BOLIVIA
(A. T., 153-154)
Sommario: Geografia, p. 304; Storia della conoscenza, p. 304; Rilievo, p. 305; Condizioni climatiche p. 306; Idrografia, p. 306; Vegetazione e flora, p. 307; Fauna, p. 308; Condizioni economiche, p. 308; Comunicazioni, p. 311; Condizioni demografiche, p. 312; Gl'indigeni, p. 313. Ordinamento dello stato: Governo e suddivisioni amministrative, p. 316; Organizzazione ecclesiastica, p. 316; Esercito, p. 316; Aeronautica, p. 317; Finanze, p. 317; Istruzione, p. 317. Storia, p. 317; Letteratura, p. 320.
Geografia.
Stato interno dell'America Meridionale. Fece parte del vicereame del Perù fino al 1776 col nome di Alto Perù o Audiencia de Charcas. Incorporato poi in gran parte nel vicereame de La Plata, si rese indipendente dalla Spagna nel 1825, assumendo il nome di Bolívar, in onore del suo liberatore, Simón Bolívar, il quale, poi, volle che fosse trasformato in quello di Bolivia. Confina politicamente a N. e a E. col Brasile (Territorio di Acre e stati di Amazonas e Matto Grosso), a S. col Paraguay e con l'Argentina, a O. col Chile e col Perù. Il confine col Brasile (circa 2500 km.) è segnato, per lunghi tratti, dal corso di fiumi importanti, come l'Acre e l'Abuna (affluente del Purús il primo, del Madeira il secondo) a nord, il Madeira, il Mamoré, il Guaporé e il Paraguay a est. Il confine settentrionale fu stabilito col trattato di Petropolis dei 1903 (v. acre) e segnato sul terreno tra il 1907 e il 1909; quello orientale fu definito col trattato del 1867 e ne fu eseguito il tracciamento tra il 1871 e il 1878. Il confine col Perù, lungo circa 890 km. e segnato in parte notevole dal corso del Rio Heath, affluente del Madre de Dios, divide in due il lago Titicaca, di cui è boliviana la riva orientale, con le isolette che la fronteggiano e la maggior parte della penisola di Copacabana. In alcune zone (come nella regione dell'Apolobamba), ne fu difficile la delimitazione, tanto che nel 1910 si era prossimi a una guerra tra i due stati; fu poi regolato tra il 1911 e il 1913 con l'intervento di una commissione inglese. Il confine col Chile, definito in varie riprese (1866, 1874, 1904) è lungo circa 900 km. Recentemente la Bolivia intervenne nella questione tra il Perù e il Chile per il territorio di Tacna e Arica (v.), tentando, con l'appoggio degli Stati Uniti, di riacquistare almeno in parte quel territorio costiero che aveva perduto in seguito alla disgraziata guerra col Chile del 1879-1883; ma senza risultato positivo, perché i due stati contendenti non adBrirono alla proposta degli Stati Uniti e si divisero il territorio in questione (1929).
Con l'Argentina il confine, lungo circa 770 km., fu delimitato nel 1889 e poi nel 1925, quando l'Argentina riconobbe alla Bolivia il possesso di Yacuiba con un piccolo territorio circostante. Ancora incerto è il confine col Paraguay. La Bolivia pretende al possesso di tutto il cosiddetto Chaco Boreal, cioè di quel territorio che, come un cuneo, si stende tra il Pilcomayo e il fiume Paraguay. D'altro canto, il Paraguay contesta alla Bolivia il possesso non solo del Chaco Boreal, ma anche di una parte notevole delle provincie boliviane di Tarija, di Chuquisaca e di Santa Cruz, fino a N. del 20° parallelo meridionale. Si tratta di regioni spopolatissime, ancora poco conosciute, ma che tra breve potranno avere un grande valore economico. La questione, più volte, ha portato a gravi conflitti tra i due stati: anche negli ultimi del 1928 si arrivò alle armi. Il confine più comunemente accettato e segnato nelle carte è quello rettilineo che, partendo dal Pilcomayo a valle di Fortín Campero (22° 10′ S.) attraversa il Chaco e raggiunge il Paraguay a Forte Olimpo (21° 8′ S.: lunghezza 430 km.). Lo sviluppo totale dei confini della Bolivia sarebbe di circa 5500 km. Entro questo perimetro è compresa una superficie che le misurazioni cartometriche del Riccardi fanno ascendere a 1.208.500 kmq. (comprese le acque interne, cioè la parte boliviana del Titicaca, 3936 kmq., e il lago Poopó, 3690 kmq.). Questo dato è, come ben s'intende, notevolmente inferiore a quello ufficiale (1.332.808 kmq.), che esclude le acque interne, ma include tutto il Chaco Boreal.
Per superficie la Bolivia è al terzo posto fra gli stati sudamericani, dopo il Brasile e l'Argentina; la sua area costituisce 1/15 di quella dell'America Meridionale. La popolazione, valutata al 1929, sarebbe di circa 3.500.000 ab. (1/23 di quella totale dell'America del Sud), con una densità media di 2,6 ab. per kmq. Per popolazione assoluta la Bolivia è al 6° posto tra gli stati sudamericani. Il territorio della Bolivia è compreso tra 9° 40' e 22° 10′ di latitudine S., e 57°35′ e 69°30′ di long. O.
Storia della conoscenza. - Il primo europeo che penetrò nel territorio dell'attuale Bolivia fu Diego de Almagro, il conquistatore del Chile, che nel 1535, mosso da Cuzco, costeggiò ad occidente il lago Titicaca e attraversò l'altipiano di Potosí, proseguendo poi per Jujuy. L'anno appresso Juan de Ayolas, per incarico di Pedro de Mendoza, il fondatore di Buenos Aires, continuò l'esplorazione del Paraná-Paraguay, già iniziata dal Caboto, fondò Asunción (1536), quindi continuò la sua navigazione sul Paraguay fino a circa 20° S., dove, in un porto cui diede il nome di La Candelaria, lasciò a custodia delle imbarcazioni il suo luogotenente Domingo Martínez de Irala, con l'ordine di aspettarlo sei mesi. Tentò di raggiungere allora il Perù, attraversando la Bolivia orientale e giungendo fino a levante della regione di La Paz (1537) tornò quindi dopo sei mesi al Paraguay, senza incontrare il de Irala e vi fu trucidato insieme con tutti i suoi compagni dagl'indigeni Domingo Martínez de Irala nel 1548-49 ripeté la traversata partendo dal Paraguay a 21°30′ S. e raggiungendo Chuquisaca. Nuño de Chávez, ch'egli incaricò di recarsi a Lima, compì la sua missione e tornò ad Asunción nel 1549.
Nel sec. XVI sembrava che il Paraná-Paraguay, risalito fino al 21° S., e i piani del Chaco dovessero divenire la via di maggior traffico tra l'Europa e il Perù: ma verso la fine del secolo, sottomesse le tribù della regione di Tucumán, la via settentrionale fu quasi abbandonata. Nei secoli XVII e XVIII la conoscenza geografica della Bolivia progredì col progredire della colonizzazione, soprattutto nella regione elevata, dove le miniere d'argento attrassero numerosa popolazione bianca e fecero sorgere varî centri di colonizzazione permanente. Contribuirono moltissimo a tale conoscenza le missioni che i francescani e i gesuiti fondarono in varie parti del paese; fra gli altri ricorderemo il padre Patiño, che nel 1821 risalì il Pilcomayo giungendo fino a un centinaio di chilometri circa da Santa Barbara.
Importanti progressi si fecero nel sec. XIX e nel nostro secolo, grazie a numerose esplorazioni guidate da intenti scientifici. Tra il 1843 e il 1846 Francis de Castelnau raggiunse l'alto Paraguay, esplorò la regione su cui corre lo spartiacque tra questo fiume e il Madeira, quindi attraversò tutta la Bolivia passando per Chuquisaca e Potosí e raggiungendo il Perù. Nel 1869 W. Chandless esplorò il bacino del Beni e del Madre de Dios, mentre l'anno prima Keller aveva navigato il Mamoré. Nel 1882 J. Crévaux, passando per Salta e Tariia, giunse alla missione di S. Francisco sul Pilcomayo a 21° 30′; discese quindi questo fiume e presso Ipantipucú fu assalito e ucciso con tutta la sua scorta dagl'indiani Toba. Negli anni 1891-1892 il Chaco e l'attuale dipartimento di Santa Cruz furono percorsi dall'ing. Cerceau, che vi cercava giacimenti minerarî Molto feconde di risultati furono le esplorazioni di sir Martin Conway (1898 e 1900) nella Cordigliera Reale e i numerosi viaggi compiuti dall'etnologo svedese Erland Nordenskiöld, che nel 1901-1902 visitò la regione di frontiera tra la Bolivia e l'Argentina, nel 1904-1905 le regioni dell'altipiano dintorno al Titicaca, nel 1908-1909 e nel 1913-14 particolarmente la Bolivia orientale. Tra le altre esplorazioni dell'ultimo trentennio ricorderemo quella di G. de Créqui Monfort (1903) nella regione compresa fra il Titicaca e la frontiera argentina; di Arthur W. Hill (1903) nella regione circostante al Titicaca; di H. Hoeck (1903-1984), intesa a indagini geologiche, nella zona a S. dell'Illimani e fino al Río Mataca affluente del Pilcomayo; di J.-B. Vaudry (1904) nella Bolivia sudorientale; del botanico Th. Herzog (1907-1908) nel dipartimento di Santa Cruz; di J. Bowman (1913) nel bacino del Titicaca e del Poopó; del zoologo F.C. Walcott (1924) nella Bolivia di SO.; di H. Krieg (1925-1926) nel Chaco boliviano; e infine l'esplorazione recentissima di K. Troll (1926-28) nella Cordigliera Reale e nel bacino del Desaguadero, durante la quale fu raccolta una serie copiosa di dati topografici che permetterà di pubblicare presto una nuova carta d'insieme della Bolivia.
