Croce, Benedetto
La filosofia come riflessione sulla storiografia
Il pensiero crociano si inserisce nella più generale reazione al positivismo manifestatasi in Europa a cavallo fra Ottocento e Novecento. Per Croce la realtà è manifestazione dello Spirito e lo Spirito si realizza nella storia. Ogni sapere ha perciò natura storica e la filosofia è metodologia della storiografia. Il neo-idealismo di Croce influenzò profondamente la cultura italiana della prima metà del Novecento
Negli anni della sua formazione intellettuale Benedetto Croce (nato a Pescasseroli nel 1866) provò una profonda insoddisfazione per la cultura positivistica allora dominante, secondo la quale la realtà esiste indipendentemente dal pensiero e dalla conoscenza umani e gli eventi del mondo, compresi quelli spirituali, accadono necessariamente (determinismo). In sostanza, per la concezione positivistica la scienza costituiva il solo e autentico sapere.
Per Croce, invece, che si ispira a Giambattista Vico e a Francesco De Sanctis, la realtà è nel suo intimo di natura spirituale, e la spiritualità è attività libera e creatrice. Perciò la storia è svolgimento e divenire dello Spirito, che si manifesta secondo quattro forme o momenti distinti: l'arte (che è conoscenza dell'individuale e del bello), la filosofia (che è conoscenza dell'universale e del vero), l'economia (che è volizione dell'utile) e la morale (che è volizione dell'universale del bene). I primi due momenti costituiscono la forma teorica dello Spirito, gli ultimi due la forma pratica: il loro movimento circolare costituisce la vita dello Spirito nel suo divenire storico, che si arricchisce di esperienze e di risultati sempre più alti. La vita dello Spirito consiste dunque in una dialettica di distinti (i quattro momenti detti sopra), mentre all'interno di ciascun momento ha luogo un'opposizione dialettica (fra bello e brutto nell'arte; fra vero e falso nella filosofia; fra utile e inutile nell'economia; fra bene e male nella morale).
Croce ha rivendicato a suo merito di avere compreso per primo la profonda differenza fra dialettica dei distinti e dialettica degli opposti, che Hegel aveva invece confuso.
Essendo lo Spirito tutta la realtà, ed essendo esso perenne divenire secondo la circolarità delle sue forme, per Croce la realtà è storia, e il sapere può essere solo sapere storico. La filosofia deve risolversi perciò in metodologia della storiografia, cioè nello studio dei metodi coi quali si realizza la conoscenza storica. Ma tale conoscenza è sempre conoscenza di accadimenti concreti, che devono essere indagati nelle loro caratteristiche particolari, sicché Croce respinge qualunque 'filosofia della storia' che concepisca lo svolgimento storico come realizzazione di un disegno predeterminato, costruito nella mente del filosofo.
In virtù del suo storicismo, Croce respinge altresì con grande vigore la concezione della filosofia come metafisica, cioè come indagine su pretesi problemi ultimi e assoluti, posti fuori del tempo e della storia.
Croce ha spinto la propria critica al positivismo sino a negare ai concetti delle scienze naturali valore teoretico: essi sono pseudoconcetti, non perché siano erronei, ma perché hanno un valore soltanto strumentale, economico, pratico: essi sono classificazioni generali utilissime, ma non arrecano alcun contributo alla conoscenza, che è sempre conoscenza storica.
Croce (che è morto nel 1952 a Napoli, dove ha trascorso tutta la sua vita) ha lasciato un'opera letteraria vastissima, che comprende in primo luogo i seguenti volumi: Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale (1908), Logica come scienza del concetto puro (1909), Filosofia della pratica (1909), Teoria e storia della storiografia (1917), La filosofia di Giambattista Vico (1911), Saggio sullo Hegel (1913), La poesia (1936), La storia come pensiero e come azione (1938), Storia d'Italia dal 1871 al 1915 (1928), Storia d'Europa nel secolo XIX (1932). Con tali opere, e con la rivista da lui fondata e diretta, La critica (che si avvalse anche della collaborazione di Giovanni Gentile, interrottasi nel 1925, quando Croce passò all'opposizione contro la dittatura fascista), il filosofo assicurò al neoidealismo un'ampia egemonia nella cultura italiana della prima metà del Novecento: un'egemonia che si manifestò non solo in campo filosofico, ma anche in campo letterario e storiografico.