondsworth 1965; A. J. Rose, Dilemmas down under: Australia and the Southwest Pacific, Londra 1966; A. Watt, The evlution of Australian foreign policy 1938-1965, Cambridge 1967; A. G. L. Shaw, The story of Australia, Londra 1967; O. H. K. Spate, Australia, New York 1968; E. Holt, Politics is people: the men of the Menzies era, Sidney 1969; K. L. Bailey, A new age of reason, Bromley 1969; D. Butler, The Camberra model. Essays on Australian Governement, Londra 1974.