Rilievo. - La Bolivia è costituita essenzialmente di due parti: una elevata, a ovest, e una bassa, per lo più pianeggiante, a est. La parte occidentale è costituita da una sezione del sistema andino e comprende una zona depressa centrale, coperta ancora parzialmente da ampî bacini lacustri senza scolo al mare (Titicaca, Poopó) e due zone più elevate marginali, sormontate da vette che superano spesso i 6000 m. La zona depressa centrale, diretta da NO. a SE., è alta in media 3800 m. a nord e 3700 a sud, ed è stata in parte livellata dalle alluvioni. Fra il Titicaca e il 10° S. è divisa in varî bacini minori da alcune serie di colline andesitiche, dirette generalmente da E.-SE. a O.-NO., che sporgono dal suolo argilloso (argille minute, argille nere, argille con efflorescenze saline) che la ricopre, il quale in parte è di origine lacustre, poiché nel Pleistocene questa zona depressa centrale era occupata da un bacino lacustre, detto dai geologi lago Minchin, di cui i laghi Poopó e i salares di Coipasa e di Uyuni non sono che dei residui. Antiche linee di spiaggia e terrazzi lacustri sono stati riconosciuti in varie località, e testimoniano come il lago Minchin si stendesse da nord a sud per 400 km. e fosse separato dal Titicaca, ch'era anch'esso, allora, assai più vasto (lago Ballivián), da una bassa soglia. Si suppone che durante il Glaciale i ghiacciai dell'Illimani abbiano sbarrato la strada al Río de La Paz, il quale convoglia al Beni una parte delle acque dell'altipiano, e si sia avuto quindi un innalzamento di livello e una conseguente maggiore estensione del lago Minchin. Quando poi i ghiacciai si ritirarono. una parte delle acque riprese il suo corso normale verso l'Amazzoni. Non tutta la piana è coperta da sedimentazioni lacustri: presso i suoi margini si trovano alluvioni grossolane, ivi deposte dai torrenti che scendono dalle cordigliere durante un periodo in cui il clima della regione era analogo a quello attuale, cioè essenzialmente secco e irregolare. La depressione è chiusa a ovest dalla Cordigliera Occidentale, formata da un imbasamento di rocce eruttive o intrusive antiche e di rocce sedimentari mesozoiche e cenozoiche, che sopportano su vasti tratti rocce eruttive recenti. Su questo imbasamento, che forma un penepiano, talvolta quasi perfettamente orizzontale, si elevano varie cime vulcaniche, per lo più spente o allo stato di solfatara, tra le quali quelle del Tacora (5950 m.), del Sahama (6520 m.), dell'Huallatiri (6693 m.), dell'Isluga (5530 m.: ultima eruzione nel 1913), dell'Ollagüe (5870 m.) e del Licancahur (5930 m.), che sorreggono qualche piccolo ghiacciaio. Le forme vulcaniche nella parte meridionale della cordigliera sono conservate meglio che in quella settentrionale, dove si ha una maggiore quantità di precipitazioni e quindi una rete idrografica più sviluppata. A est la depressione centrale è limitata dalla Cordigliera Orientale, costituita, dalla frontiera peruviana fino al 17° S., da una grande catena che si ricollega a nord con le Ande di Carabaya (le quali chiudono a settentrione il bacino del Titicaca) e che viene detta Cordillera Real fino al solco scavato dal Río de la Paz, prendendo poi il nome di Cordillera de Quimza Cruz. L'imbasamento è formato da rocce granitiche, su cui riposano scisti neri del Silurico e arenarie del Devonico. Granitiche sono le cime più elevate, quali l'Illimani (6450 m.) e l'Illampu o Nevado de Sorata (6615 m.). La catena nelle zone più elevate ha forme veramente alpestri ed è coperta da importanti ghiacciai; essa scende rapidamente al bassopiano del Beni-Mamoré con un versante che, abbondantemente innaffiato dalle piogge, è coperto da dense foreste e inciso profondamente da un gran numero di corsi d'acqua precipitosi. E fronteggiata, verso la pianura, da una serie di catene minori (formate di arenarie forse devoniche e cretaciche), la cui altezza va diminuendo verso il NE. A S. del 17° parallelo meridionale non si ha più una vera e propria catena, ma un altipiano (la cui altezza media oscilla tra i 3600 e i 4100 m.), costituito da sedimentazioni paleozoiche e mesozoiche piegate, con qua e là, nella parte occidentale, laccoliti andesitiche. Sopra questo imbasamento si sollevano alcune cime che superano i 5000 m. a nord, i 5500 nel centro, e raggiungono quasi i 6000 m. nella parte meridionale, che ha il nome di Cordigliera di Lípez. La morfologia della Cordigliera Orientale, più ancora di quella della Cordigliera Occidentale, risente dei cambiamenti climatici. Infatti, nella parte settentrionale e centrale, con piogge più abbondanti, l'erosione è stata molto intensa, e i fiumi vi hanno inciso valli profonde. Nella parte meridionale, invece, l'idrografia è poco sviluppata e prevalgono forme proprie dei climi aridi. Inoltre si notano notevoli differenze nella morfologia della Cordigliera Orientale fra il versante esterno, molto umido, e quello interno, secco. In ambedue le cordigliere si ebbe, nel Quaternario, una glaciazione ben più intensa dell'attuale, come stanno a testimoniare notevoli tracce glaciali, numerose soprattutto nella Cordigliera Orientale, che scendono fin sotto i 4000 m. (Per altre notizie sulla zona andina, v. ande).
La regione piana orientale comprende a nord i bassopiani del Beni e del Mamoré, nel centro l'altipiano dei Chiquitos e di Velasco e a sud il bassopiano detto Chaco boliviano. I bassopiani del Beni e del Mamoré sono un lembo del grande bassopiano amazzonico. Nella parte più meridionale s'incontrano alcune serie di dune, che i venti formano con le sabbie deposte dal Río Grande e dai suoi afflluenti, i quali le traggono dalle arenarie di Santa Cruz. Procedendo verso il sud, non oltre il 15° parallelo meridionale, questi piani alluvionali, formati essenzialmente di argille, sono quasi perfettamente orizzontali e inondati periodicamente per varî mesi. I Llanos de Mojos sono coperti dalle acque da dicembre a maggio, o anche a giugno, su una superficie che si calcola di 120.000 kmq. Tra il Rio Grande e il San Miguel, anch'esso affluente del Guaporé, si ha il cosiddetto Monte Grande, una zona più elevata, coperta di dense foreste. Foreste immense si stendono a nord del 12° parallelo, e ad occidente del Beni.
L'altipiano dei Chiquitos e di Velasco s'innalza tra il bassopiano del Beni e del Mamoré e il Chaco boliviano. Presenta una superficie irregolare, formata di gneiss, con gibbosità e piccoli rilievi che giungono a 500-600 m. Nelle parti depresse si trovano accumulati i prodotti del disfacimento degli gneiss. Poiché il suolo è poco permeabile, qua e là si trovano stagni e paludi temporanee, dette curiches. Su questo imbasamento gneissico si elevano alcune sierre di arenarie forse devoniche (Sierra de Ricardo Franco, Sierra de San José ecc.), che raggiungono i 1200 m. circa e che sono coperte di foreste, perché ricevono piogge abbondanti: la piattaforma che le sorregge è coperta invece dalla savana.
A sud di questa zona ad altipiano si stende il Chaco boliviano, regione ancora pochissimo conosciuta, specialmente nella parte meridionale, formata da un inmmenso bassopiano alluvionale inclinato verso E., ondulato da file di dune, molto povero di acque superficiali, assorbite dalla sabbia, coperto in gran parte da una bassa boscaglia di piante xerofile o da boschi radi di mimose, in parte da praterie.
Condizioni climatiche. - Il clima della Bolivia è conosciuto ancora molto sommariamente, poiché soltanto per La Paz e Cochabamba, città situate tutt'e due sull'altipiano, si dispone d'una serie sufficiente d'osservazioni meteorologiche. Quindi per la maggior parte delle regioni boliviane la nostra conoscenza climatica è fondata soltanto sui dati riferiti dai viaggiatori. Seguendo la classificazione dei climi proposta dal De Martonne, possiamo dire che si trovano in Bolivia tre tipi principali di clima. L'altipiano ha quel tipo di clima che il De Martonne chiama messicano, clima caldo d'altitudine, con temperature medie annue sempre inferiori ai 20°, con escursioni annue molto piccole, con basse medie temperature estreme, con geli e caduta di neve ad altezze più o meno grandi, e nel cui regime di piogge si nota un periodo secco ben determinato. A La Paz, situata a 3630 metri s. m., la temperatura media annua è di 9°,4, la temperatura media del mese più caldo (novembre) di 11°,5 e quella del mese più freddo (giugno) di 6°,7, con estremi (medie) di 23°,5 e di −2°,9. La quantità di pioggia ammonta a 553 mm. annui, ed è molto disugualmente distribuita durante l'anno: infatti il 60% di essa cade da dicembre a febbraio; giugno e luglio sono quasi completamente privi di piogge; i giorni piovosi sono 114, circa un terzo dell'anno. A Cochabamba (2559 metri s. m.), data l'assai minore altezza, si ha una temperatura media annua di 17°,6, con 6° di escursione annua (temperatura media del mese più caldo, novembre, 20°; del mese più freddo, giugno, 14°). Le medie temperature estreme presentano un'escursione maggiore di quella di La Paz: 30°,3 e −20,7. Cadono annualmente, in media, 462 mm. di piogge, di cui l'85% da novembre a marzo. Il mese più piovoso è gennaio, con 107 mm.: il più secco agosto, con 4 mm. soltanto. A Sucre (2799 m.) sono stati registrati 695 mm. annui di pioggia, di cui 617 da novembre ad aprile. Le piogge diminuiscono rapidamente, sull'altipiano, procedendo verso sud e verso ovest: la loro distribuzione durante l'anno, è tuttavia analoga a quella che si verifica a La Paz, Cochabamba e Sucre: così a Oruro, per esempio, il 70% della quantità cade tra aprile e novembre.
I bassopiani del Beni e del Mamoré e il versante est della Cordigliera Orientale fin verso il 18° S., hanno, nel complesso, quel tipo di clima detto dal De Martonne equatoriale guineese. caratterizzato da una grandissima umidità e da forti calori durante tutto l'anno, calori resi penosi per l'uomo dall'umidità stessa. Piove pressoché tutti i giorni, nel pomeriggio; il cielo è quasi sempre coperto da brume. Le piogge, abbondantissime (1500-3000 mm. annui) hanno due massimi, che corrispondono ai due passaggi del sole allo zenit. La temperatura media annua è di circa 25-26° nel bassopiano, di 22° circa sulle pendici della Cordigliera verso i 1000 m. d'altezza (regione delle yungas). Le escursioni annue sono assai piccole (2-3°); il mese più caldo è il novembre, quello meno caldo il giugno. Il calore, in media, diminuisce di 1° ogni 400 m. di altezza. Procedendo da occidente verso l'alto Guaporé, si comincia a notare non solo una diminuzione della quantità di piogge, ma anche l'avvento d'una stagione secca, che è anche la più calda, e un aumento dell'escursione annua. Si ha qui una zona a clima subequatoriale sudanese, zona che si estende verso sud comprendendo anche la massima parte del Chaco boliviano. Sull'altipiano dei Chiquitos la temperatura media annua è di 25-26°, e le piogge oscillano tra i 1000 e i 1500 mm. annui e cadono soprattutto da novembre ad aprile (70-80% della quantità); procedendo verso sud l'andamento delle temperature si fa sempre più irregolare, le piogge diminuiscono e la stagione secca si accentua. Il Chaco boliviano non riceve in nessun luogo più di 1000 mm. di pioggia (di cui i 2/3 da novembre ad aprile), anzi nella parte più meridionale, che trapassa alla regione settentrionale secca dell'Argentina, notevolmente meno. La temperatura media annua è di 24-25°, con un'escursione di 8-9° tra il mese più caldo e quello più freddo. La media delle temperature estreme supera da una parte i 40°, e dall'altra scende a qualche grado sotto lo zero.
Idrografia. - Le condizioni idrografiche della Bolivia rispecchiano molto bene le sue condizioni climatiche e topografiche. Una parte notevole della regione è priva affatto di scolo fluviale (Bolivia di SO., cioè la zona desertica dei salares, e gran parte del Chaco boliviano, tra il Paraguay e il Pilcomayo), e un'altra parte ha scolo fluviale che non raggiunge il mare (bacino del Desaguadero, con i laghi Titicaca e Poopó). Si tratta per l'appunto di regioni dove, come si è visto, le precipitazioni sono molto scarse oppure (Chaco boliviano) dove la quantità di piogge, non abbondante, viene assorbita dal suolo sabbioso. La maggior parte della Bolivia manda le sue acque al Río delle Amazzoni, per mezzo del Beni e del Mamoré, che formano il Madeira: questi fiumi scolano le zone più umide della regione, quelle a clima equatoriale e subequatoriale. Tre, dunque, sono i bacini principali che si ripartiscono la superficie della Bolivia: quello interno del Desaguadero e i bacini del Río delle Amazzoni e del Paraná-Paraguay.
Una parte notevole del bacino del Desaguadero è occupata dai grandi laghi Titicaca e Poopó. Il Titicaca è situato a 3812 metri s. m., è lungo più di 200 km. e largo al massimo 66, e copre una superficie di 8330 kmq. Le sue acque dolci, che hanno una profondità massima di 272 m., mantengono durante l'anno una temperatura di circa 11°, ciò che ha benefica influenza sul clima delle regioni circostanti. È navigato da vapori. Emissario del Titicaca è il Desaguadero, che ha un corso di circa 300 km. e che si versa nel Poopó (circa 100 mc. al 1″ di portata). Vapori anche di 500 tonnellate lo navigano nel suo corso superiore, dov'è molto profondo: perde di profondità entrando nella piana alluvionale del Poopó. Questo, situato a 3680 m. s. m., profondo meno di 3 m., ha acque fortemente salate, sia perché è un lago chiuso, sia perché il Desaguadero nel suo percorso attraversa marne saline del Cretacico. Data la scarsissima profondità, la temperatura delle sue acque varia col variare della temperatura atmosferica.
A sud del Poopó v'è quella che abbiamo già chiamato regione dei salares, acquitrini salati e chiusi. In circostanze eccezionali il Poopó alimenta il Salar de Coipasa, che è a un livello un po' inferiore (3675 m.). A S. di esso si stende il vastissimo Salar de Uyuni.
Fanno parte del bacino del Río delle Amazzoni (v.) il Beni e il Mamoré. Il primo, lungo circa 1600 km., fu esplorato tra il 1870 e il 1880; ai piedi della Cordigliera non è largo più di 180 m., ma è navigabile con battelli a vapore fino alla cascata Esperanza (10 m.), a 20 km. circa dalla confluenza col Mamoré. Riceve importanti affluenti sulla destra, tra i quali il Madre de Dios, che gli porta acque abbondantissime (secondo il Ballivián, il doppio di quelle del Beni) e che è lungo circa 1500 km., largo in media, nel corso inferiore, 500 m. e profondo di solito dai 2 ai 7 m., e quindi ben navigabile. Il Beni non riceve nessun affluente notevole a sinistra, fuorché il Río Negro, emissario della laguna Rogagua.
Il Mamoré è il principale ramo sorgentifero del Madeira, e nasce col nome di Río Grande o Guapay. Scola un bacino calcolato a 460.000 kmq., ed ha acque abbondanti (800 mc. al 1″ in magra, 7000 in piena) ed è navigabile tutto l'anno a piroscafi da Puerto Velarde a Guayaramerín (1300 km.). I suoi principali affluenti, tra i quali il Guaporé, che segna per lungo tratto il confine col Brasile, sono navigabili parzialmente a piccoli battelli.
Dei fiumi che si versano nel Paraná-Paraguay e che attraversano territorio boliviano ricorderemo il Paraguay stesso, che serve anch'esso per qualche tratto di confine tra la Bolivia e il Brasile, e sul quale la Bolivia possiede Puerto Suárez, sbocco della vasta regione di Santa Cruz; inoltre il Pilcomayo, che serve per un tratto di confine con l'Argentina e che, per il suo regime irregolare e per la scarsezza delle acque, è poco navigabile.
Vegetazione e flora - La composizione della flora boliviana si risente tanto della posizione centrale che il paese ha nel continente sud-americano, quanto del fatto che il suo confine politico esclude tutto il versante occidentale delle Cordigliere. Essa manca quindi completamente dell'elemento proprio del versante del Pacifico ma presenta invece uno sviluppo assai notevole dell'elemento andino e degli elementi orientali amazzonico ed argentino, così da riuscire una delle più ricche flore tropicali del continente sud-americano. Ecologicamente il decorso da NO. a SE. della Cordigliera Orientale, formante quasi la spina dorsale della regione, individua due settori, uno nord-orientale umido e di carattere essenzialmente amazzonico, l'altro sud-occidentale asciutto e raggiungente anzi sull'altipiano l'aridità del deserto, di carattere andino-argentino Il limite superiore delle foreste oscilla, sul versante settentrionale della Cordigliera ove le precipitazioni si avvicinano ai 3000 mm. annui, fra quote comprese fra i 3200 e 3400 m. s. m., ma procedendo verso SE. si abbassa sino a circa 1700 m.
In ogni modo e con riferimento alla classificazione generale delle formazioni della regione andina (v. ande) il paesaggio vegetale dei due distretti sopra distinti è approssimativamente il seguente: nella regione nord-orientale e precisamente in corrispondenza della rete fluviale costituente l'alto corso del Madeira (Beni, Mamoré, Madre de Dios) la foresta equatoriale amazzonica (hylaea) si continua sul versante settentrionale della Cordigliera con la foresta tropicale montana distribuita nelle caratteristiche zone altimetriche. Abbiamo cioè, a cominciare dalla base e sino a 1500 m. sul mare, la zona superiore umida e conservante ancora carattere tropicale delle palme e delle felci arborescenti; poi, fra 1500 e 2400 m. s. m., la zona delle Cinchona (yungas), con forte umidità permanente, ma media termica sensibilmente abbassata e riflettentesi sulla composizione della flora, della quale fanno parte tuttavia una palma (Oreodoxa frigida) Orchidee e Bromeliacee epifite, abbondanti liane, Scitaminee (Amomum), Guttifere (Clusia), numerose Melastomacee, ecc.; poi una terza zona - ceja de montana - zona delle nebbie rivestita da una foresta densa e bassa di sclerofille arboree ed arbustacee, di ericacee e di bambù coi rami coperti da una densa massa di muschi. Verso il sud dell'interno la foresta equatoriale trapassa nella nota formazione brasiliana della caatinga, selva di alberi bassi con foglie caduche e portamento in generale xerofilo, intercalata da aree a vegetazione arborea diradata o mancante con fisionomia di savana o di steppa (campos, carrascos). Più variata invece è la vegetazione nella zona sud-occidentale, comprendente anzitutto, nella Bolivia meridionale, un largo tratto di altipiani col caratteristico paesaggio steppico desertico della Puna, vegetazione steppica dominata da Stipa ichu, graminacea a ciuffi rigidi disposti in cerchi e incrostati di sabbia dalla parte del vento dominante, da estese aree rivestite da una Composita - Baccharis tola - nonché da specie di Cactee (Echinocactus), Ombrellifere, Verbenacee, Genzianacee, Valerianacee, ecc. Attorno al lago Titicaca si deve notare l'esistenza d'una zona di magre colture alla quale pervengono dalle zone circostanti anche alcune specie arboree; mentre nei punti salienti dell'altipiano persistono le ultime isole verso nord della vegetazione antartica (Azorella). Verso l'interno, poi, il pendio orientale delle Ande è occupato dalla foresta argentina conservante ancora nella sua zona inferiore un carattere nettamente subtropicale, con leguminose (Machaerium), Lauracee (Nectandra), Iuglandee (Juglans), Meliacee (Cedrela); mentre la superiore presenta già un paesaggio di carattere temperato dominato da Conifere (Podocarpus angustifolia) e da alcune particolari latifoglie (Alnus aliso, Sambucus peruviana). Lungo il piede delle Cordigliere appartengono ancora alla Bolivia i primi tratti delle formazioni a parco del Gran Chaco, praterie alternate con macchie arbustacee di una Bougainvillea (Duragnel, B. praecox), cespugli di una palma (Copernicia), ecc.
Bibl.: A. Grisebach, P. Tchihatcheff, la végétation du Globe, II, Parigi 1878; O. Drude, Manuel de géographie botanique, Parigi 1897.
Fauna. - La fauna della Bolivia ha questo di particolare: che dal carattere prettamente chileno-patagonico che essa presenta a ovest e a sud-ovest, si passa quasi senza transizioni al carattere brasiliano nella sua parte settentrionale e nord-orientale. Le Ande costituiscono una barriera netta di separazione per moltissime specie e per numerose famiglie di animali.
Elementi occidentali e meridionali sono l'orso dagli occhiali (Tremarctos ornatus), i Chinchilla e i Lagidium, i lama (Lama vicugna e L. guanacus); tra gli uccelli: i Phytotomidae, i Pteroptochidae, gli Anatidae Chenonettinae e Merganettinae, i Thinocorythidae, i Rheidae. Il carattere brasiliano vien dato dalla presenza di cebi, di Cailitrichidae, di Procyonidae, di giaguari, di lepri, di aguti, di cavie, fra cui la Cavia boliviensis e il grosso Hydrochoerus capibara, di istrici (Erethizontidae), di pecari (Dycotyles), di formichieri, di numerose famiglie d'uccelli e di rettili e degli anfibî apodi.
Condizioni economiche. - Date le assai varie condizioni del rilievo e del clima, si ha in Bolivia un'assai grande varietà di prodotti del suolo, che, peraltro, è coltivato su una superficie complessiva limitatissima (circa 2 milioni di ettari, cioè l'1,7% della superficie totale). Si calcola che, tolta la superficie occupata dalle acque interne, dai boschi, dalle dimore umane e quella sterile per natura, il paese possa disporre, per l'agricoltura e l'allevamento, di circa 80 milioni di ettari, sufficienti a nutrire per lo meno una popolazione di 25-30 milioni d'abitanti. Sull'altipiano si coltivano cereali, patate, legumi e alberi da frutto. Il granturco è adoperato soprattutto per la fabbricazione della chicha, bevanda fermentata molto apprezzata dagl'Indiani, e insieme col grano giunge fino a 3600 m. d'altezza. L'orzo e la patata sono altresì coltivati sopra superficie notevoli, ed anche a maggiore altezza. In alcune provincie (di Mizque, nel dipartimento di Cochabamba, di Cinti, in quello di Chuquisaca, e di Cercado, in quello di Oruro) ha speciale importanza la coltivazione della vite, di cui sono diffuse due varietà: la criolla, che proviene dalle antiche piantagioni fatte dagli Spagnoli, e la bordelesa o francesa, di origine per l'appunto francese, ma importata dal Perù e dall'Argentina. La coltivazione è condotta tuttora con sistemi primitivi: nella provincia di Cinti, però, sono stati tentati sistemi moderni. La produzione media è di 100-150 quintali di uva all'ettaro: qualche provincia (Cinti, Mizque) ne dà anche di più. Il prodotto nazionale, che potrebbe essere molto aumentato, perché estesissime sono le zone adatte al vigneto, non è sufficiente alla richiesta del paese, che importa dal Chile e dall'Argentina i 3/4 del vino consumato. Degli alberi da frutto, fino a 3000 m. si coltivano meli, peri, peschi, ciliegi e prugni.
Sugli altipiani è molto in uso l'irrigazione, specialmente nella parte meridionale, più arida.
I pendii e le valli della Cordigliera Orientale hanno prosperose piantagioni di canna da zucchero, tabacco, caffè, riso, coca e cacao, che sono i prodotti più notevoli dell'agricoltura boliviana. La canna da zucchero è coltivata in modo particolare nel dipartimento di Santa Cruz, che da solo può soddisfare alla richiesta del paese e anche provvedere a una piccola esportazione, come in qualche anno è avvenuto. Tanto la coltivazione della canna quanto il trattamento dello zucchero sono fatti con sistemi e con mezzi invecchiati. La mancanza di buone vie di comunicazione e quindi la difficoltà dei trasporti impediscono che questa coltura si diffonda. La canna da zucchero è coltivata anche per la fabbricazione dell'alcool, che nel solo dipartimento di Santa Cruz raggiunge una produzione annuale di oltre 10.000 ettolitri.
Moltissime varietà di tabacco si coltivano nei dipartimenti di La Paz, Cochabamba, Santa Cruz, Tarija e Beni; estesissime sono le zone favorevoli a questa coltura, la cui produzione attuale (circa 15.000 quintali annui) è invece appena sufficiente alla richiesta del paese. Il caffè, forse di qualità superiore al Moka, è coltivato soprattutto nella regione delle yungas, ed è rinomato. La produzione, che si calcola oscilli tra i 12.000 e i 15.000 quintali annui, non è sufficiente al consumo interno. Il riso ha notevoli piantagioni nelle regioni orientali, e può essere coltivato in qualsiasi epoca dell'anno, dando un raccolto ogni 5-6 mesi. La sua coltura potrebbe estendersi immensamente, perché favorita dalle condizioni di suolo e di clima. La produzione attuale è piccola, e la Bolivia deve ogni anno importare dall'estero una notevole quantità di questo cereale. Ottimo è il cacao boliviano, la cui pianta prospera specialmente nel dipartimento del Beni, nel territorio di Colonias e nella regione delle yungas: La produzione è superiore alla richiesta interna e dà luogo, quindi, a una certa esportazione. Caratteristica è la coltivazione della coca, che occupa vaste superficie sul versante est della Cordigliera orientale (dipartimenti di La Paz e Cochabamba) tra i 650 e i 1600 m. s. m. Ogni anno i varî cocales del paese producono complessivamente quasi 3,5 milioni di kg. di coca, per un valore di oltre 3 milioni di bolivianos. I 3/4 della produzione provengono dal dipartimento di La Paz. In regresso è l'importanza della cinchona, da cui si estrae la china, che un tempo costituiva uno dei prodotti vegetali più notevoli della Bolivia. S'incontra in tutto il versante esterno della Cordigliera Orientale; vastissimi boschi di cinchona, mai sfruttati, si estendono pure nel dipartimento di Santa Cruz. Pure in regresso, come in altre regioni sud-americane, dopo l'introduzione delle coltivazioni nella penisola di Malacca, a Ceylon e nelle Indie Olandesi, è la produzione del caucciù, estratto in Bolivia dall'Hevea o dalla Castilloa, assai frequenti nelle foreste della Bolivia settentrionale (territorio di Colonias e dipartimento del Beni), nei terreni alluvionali soggetti a inondazioni periodiche. La rovina del commercio della corteccia della cinchona fu favorevole allo sfruttamento delle piante da caucciù. Verso il 1880 il centro della produzione era sul Beni superiore: a poco a poco furono compresi nella zona di sfruttamento i bacini del basso Beni e del Río Madre de Dios, quindi, verso il 1900, quelli del Río Abuna e del Río Acre. Dai Llanos de Mojos, da Santa Cruz, dalla provincia di Apolobamba s'avviò verso il bacino del Madeira una notevole corrente immigratoria, cui seguì lo sviluppo di alcuni centri commerciali come Cobija, Riberalta e Villa Bella. La produzione, che era ancora di circa 5000 tonnellate nel 1919, va scemando rapidamente. La maggior parte del caucciù viene avviata verso il Madeira e passa nel Brasile; una piccola parte è trasportata per terra fino ai porti sul Paraguay (Descalvado, Puerto Suárez).
Nelle foreste della Bolivia di SE. (Chaco) esistono grandi quantità di legno quebracho, ancora non sfruttate.
L'allevamento del bestiame è, relativamente, abbastanza sviluppato. Si calcola che la B. possegga 4.200.000 ovini, 442 .000 caprini, 2.320.000 bovini, 200.000 cavalli, 190.000 asini, 175.000 muli e 500.000 suini. Sull'altipiano sono assai frequenti le gregge di lama e di alpaca. I bovini sono abbondanti soprattutto nella regione del Chaco, dove però sono soggetti a periodiche decimazioni, quando le piogge troppo scarse rendono i pascoli insufficienti. Fiorente era l'allevamento bovino anche nel dipartimento del Beni, dove vivevano più di 1 milione di capi Disastrose epizoozie hanno distrutto buona parte di questo bestiame, ridotto a non più di 200.000 capi. Nella regione compresa nell'attuale dipartimento di Santa Cruz numeroso bestiame bovino ed equino fu introdotto dai gesuiti e passò poi in proprietà allo stato. L'allevamento dei bovini costituisce inoltre una delle maggiori risorse economiche di alcune provincie del dipartimento di Cochabamba: quella di Campero possiede circa 25.000 bovini e ne esporta ogni anno 3000.
Gli ovini abbondano nelle regioni a clima temperato, in modo particolare nel dipartimento di Cochabamba e dànno carne ottima; col loro latte si fabbricano formaggi molto pregiati (quesos de Paria) Scarsi sono i cavalli, sia per le condizioni naturali della regione, sia perché troppo spesso colpiti da epidemie. Il cavallo boliviano è di solito di piccola taglia e molto resistente alle aspre temperature dell'altipiano. Il lama è l'animale più utile per gli indigeni, poiché, essendo molto sobrio, serve per i trasporti anche nelle regioni più squallide e quasi prive di pascoli. I suoi escrementi vengono utilizzati come combustibile, la carne costituisce un buon alimento, la lana dà discreti tessuti: con la sua pelle vengono fabbricate le ojotas, calzature indigene. La ricchezza di molte regioni è costituita unicamente, si può dire, dalle gregge di lama. L'alpaca viene allevato quasi esclusivamente dagli indios, per la sua lana assai pregiata. Si è fatto qualche tentativo, ma con scarsi risultati, per allevare anche la vigogna, che è assai frequente, allo stato selvatico, nelle zone più elevate e più impervie.
Nel complesso, tanto l'agricoltura quanto l'allevamento hanno finora valore economico limitato e quasi esclusivamente locale. Ha invece notevole importanza nel commercio mondiale la produzione mineraria della Bolivia. L'industria mineraria non avrebbe potuto raggiungere lo sviluppo attuale, se non fossero state costruite le ferrovie che, partendo dai porti chileni di Arica e di Antofagasta, collegano con la costa i principali centri dell'altipiano, spingendosi fino a La Paz, a Cochabamba, a Potosí e a Sucre. Occorre tener presente che la maggior parte dei giacimenti minerarî boliviani si trovano in zone assai elevate, di difficile accesso, desertiche, prive quindi di risorse alimentari. Questo spiega come, fino a non molti anni fa, si sfruttassero soltanto i giacimenti più ricchi, e come lo sfruttamento fosse fatto con metodi del tutto primitivi. Enorme, infatti, era la difficoltà di trasportare fino alle miniere i macchinarî in uso nell'industria mineraria moderna.
Si può dire che non vi sia minerale utile che non si trovi in Bolivia, dalla quale, un tempo, si estraevano soprattutto argento ed oro. Attualmente è lo stagno che costituisce la principale risorsa economica del paese, che è al secondo posto tra quelli che ne producono (dopo la penisola di Malacca). L'argento viene estratto in piccola misura e per lo più come secondo prodotto dei minerali di stagno, al quale si trova associato. In passato lo stagno era prodotto solo da alcune miniere presso Potosí e Arque, poiché generalmente non gli si dava quasi alcun valore. Ma le grandi applicazioni che trovò nell'industria moderna ne fecero alzare fortemente il prezzo, e dal 1895 in poi le miniere di stagno si sono moltiplicate rapidamente, soprattutto nei dipartimenti di Potosí, Oruro. La Paz e Cochabamba. I filoni di minerali di stagno hanno una potenza fino a 3 metri: nella maggior parte dei casi si tratta di cassiterite, contenente dal 55 al 65% di metallo. Tra le principali miniere si ricorderanno quelle di Colquechaca, Uncía, Aullagas, Pulacayo, Ayoma, Potosí, Huanchaca (dip. di Potosí), Pasna (dipartimento di Oruro), Arque (dip. di Cochabamba), Inquisivi, Araca (dip. di La Paz). Quello di Uncía è il giacimento più importante: le miniere sono fornite di macchinarî e di impianti moderni: La produzione totale boliviana subisce annualmente notevoli oscillazioni, ma, nel complesso, è in aumento come si vede dalle seguenti cifre (quantità di metallo prodotte, in migliaia di tonnellate): 1912, 22,6; 1913, 26,3; 1914, 22,0; 1915, 21,4; 1916, 20,7; 1917, 26,8; 1918, 29,3; 1919, 27,5; 1920, 29,6; 1921, 28,5; 1922, 29,0; 1923, 30,1; 1924, 32,5; 1925, 33,4; 1926, 30,1; 1927, 36,3.
Si può dire che, all'incirca, lo stagno prodotto dalla Bolivia costituisca poco meno di 1/2 del prodotto mondiale. Viene esportato negli Stati Uniti, nella Gran Bretagna e, in misura minore, in Francia, attraverso il Chile (porti di Arica e di Antofagasta).
Per l'argento la Bolivia è stata lungamente al terzo posto nella produzione mondiale, ma mentre alcuni giacimenti sono stati esauriti, molte miniere furono abbandonate dopo che il prezzo di quel metallo subì un forte ribasso. L'argento abbonda su tutto l'altipiano: di celebrità mondiale sono le miniere, tuttora attive, di Potosí, di Oruro, di Pulacayo e di Huanchaca. La produzione subisce fortissime oscillazioni da un anno all'altro, generalmente con tendenza, per ora, alla diminuzione. Nel 1926 furono prodotti 168.000 kg. di argento, e nel 1927, 93.000. Con il miglioramento dei mezzi di trasporto, e soprattutto con l'affluire di maggiori capitali, in molte delle miniere abbandonate (che si calcolano a parecchie migliaia) potrà probabilmente esser ripreso lo sfruttamento: specialmente se il valore dell'argento avrà un rialzo.
Due sono le principali zone aurifere: una comincia a NO., nella provincia di Muñecas, e si prolunga poi, verso SE., nelle provincie di Larecaja, Yungas, Inquisivi e attraverso il dipartimento di Cochabamba va a terminare in quello di Santa Cruz; l'altra ha inizio nella provincia di Lípez e si dirige poi verso Santa Cruz passando per Tupiza e Cinti. Il distretto aurifero di maggior rendimento è quello del Río Suches. Si calcola che approssimativamente l'attuale produzione aurifera della Bolivia si aggiri sui 550 kg. annui, provenienti per lo più da oro nativo.
Sempre maggiore importanza ha lo sfruttamento del rame, frequente nella Cordigliera Occidentale (provincie di Pacales, nel dipartimento di La Paz, di Carangas, e in quello di Oruro). Le più ricche sono le miniere di Corocoro (Pacajes), che ebbero un grande sviluppo dopo l'apertura al traffico della ferrovia Arica-La Paz e dopo l'aumento di valore avuto da questo metallo al principio della guerra mondiale. La produzione annua si aggira sulle 18.000-20.000 tonnellate di minerale, da cui si possono ricavare 5000-6000 tonnellate di metallo, e viene esportata prevalentemente negli Stati Uniti.
Sembra accertato che nella Cordigliera Orientale il petrolio abbondi. Nella provincia di Caupolicán, tra il Beni e il suo affluente Madidi, secondo i geologi Otto Weltk e Ellis Jansson, si avrebhe una zona petrolifera di circa 2 milioni di ettari di superficie. Un'altra vasta zona petrolifera occupa parte della provincia di Pacajes. Ma la maggiore è quella che, partendosi da Yacuiba, al confine argentino, si estende a nord verso Villa Montes, Charagua, Cabezas e Santa Cruz, e nella quale sono già in esercizio alcuni pozzi. Molte concessioni sono state fatte dal governo boliviano: nel complesso, peraltro, si è ancora allo stadio delle esplorazioni.
Notevole per la richiesta locale, ma secondaria per l'economia mondiale, è la produzione dello zinco, del piombo e dell'alluminio. Importante è invece quella dei minerali di tungsteno (ferberite, wolframite, scheelite, huebnerite), scavati soprattutto nella Cordigliera di Quimza Cruz (dipartimento di Cochabamba) e ad Atocha (Potosí), e del bismuto (2° posto nella produzione mondiale), che si estrae ad oriente del Titicaca (prov. di Larecaja), a SE. di Oruro, nella prov. di Cinti e tra Uyuni e il confine argentino. L'importanza dei minerali per la vita economica del paese è ben dimostrata dal fatto ch'essi rappresentano dal 90 al 95% delle esportazioni totali.
All'infuori delle estrattive, e a prescindere da quelle domestiche, le altre industrie non hanno quasi alcuna importanza. L'industria tessile di tipo moderno è rappresentata da un solo lanificio (La Paz); piccoli e primitivi stabilimenti si trovano anche a Oruro, a Cochabamba, a Santa Cruz e a Uyuni (coperte di vigogna). La maggior parte dei tessuti occorrenti al paese viene importata dal Perù. Qualche progresso, negli ultimi anni, hanno fatto le industrie dell'ebanisteria, del calzaturificio ecc. Numerose, naturalmente, sono le fabbriche di saponi, di candele, di sigari e sigarette, di liquori, di zucchero, di birra ecc. Importanti manifatture di tabacchi hanno Sucre e La Paz. Caratteristica, piccola industria di Potosí è quella dei lavori in filigrana d'argento.
Commercio. - Il commercio è ostacolato dalla scarsezza delle vie di comunicazione e dal fatto che la Bolivia è priva d'uno sbocco diretto al mare. Come si è già detto, prevalgono in modo assoluto, nelle esportazioni, i minerali (90-95% del valore totale): primo fra tutti lo stagno, che di solito rappresenta più dell'80% del valore totale. Il caucciù entra nelle esportazioni boliviane per il 5-6% del valore. S'importano soprattutto macchine, veicoli, tessuti, farine e vini. I soli paesi con i quali la Bolivia ha traffici notevoli sono la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, la Germania, il Chile, l'Argentina, il Perù e il Brasile. L'Italia importa nella Bolivia tessuti, cappelli, riso e olio: nel 1926 per un valore di 3,8 milioni di bolivianos, pari a circa 28 milioni di lire italiane (il boliviano d'argento valeva in tale anno circa L. 7,40). Nella tabella che segue è dato il valore delle esportazioni e delle importazioni dal 1922 al 1927 (in milioni di bolivianos):
La bilancia commerciale è favorevole alla Bolivia, la quale esporta sssai più di quello che importa. Il valore delle esportazioni va aumentando regolarmente, e in modo notevole, di anno in anno: e questo è un indice delle sempre migliori condizioni di vita del paese.
Nel 1926 i dati del valore delle esportazioni e delle importazioni degli stati che hanno maggiori traffici con la Bolivia furono i seguenti (in milioni di bolivianos): Gran Bretagna, 96,2-15,4; Stati Uniti, 11,6-20,4; Germania, imp. 8,1; Chile, imp. 7,8; Argentina, 2,7-4,4; Italia, 0,02-3,8.
Comunicazioni. - Lo sviluppo delle vie di comunicazione moderne in Bolivia è del tutto recente. L'inizio della navigazione a vapore nei fiumi della regione orientale (1890) coincide con lo sviluppo dello sfruttamento del caucciù. La prima ferrovia (la Antofagasta-Ollagüe-Uyuni-Oruro) fu aperta al traffico nel 1892. Attualmente le più importanti vie di comunicazione dell'altipiano sono le ferrovie, che hanno uno sviluppo complessivo (1929) di circa 2400 km.; e delle regioni basse orientali, i fiumi navigabili.
Ebbe molta importanza per la Bolivia l'apertura al traffico della ferrovia peruviana dal porto di Mollendo a Puno sul Titicaca (1874), la riva boliviana del quale fu collegata con La Paz (linea La Paz-Guaqui, 98 km.) nel 1902. Altre linee importantissime sono la Antofagasta (Chile)-Ollagüe-Uyuni-Oruro-La Paz, che è lunga, nel tratto boliviano, 732 km., e nel complesso 1174 (raggiunse La Paz nel 1910); la Arica (Chile)-Charaña-La Paz, inaugurata nel 1913 e lunga 438 km., di cui 232 in territorio boliviano; la Uyuni-Tarija-La Quiaca (circa 270 km.) che prosegue per Tucumán e Buenos Aires e che è una delle linee più recenti (viaggio da Buenos Aires a La Paz in tre giorni e mezzo). Alla linea Antofagasta-La Paz si raccordano: la Oruro-Cochabamba (205 km.), la Machacamarca-Uncía (104 km.), la Río Mulato-Potosí-Sucre (280 km.) e la Uyuni-Huanchaca (38 km.). Da La Paz si dirige verso il Beni la linea che raggiunge Coroico (circa 120 km.) e che dovrà essere proseguita fino a Puerto Pando; da Cochabamba inoltre si dirige verso oriente la ferrovia per Arani (60 km.), che dovrà proseguire per Santa Cruz e Puerto Suárez sul Paraguay. Delle linee in costruzione la più notevole è quella che collegherà Santa Cruz con Yacuiba e quindi con la rete argentina.
Le arditissime ferrovie di Arica e di Antofagasta (la prima su alcuni tratti è a cremagliera, date le fortissime pendenze che deve superare) sono quelle per cui passa la maggior parte del traffico boliviano. La prima fa aspra concorrenza a quella peruviana di Mollendo. Data l'altezza dell'altipiano, le spese di salita sono elevatissime, ciò che influisce gravemente sulle importazioni. Caratteristica delle ferrovie boliviane è per l'appunto quella di essere tra le più alte del mondo: infatti la Arica-La Paz giunge fino a 4264 m., la Antofagasta-Oruro-La Paz a 4110, la Guaqui-La Paz a 4082. Ancora più elevata è la Machacamarca-Uncía, che sale fino a 4404 metri.
La Bolivia orientale non ha ferrovie, ma è provvista d'una buona. rete di vie d'acqua navigabili e percorse in parte da battelli a vapore, alle quali si è già accennato nel paragrafo sulle condizioni idrografiche. e che ammontano nel complesso a più di 18.000 km. Servizî regolari di navigazione a vapore funzionano pure sul lago Titicaca e sul Desaguadero.
Già da varî anni la Bolivia possiede alcune linee regolari di navigazione aerea: la Cochabamba-Santa Cruz (390 km.: la più difficile, perché per sorvolare la Cordigliera, i velivoli debbono salire a 5000 m.), la Cochabamba-Sucre-Vallegrande-Santa Cruz (650 km.), la Cochabamba-Todos Santos (200 km.), la Todos Santos-Trinidad-Riberalta (1000 km.), la Santa Cruz-Yacuiba (550 km.) e la Santa Cruz-Puerto Suárez (750 km.). Per far comprendere tutta l'importanza di queste linee per il trasporto dei passeggeri e della posta basterà dire che da Cochabamba a Santa Cruz l'aeroplano impiega 3-4 ore, mentre a dorso di mulo occorrono 10-15 e talvolta perfino 20 giorni. Da Santa Cruz a Puerto Suárez s'impiegano 8-9 ore con l'aeroplano, quando i carri che trasportano le merci nella stagione piovosa impiegano anche cinque mesi.
La rete delle strade ordinarie è poco sviluppata, specialmente nella Bolivia orientale. Sull'altipiano alcune strade sono percorse da servizî automobilistici regolari (La Paz-Achacache-Sorata, Sucre-Potosí, Arani-Totora, La Quiaca-Villazón-Tupiza-Atocha).
Condizioni demografiche - Il numero degli abitanti della Bolivia si conosce molto approssimativamente. I censimenti ufficiali compiuti durante lo scorso secolo hanno dato cifre assai differenti e poco attendibili: così quello del 1831 diede 1.088.000 ab.; quello del 1854, 2.326.000 ab.; quello del 1882,1.172.000 ab.; quello del 1900 (che pare non sia stato completo), 1.781.000 ab. Una stima ufficiale del 1918 diede 2.757.000 ab., una valutazione del 1926, 3.273.000 ab., e infine una valutazione del 1929 circa 3 milioni e mezzo di ab. (cioè poco meno di 3 per kmq.), il 54% dei quali sarebbe costituito da Indiani puri, in percentuale molto elevata nelle provincie occidentali (sec. il censimento del 1900, La Paz 75%, Oruro 68%, Potosí 57%); il 32% da Meticci, il 13% da Bianchi e l'i % da Negri. Bianchi e Meticci si trovano in maggior numero nei dipartimenti orientali dell'altipiano (Cochabamba, 70%; Sucre, 55%; Tarija, 64%). Ciò è dovuto al fatto che in questa parte dell'altipiano gli Spagnoli trovarono un clima meno rude e popolazioni economicamente più evolute.
L'accrescimento della popolazione non è rapido, come in altri stati sud-americani, perché l'immigrazione è trascurabile e la mortalità molto elevata (forse il 44 o 45%), date le non buone condizioni igieniche di molta parte del paese e la deficienza di medici e di mezzi profilattici. Le malattie più diffuse in Bolivia sono il vaiolo, la malaria, la dissenteria, nonché, sull'altipiano, le malattie di cuore.
Com'è naturale, date le condizioni topografiche, morfologiche e soprattutto climatiche della Bolivia, la popolazione è distribuita assai inegualmente. Secondo il Bowman, il 72% della popolazione boliviana vive a un'altezza tra i 1800 e i 4200 m.; abitazioni temporanee si trovano spesso anche tra 4500 e 4800 m. Ciò si deve non soltanto al clima, ma anche alla posizione geografica, alla distribuzione delle risorse naturali, all'accessibilità e alla facilità delle comunicazioni. Infatti, parecchie delle provincie più densamente popolate hanno condizioni climatiche meno favorevoli di quelle di altre provincie meno popolate. La provincia con più forte densità è quella di Cercado, nel dipartimento di Cochabamba, con più di 40 ab. per kmq. Tra i dipartimenti, Cochabamba sta al primo posto, con più di 10 ab. per kmq., seguita da La Paz (8,5), Potosí (5), Chuquisaca (3,6) e Oruro (3,4). Tutti gli altri dipartimenti e territorî hanno densità inferiori a quella media dello stato, con un minimo nel territorio di Beni di 0,2 ab. per kmq.
Sempre secondo il Bowman, l'80% della popolazione della Bolivia vive su un'area che è soltanto il 15% della totale, e il 35% su un'area che è poco più del 5% della totale. Si tratta della regione dell'altipiano e delle sue pendici orientali compresa tra il Titicaca. Cochabamba, il Poopó e la Cordigliera Occidentale. Quivi, secondo l'Ogilvie, si trovano varie zone a densità relativamente forti: intorno al Titicaca (in certi tratti anche 50-100 ab. per kmq.), lungo il Desaguadero (da 3 a 10 ab. per kmq.), intorno a Corocoro (più di 100 ab. per kmq.), nella regione di Oruro (1050 ab. per kmq.), sui versanti interno ed esterno della Cordigliera di Quimza Cruz (10-50 ab. per kmq.), intorno a Cochabamba (varie zone con 50-100 e anche più di 100 ab. per kmq.) ecc. L'addensarsi della popolazione in alcune di queste zone è dovuto essenzialmente alla presenza di giacimenti minerarî, che si trovano spesso sopra il limite delle colture e che debbono ricevere, quindi, dalle parti più basse, i viveri e la mano d'opera necessaria. A Huanchaco-Pulacayo per lo sfruttamento delle miniere di argento più di 8000 persone vivono a 4200 m. d'altezza. Sotto la zona mineraria, dal punto di vista agricolo improduttiva, abbiamo una zona pastorale, a popolazione semi-nomade, e quindi la zona agricola (tra i 1800 e i 2700 m.), a popolazione fissa, dove si trova il maggior numero di centri abitati. Dei 151 centri più notevoli presi in considerazione dal Bowman nel suo studio sulla distribuzione della popolazione (v. bibl.) il 51% si trova a più di 3300 m. La maggiore altezza è data dal villaggio minerario di Aullagas, a 4769 m. Tra le città maggiori la più elevata è Potosí (30.000 ab.), a 3970 m. s. m.; seguono Oruro (31.000 ab.) a 3715 m. e La Paz, la capitale, e unica città boliviana che superi i 100.000 abitanti (120.000), situata a 3630 m.; poi Sucre (30.000 ab.), la capitale legale, a 2799 m., e Cochabamba (31.000 ab.) a 2559 m. Pure notevoli sono le città di Santa Cruz de la Sierra (25.000 abitanti), Tarija (11.000), Huanchaca (8.000), Trinidad (6.100), Corocoro (5000), Uyuni (5.000), Riberalta (4.500), Tupiza (5000), Puerto Suárez (2000), Caiza (2000) e Yacuiba (1000). Nel complesso, la popolazione dei 12 centri boliviani con più di 5000 abitanti costituisce soltanto l'8,8% della popolazione totale dello stato. È da notare il fatto che di questi 12 centri solo due, Santa Cruz e Trinidad, si trovano nella regione bassa orientale.
Lingua ufficiale della Bolivia è lo spagnolo, parlato usualmente dalle persone colte e in genere dai Bianchi e dai Meticci, i quali, peraltro, lo corrompono con parole delle lingue indigene. Gli Indiani parlano ancora, nella maggior parte, il quechúa (nella parte dell'altipiano a sud e ad est del Poopó) e l'aymará (parte centrale e settentrionale dell'altipiano). Vari dialetti guarani sono parlati dagl'indios della Bolivia di SE.
La cattolica romana è la religione di stato, e le statistiche dànno come cattolico il 93,7% della popolazione. Nelle città principali c'è qualche piccolissimo nucleo di metodisti episcopali.
Gl'indigeni. - Come si è detto sopra, la popolazione della Bolivia è costituita in prevalenza da Indiani. Nella nazione hanno grande importanza due tribù: quella dei Quechúa (v.) e quella degli Aymará (v.); i primi abitano i distretti limitrofi al Perù e sono numerosi specialmente intorno a Cochabamba, Sucre e Potosí, mentre i secondi si trovano sull'altipiano intorno al lago Titicaca, nella capitale La Paz e nei suoi dintorni e nelle yungas sul versante orientale delle Ande. Hanno tutti eccezionale importanza nella Bolivia per la loro capacità come agricoltori, allevatori di bestiame e minatori, tanto che la popolazione degli altipiani e delle città vive principalmente di quanto essi producono. I ripetuti movimenti rivoluzionarî sono chiaro indice che gl'Indiani non si rassegnano ad accettare le condizioni nelle quali vivono e che tra i problemi sociali, si presenta più incalzante per la Bolivia quello di attenuare le differenze esistenti fra il proletariato indiano e la classe dominante composta di meticci e di bianchi. Specialmente sugli altipiani sarebbe impossibile sostituire la popolazione rurale indiana con lavoratori importati dal di fuori, poiché questi molto difficilmente riuscirebbero ad assuefarsi alle singolari condizioni climatiche prevalenti in quelle regioni.
Sull'altipiano intorno al lago Titicaca e a sud di esso, vivono gl'indiani Uru i quali probabilmente costituiscono i resti della popolazione aborigena occupante questa regione anteriormente ai Quechúa ed agli Aymará. Rivet che ha studiato la loro lingua, ritiene che appartengano alla famiglia Arawak. Né gli Aymará né i Quechúa abitano le pianure boliviane nelle quali, invece, si trovano molte tribù indiane parlanti lingue assai diverse; alcune di esse mantengono ancora gli antichi usi e l'antico sistema di vita e alcune poche sono sempre indipendenti dai Bianchi. Nel secolo XVII e XVIII emeriti missionarî gesuiti esercitarono la loro opera nelle pianure boliviane soprattutto fra i Mojo (Arawak) ed i Chiquito. In genere i discendenti degl'Indiani delle missioni conservano ben poco della loro antica cultura indiana, mentre alcune tribù sono andate estinguendosi ed altre si sono ridotte a pochi individui soltanto. Discrete pitture e pregiati ornamenti in argento ancora esistenti in piccole chiese, sono ricordi di missioni una volta potenti ed è dagli scritti dei gesuiti che ci possiamo formare un'idea delle abitudini e dei costumi degl'Indiani prima che perdessero la loro cultura originale.
Nella Bolivia nord-orientale si trova una tribù guarani piuttosto importante, i Guarayú o Guarayo, tra i quali francescani italiani e tirolesi stanno svolgendo con alacrità la loro missione. Fra coloro che hanno scritto intorno ad essi sono da notarsi lo spagnolo padre Cardus e gl'italiani padre Pierini e padre Pesciotti. I Guarayú immigrarono dal Paraguay nella Bolivia al principio del sec. XVI e di essi si parla nelle prime relazioni sotto il nome di "Itatines". Un'altra importante tribù guarani è quella dei Chiriguano (v.), stabiliti nella parte meridionale della Bolivia, sul limite del Gran Chaco. Fra essi i gesuiti svolsero dapprima la loro opera ed oggi i francescani, molti dei quali italiani, hanno istituito nel territorio fiorenti missioni. I Chiriguano, come i Guarayu, emigrarono al principio del sec. XVI dal Paraguay togliendo per conquista il territorio agl'Indiani Chané, tribù Arawak della quale esistono ancora considerevoli avanzi specie sul Río Parapiti. I Chiriguano ed i Chané possiedono una civiltà sotto molti aspetti rimarchevole, producendo fra l'altro tuttora bellissime ceramiche. Al tempo in cui i Chiriguano conquistarono i Chané, questi erano superiori riguardo alla cultura, ma i primi adottarono in gran parte gli usi e le industrie della popolazione da essi soggiogata. Ogni anno molti Chiriguano emigrano dalla Bolivia nell'Argentina per trovare impiego negli zuccherifici della provincia di Jujuy.
La Bolivia comprende una porzione considerevole del Gran Chaco fra il Río Pilcomayo e il Río Chiquito, dove si trovano varie tribù indiane, alcune delle quali (quelle che abitano l'interno del Chaco settentrionale) sono ancora indipendenti dai Bianchi (Tapiete, Mataco, Ashluslay, Choroti). Mentre le tribù delle pianure boliviane alle quali ci siamo già riferiti, vivono più che altro dei prodotti dell'agricoltura, gl'Indiani del Chaco si mantengono principalmente raccogliendo frutti selvatici e radici e con la caccia e la pesca; possiedono a volte anche coltivazioni di mais o manioca, ma sono coltivazioni di regola poco mportanti. Dai Bianchi essi hanno ottenuto direttamente o indirettamente un discreto numero di bovini, cavalli e soprattutto pecore. Studiando intimamente questi Indiani si osserva che essi sono stati fortemente influenzati dalla civiltà degli Inca; ed è probabilissimo che abbiano appreso l'arte del tessere, nella quale sono di regola spiccatamente abili, dagl'Indiani delle Ande. Sono inoltre assai abili nella manifattura di borse molto ben ornate, fatte di corde di fibra d'una specie di Bromeliaceae. Anche di essi un certo numero passa ogni anno nell'Argentina settentrionale per lavori stagionali.
Nella Bolivia nord-occidentale vi è ancora qualche piccola tribù indiana indipendente, quali per esempio i Chacobo sul lago Rojo Aguada e i Sirionó, ostili ai Bianchi, e che conducono un'esistenza raminga nelle grandi foreste vergini principalmente fra il Río Guapay e il Guarayo. Pare che essi non pratichino affatto l'agricoltura e che la loro civiltà sia sotto ogni aspetto assai primitiva. Delle poche parole che si conoscono della loro lingua, alcune sono guarani ma non è questo, probabilmente, il loro idioma originale; si suppone però che essi siano stati dapprima, per un certo periodo, sotto l'influenza di qualche tribù guarani. Gli uomini Sirionó hanno a volte barba abbondante, carattere questo che non si riscontra mai negli altri Indiani della regione.
La popolazione indiana della Bolivia nord-orientale fu alla fine del sec. XIX in gran parte trasportata nelle piantagioni di caucciù, ciò che ha decimato largamente la popolazione indigena e danneggiato e compromesso per gran tempo ancora l'economia del loro paese. La tribù meglio protetta contro questa specie di sfruttamento è stata quella dei Guarayu delle missioni.
Nella Bolivia nord-orientale s'incontrano numerosi tumuli contenenti in gran quantità urne funerarie ed altre ceramiche spesso assai ben dipinte, e tale vasellame presenta maggiore affinità con le ceramiche che si trovano presso il Río delle Amazzoni e nella parte settentrionale dell'America Meridionale, che non con quelle fornite dalle regioni montuose della Bolivia. Ciò è naturale poiché anche oggi nelle pianure i molti fiumi navigabili facilitano le comunicazioni con la regione dell'Amazzoni, mentre sui fianchi orientali delle Ande i fiumi non sono navigabili e la regione è ricoperta di foreste a volte impenetrabili, tanto che solo pochissimi sentieri collegano le basse pianure boliviane con l'altipiano andino.
Le regioni montuose della Bolivia abbondano di resti archeologici incaici e preincaici; non lontano dal lago Titicaca si trovano le famose rovine preincaiche di Tiahuanaco. Molto comuni sono i cosiddetti Chulpas, tombe costruite a foggia di casa con cinque grandi pietre. Nelle isole del lago Titicaca vi sono importantissime rovine del periodo incaico, dal quale datano pure i resti di fortificazioni costruite una volta a protezione contro le tribù della foresta. La più importante è quella di Incallaccta fra Cochabamba e Santa Cruz de la Sierra.
V. tavv. LIII a LVI.
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Ordinamento dello stato.
Governo e Suddivisioni amministrative. - La Bolivia è una repubblica unitaria, il cui presidente viene eletto per 4 anni con suffragio popolare diretto. Il Congreso Nacional è formato dal Senato (2 membri per dipartimento, eletti per 6 anni e rinnovabili per un terzo ogni 2 anni) e dalla Camera dei deputati (70 membri, eletti con suffragio maschile diretto per 4 anni, rinnovabili per metà ogni 2 anni).
Amministrativamente la Bolivia si divide in 8 dipartimenti e due territorî, divisi alla loro volta in 72 provincie e in 681 cantoni
Va notato che nel territorio del Chaco è compresa la maggior parte del Chaco Boreal, in contestazione col Paraguay.
Organizzazione ecclesiastica. - L'unità di governo, che resse e influì sullo sviluppo coloniale dell'America Latina e in particolare dell'America Meridionale, spiega come la storia religiosa della Bolivia sia intimamente collegata con quella delle contrade circostanti, particolarmente con quella dell'Argentina, del Perù e del Paraguay. Anche in Bolivia, o alto Perù, come si fu soliti chiamare quel paese fino al principio del sec. XIX, l'evangelizzazione procedette di pari passo con l'occupazione per opera di religiosi appartenenti all'ordine dei predicatori, dei frati minori e dei mercedarî, a cui si aggiunsero poco dopo i padri gesuiti, i quali tutti profusero tesori di zelo e di energia per ridurre i primitivi abitanti, i Quechúa e gli Aymarȧ, ad abbandonare i loro riti crudeli e barbari e ad abbracciare il cristianesimo. La gerarchia cattolica cominciò colà nel 1552 mediante la fondazione del vescovado di Chuquisaca detta anche Ciudad de la Plata dalla grande abbondanza d'argento trovata in quella regione. Dapprima La Plata fu fatta sede suffraganea di Lima nel Perù, ma, in seguito alla creazione delle due nuove diocesi di La Paz e di Santa Cruz de la Sierra, La Plata fu fatta metropoli (1609).
A queste tre diocesi se ne aggiunse nel 1847 una quarta, quella di Cochabamba, mentre nel 1924, si provvide all'erezione delle altre tre di Oruro, Potosí e Tarija.
L'esiguità del numero di queste istituzioni ecclesiastiche, più che con la vastità del territorio, va messa in relazione con la popolazione che, anche secondo i calcoli più recenti, raggiunge solo i 3 milioni e mezzo. Specialmente nelle vastissime regioni dell'est, percorse da potenti corsi d'acqua, sono sparse poco numerose tribù di Indiani, tuttora in uno stato di semibarbarie. Per queste soprattutto sono stati istituiti i due vicariati apostolici di El Beni e del Chaco, amministrati dai frati minori, e la prefettura apostolica del Pilcomayo, affidata agli oblati di Maria Immacolata.
Esercito. - La Bolivia, paese eminentemente alpestre, dispone di un esercito di piccola mole, ma organizzato specialmente per la guerra di montagna. Ed infatti non esiste grande unità maggiore della brigata mista, snella e leggiera, particolarmente idonea, data la sua costituzione, a muoversi e a combattere in regioni montuose.
Il capo supremo dell'esercito è il presidente della repubblica. Il territorio della Bolivia è diviso in tre zone e due comandi militari:1. zona del nord, comprendente il dipartimento di La Paz; 2. zona del centro, che comprende i dipartimenti di Oruro e Cochabamba; 3. zona del sud, che comprende quelli di Potosí e di Chuquisaca. Ogni zona è comandata da un maggiore generale. I due comandi militari sono costituiti dai dipartimenti di Tarija, S. Cruz e Beni.
L'esercito boliviano è organizzato su 3 brigate miste assegnate in ragione di una per zona militare: ogni brigata mista è composta di: 2 reggimenti di fanteria; 1 di cavalleria; 2 batterie (da montagna o da campagna); aliquote del genio; servizî. In complesso l'esercito boliviano comprende circa 8000 uomini ripartiti fra le seguenti unità: 6 reggimenti di fanteria (ognuno su 2 battaglioni di 3 compagnie fucili e 1 mitragliatrici); 3 reggimenti di cavalleria su 4 squadroni, 1 reggimento d'artiglieria da campagna su 2 batterie; 1 reggimento d'artiglieria da montagna su 4 batterie; 2 battaglioni genio (di cui 1 zappatori); 1 squadriglia di aviazione su 12 apparecchi.
In ogni capoluogo di dipartimento esistono inoltre piccole unità di fanteria, "columnas" composte di 100 o 200 uomini, e che possono essere portate alla forza di battaglioni.
L'obbligo del servizio militare è generale e personale ed ha la durata di 30 anni, così ripartiti: 6 (dal 19° al 24° anno di età) all'esercito attivo; 7 (dal 25° al 32° anno di età) alla riserva ordinaria; 8 (dal 33° al 40° anno di età) alla riserva straordinaria; 9 (dal 41° al 49° anno di età) alla guardia territoriale. Quando il gettito del contingente annuale è superiore al bisogno, esso viene ripartito, mediante estrazione a sorte, in due categorie; la 1ª viene incorporata per la durata di 2 anni, la 2ª per un periodo di 3 mesi al massimo. Gli ascritti alla 2ª categoria vengono richiamati ogni anno per un periodo d'istruzione della durata di giorni 30.
Anche gli uomini facenti parte delle due riserve (ordinaria e straordinaria) compiono annualmente da 12 a 20 giorni d'istruzione; essi costituiscono reparti speciali che vengono incorporati nell'esercito attivo.
La guardia territoriale, invece, non è richiamata che in caso di guerra e per ragioni di ordine pubblico nella località di rispettiva residenza.
Il bilancio della guerra si aggira sugli 8 milioni e mezzo di pesos boliviani, pari a circa 64 milioni di lire italiane (un pesos boliviano vale circa lire 7,50). Esso assorbe quasi il 20% dell'intero bilancio ammontante a 44 milioni e mezzo di pesos.
La Bolivia, data la sua posizione geografica, non possiede né marina militare né marina mercantile.
Aeronautica. - La Bolivia è povera d'industria aeronautica. Il materiale le viene fornito per la parte militare dalla Francia, per quella civile dalla Germania.
L'aviazione militare fu costituita nel 1924 in occasione del centenario boliviano. Il corpo degli aviatori dipende dal Ministero della guerra. L'aviazione civile dipende invece dal Ministero dei trasporti e delle comunicazioni, il traffico aereo è affidato a una sola società con apparecchi e personale tedesco, l'Aero Lloyd Boliviano; attualmente funzionano 5 linee aeree con servizio più o meno regolare e ne sono in progetto altre tre.
Ha sette aeroporti civili, un aeroporto militare e alcuni campi di fortuna.
Finanze. - Le principali fonti di entrata del bilancio della Bolivia sono i dazî, le tasse di bollo e le tasse sullo spirito, sulla gomma e su varî minerali; i principali rami di spesa sono il debito pubblico, gli armamenti e l'istruzione. Le previsioni di bilancio delle entrate ordinarie e delle spese negli anni 1925, 1926, 1927 e 1928, in migliaia di bolivianos, furono le seguenti:
Nel 1928, su proposta della missione finanziaria Kemmerer, il Congresso approvò varie leggi circa la stabilizzazione legale della moneta, la riorganizzazione della Banca Nazionale, sul tipo d'una banca centrale, la riforma del sistema di bilancio, la riscossione delle entrate e l'erogazione delle spese, e il riordinamento delle principali imposte. Il debito pubblico della Bolivia al 30 giugno 1928 ammontava a 168 milioni di bolivianos, di cui 128,4 di debito estero, 23,2 di debito interno e 16,4 di debito fluttuante.
Istruzione Pubblica. - L'istruzione primaria è impartita a cura dei comuni e dello stato. Nel 1926 si contavano 1598 scuole elementari con 2765 insegnanti e 79973 allievi. All'istruzione secondaria provvedevano 27 collegi (17 nazionali), 5 istituti religiosi e 5 licei privati, con un totale di 403 insegnanti e 4213 allievi. Vi erano poi altri 22 istituti di carattere speciale con 177 professori e 1913 studenti. Le università boliviane sono due, di cui una a Sucre e l'altra a La Paz. Speciali istituti di perfezionamento sono riservati ai maestri elementari.
Storia.
Il periodo coloniale. - La regione oggi occupata dalla repubblica di Bolivia, e denominata fino al 1825 "Alto Perù", già toccata dalla spedizione di Diego de Almagro nel 1535, venne occupata nel 1538 da Hernando Pizarro, che, rendendosi ben conto della ricchezza dell'altipiano, iniziò la sua conquista dal basso Perù. La sua iniziativa fu secondata dal fratello Gonzalo, che dovette poi proseguire l'impresa con meno di cento uomini, e, dopo aspri combattimenti, riuscì a dominare le vallate di Cochabamba, fissando il suo centro in Charcas. Qui egli ricostruì (1538) la principale città indigena, Chuquisaca (che in lingua quechúa significa pietra d'oro), nome cambiato poi in quello di La Plata (oggi Sucre). La regione rimase unita fino al 1776 al vicereame del Perù; nel 1563 però venne creata la Real Audiencia de Charcas, con capitale Chuquisaca, che estendeva la sua giurisdizione anche sul Tucumán, sul Paraguay e sulla provincia peruviana di Puno.
Durante molto tempo, la storia coloniale dell'Alto Perù non è altro che la cronaca dello sfruttamento tranquillo delle abbondantissime miniere d'argento di Porco, Oruro e Potosí (le quali diedero all'erario spagnolo, solo per il diritto del quinto sulla produzione, quattro miliardi di pesetas) e di quelle di mercurio di Huancavélica (queste giunsero a tenere occupati più di cinquantamila operai). La conquista ebbe, certo, i suoi orrori; pure vi fu anche una colonizzazione ispirata a sentimenti di umanità verso gl'indigeni, che diede origine ad istituzioni umanitarie, quali la Obra Pia di Paria. Essa persistette attraverso i tre secoli del periodo coloniale (1571-1825), e dedicò il frutto integro delle sue encomiendas alla protezione e istruzione degl'indigeni. Fu creata per iniziativa privata, durante il vicereame di Don Francisco de Toledo, "il Solone peruviano" (1569-1582), che riuscì pure a ripopolare il territorio del Cuzco (spopolato dalla migrazione verso i territorî miniferi) adunando nei villaggi i dispersi e turbolenti Aymará. Così, gl'indiani peruviani si trasformarono in leali collaboratori degli spagnoli, che li avevano liberati dal dominio degl'Incas. In questa medesima epoca si fondarono o riorganizzarono molte città: Potosí nel 1545; La Paz nel 1548; Cochabamba nel 1570; Tarija nel 1574; e, finalmente, Oruro nel 1604.
Ma se gl'indigeni erano ormai pacificati dal viceré marchese di Cañete, il quale organizzò lo sfruttamento coloniale in conformità con le norme stabilite dalle "Nuove leggi delle Indie" (1542), gli Spagnoli conquistatori, invece, erano in stato di continua guerra. Cominciarono le rivalità di Francesco Pizarro e di Diego de Almagro; seguì la rivolta degli encomenderos, il cuì lemma era il versetto biblico Edent pauperes et saturabuntur: rivolta finita nel sangue Lima (1552). Maggiore importanza ha la cosiddetta guerra di Vicuñas y Vascongados, provocata dalla preponderanza dei Baschi nell'amministrazione della Real Audiencia; questa sanguinosa lotta civile, a due riprese, durò circa un secolo e mezzo, interrotta soltanto da una tregua d'un decennio (1626-1636). Un'altra sollevazione importante fu quella dei cholos de La Paz (1661), che degenerò in brigantaggio.
Tuttavia, nonostante le lotte, il paese veniva a poco a poco organizzato e sistemato. Dal punto di vista religioso vennero creati i vescovati di La Plata nel 1535, di Santa Cruz de la Sierra nel 1605 e di La Paz nel 1609, dipendenti tutti gerarchicamente dall'arcivescovado di Charcas, prima istituito come vescovado da Giulio III nel 1552, poi elevato ad arcivescovado da Paolo V nel 1609, ma riguardo alla giurisdizione dogmatica sottomessi al tribunale del Santo Ufficio dell'Inquisizione, stabilito a Lima, con carattere piuttosto politico che religioso, nel 1570. Per quanto riguarda la vita economica, si eresse la Casa della Moneta durante il vicereame di Francesco de Toledo nel 1572; s'istituì il Consolato dei mercanti o Universidad de la Caridad a Lima nel 1627: organismo quest'ultimo amministrativo, ma anche giurisdizionale, sullo stesso tipo della Casa de Contratación di Siviglia. Nel 1621 venne pure inaugurata l'Università letteraria e scientifica di San Francesco Saverio di Chuquisaca (1624) con gli stessi statuti, onoranze e privilegi della gloriosa università di Salamanca. Così, man mano si faceva più complessa, più ricca la vita nel fiorente territorio della nuova Audiencia, anche se terremoti, allagamenti e pesti, che desolarono tutta la regione peruviana più volte durante l'ultimo trentennio del secolo XVII e tutto il XVIII, recavano gravi danni alla prosperità pubblica. Una fonte quasi permanente, o per lo meno ricorrente, di danni e miserie era poi costituita dalle sollevazioni e guerre civili: così, quando il viceré del Perù, marchese di Castelfuerte, ordinò una revisione dei tributi, i meticci di La Paz si ribellarono di nuovo (1730) e lo costrinsero ad accettare le loro imposizioni, fra cui quella dell'esclusione degli Spagnoli dagli uffici pubblici, che dovevano essere riservati ai continentali.
Nel 1776 la Real Audiencia di Charcas venne annessa al vicereame, proprio allora creato, del Río de la Plata; e il suo territorio venne diviso in intendenze e corregimientos. Ma lo stesso anno scoppia un'altra sollevazione d'Indiani a Cochabamba e Charcas (capeggiata dai fratelli Tommaso, Damaso e Nicola Catari, del corregimiento di Potosí), che mette in grave pericolo Chuquisaca; e la situazione si complica ancora per il sollevamento dei meticci di Oruro, che saccheggiano il territorio decapitando popolazioni intere di Bianchi. Intanto a Cuzco, un discendente degl'Incas, Tupac Amaru, approfitta del momento propizio per tentare di realizzare le sue illusioni famigliari di restaurazione dell'antico impero peruviano. I moti prendono così un carattere generale e uniforme di guerra di razze: e questa è talmente aspra che nei tre anni in cui dura (1780-1782) periscono circa cento mila uomini di ambedue le parti. Per avere ragione dei ribelli si devono unire le forze dei viceré del Perù e del Río de la Plata: e solo così la rivolta di Tupac Amaru, che finisce giustiziato, viene spenta. Ma essa ha avuto un significato assai grave: il ricordo dell'impero degl'Incas si è dimostrato tutt'altro che spento.
Le lotte per l'indipendenza. - I giorni del dominio spagnolo sono d'altronde ormai contati: non per opera degl'Indiani, ma di quei creoli e meticci, che si sono creata una coscienza propria, addirittura ostile a quella spagnola. Siamo all'inizio del secolo XIX: cioè all'inizio dei movimenti autonomisti e poi delle rivoluzioni nell'America Latina. Già nel 1800 nel vicereame del Perù, José Caro progetta un moto autonomista d'accordo con Antonio Nariño dell'Ecuador e Francesco Miranda del Venezuela. Ma il movimento s'inizia veramente solo col 1808. Quando la notizia dell'abdicazione di Carlo IV e della cattività di Ferdinando VII in Francia giunge all'Alto Perù, nel settembre, si diffonde un senso di costernazione fra gli alti funzionarî coloniali che presentono il crollo imminente dell'impero spagnolo.
Veramente Chuquisaca godeva fama d'essere città pacifica e sottomessa, perché sede dell'Audiencia e del più importante arcivescovado continentale. Era pure uno dei centri intellettuali dell'America spagnola, grazie alla sua università e all'Accademia Carolina; ma, se pure vi si discutevano le idee degl'illuministi, le teorie politiche di Montesquieu, di Raynal, di D'Aguesseau, se pure l'Accademia Carolina formulava talune conclusioni di sapore democratico (sovranità del popolo, ecc.), in complesso l'ambiente intellettuale era improntato a idee reazionarie e conservatrici, come ha dimostrato il Gondra. Chuquisaca non fu certo matricè delle idee rivoluzionarie, come per molto tempo si è creduto. La situazione poteva dunque sembrare non preoccupante, quando nel novembre 1808 giunse all'Accademia di Charcas don José Manuel Goyeneche, che recava istruzioni della Giunta di Siviglia, ma che era pure incaricato di progettare e difendere le supposte pretese di Carlotta Gioacchina di Borbone, regina del Portogallo, nei riguardi delle colonie spagnole. Ricevuto con ansia dalle autorità con i suoi disegni non ottenne altro se non di esacerbare la discordia (sorta qualche anno innanzi, per motivi politici) fra il governatore e gli auditori dell'Audiencia. La discordia si fece pubblica: gli intellettuali universitarî ne approfittarono per accattivarsi il popolo pure dimostrandosi, almeno in apparenza, difensori della sovranità spagnola; e costituirono il partito patriottico. Il governatore, don Remón Garcia Pizarro (discendente del conquistatore Francesco), tentò di dominare il movimento ancora soltanto locale; ma fu esonerato dal comando e fatto prigioniero nella sua stessa residenza. Pare ch'egli pronunziasse allora la seguente frase: "Col primo Pizarro cominciò qui la dominazione spagnola e con l'ultimo finirà, (25 maggio 1809). L'Audiencia assunse il governo, incaricando il colonnello Arenales di preparare la città contro l'attacco delle truppe di Potosí, che erano state chiamate dal Pizarro, e comunicando alle altre città dell'Alto Perù il nuovo stato di cose. Il 25 giugno si costituì la "Giunta protettrice dei diritti del re e del popolo", col proposito di aderire alla monarchia: ché solo più tardi si giunse a volere la liberazione dal dominio spagnolo. Così cominciarono le lotte per l'indipendenza nell'Alto Perù: lotte che dovevano durare quindici anni, fra episodî cruenti e gloriosi.
In un primo momento il Goyeneche, governatore di Cuzco, riuscì a soffocare la ribellione, vincendo i patrioti a Chacaltaya, giustiziando tutti i nove componenti della Giunta di La Paz (29 gennaio 1810) e liberando le autorità coloniali di Chuquisaca. Ma nel maggio del 1810 scoppiava la rivoluzione di Buenos Aires, e la Giunta indipendente ivi costituita inviò in aiuto degli altoperuviani forze comandate dal Balcare. L'insurrezione si estese allora a Oruro e le forze delle quattro provincie dell'Alto Perù ottennero la loro prima vittoria ad Aruma (1 ottobre 1810). Ma il generale Joaquín Pezuela, che sostituì Goyeneche, distrusse a Vilcapuquio e Hayuma (1813) il secondo esercito argentino, guidato da Belgrano, le cui truppe sparse e demoralizzate desolarono il territorio. I campagnoli, perseguitati da ambedue gli eserciti, privati dei loro possessi e vittime fatali dell'una e dell'altra parte, si videro costretti a reagire e a difendersi per salvare la vita e i beni; e così, senza volerlo coscientemente, furono tratti a lottare per la libertà. Villaggi interi insorsero; e apparvero i condottieri locali: Manuel Ascensio Padilla a Lagunas, Arenales a Santa Cruz, Sarate a Pasco, Camargo a Cinti, Lanza nelle valli di Ayopaya, Warnes nell'oriente, Rojas a Tarija, il prete di La Paz, Muñecas, a Larecaja, e perfino donne come la moglie di Padilla, la famosa Juana Azurduy. Esaltati dallo spirito di libertà (più sentita che pensata), temprati dalla passione patriottica, avvinti anche dallo spirito d'avventura, i condottieri riuscirono a trascinarsi dietro la massa dei pacifici contadini e degli artigiani delle città, senza che questi avessero idee ben chiare sul loro compito e sull'entità stessa del movimento. E fu la guerra de las republiquetas, dai mille episodî eroici e selvaggi, dai cento e due capi: di essi soli nove sopravvissero alla vittoria finale, gli altri perirono sul patibolo o in combattimento.
Né gl'Indiani rimasero estranei alle lotte: quattromila di essi, condotti da Pomakahua, si ribellarono a Cuzco; e vinto Pomakahua dal colonnello Benavente a Secuani (maggio del 1815) s'incorporarono in gruppi alle bande locali. Alla guerra cercò d'imprimere un carattere più umano il generale La Serna, che sostituì nel 1816 il Pezuela nel comando delle truppe spagnole. Egli volle imprimere alla lotta un carattere cavalleresco: ma il suo proposito fallì di fronte alla guerriglia indisciplinata dei creoli e dei gauchos; e poiché non seppe, d'altra parte, evitare le vittorie di San Martín, che procedeva dal Chile nel sud e quelle di Simón Bolívar che apparve nel nord, cedette il comando a don José Canterac.
Le campagne successive ebbero per centro soprattutto l'odierno Perù (v.); nel 1824 la battaglia di Junín (6 agosto), vinta dal Bolívar sugli Spagnoli, e la successiva campagna del luogotenente di Bolívar, Sucre, sulle Ande (vittoria di Ayacucho, 9 dicembre 1824), mettevano fine al dominio spagnolo nel Perù. Sull'altipiano resisteva ancora il generale spagnolo Olañeia, che dominava intorno al lago Titicaca, l'antico territorio dell'Audiencia di Charcas con le sue provincie di La Paz, Potosí, Cochabamba e Chuquisaca. Ma, divulgata la notizia della sconfitta di Ayacucho, le guarnigioni realiste cominciarono a simpatizzare coi rivoluzionarî; la città di Cochabamba prese l'iniziativa (26 gennaio 1825), seguita da Valle Grande, Santa Cruz, Moios e Chiquitos: La Paz fu occupata da José Miguel Lanza "el Pelayo del Alto Perú": e Olañeta si ritirò verso il sud.
Sucre non voleva intervenire, ché egli agiva in nome del Perù, mentre il territorio di Charcas (per tradizionale giurisdizione) apparteneva a Buenos Aires, e si sarebbe potuto così originare un conflitto politico col governo delle Provincie Unite del Río de la Plata. Ma Bolívar consigliò l'azione: e Sucre, passando il Desaguadero (fiume limitrofo dei territorî peruviani e rioplatensi), iniziò la marcia entrando in La Paz. Un mese più tardi (9 febbraio 1825) pubblicò un decreto con il quale riconosceva al territorio il diritto di costituirsi secondo la sua volontà, e convocava un Congresso costituente che potesse decidere sulla forma politica delle quattro provincie.
L'invasione di Sucre, la convocazione del congresso e il fatto che il governo peruviano cercava di assicurarsi l'annessione dell'altipiano o almeno un adeguato indennizzo, decisero il congresso e il governo delle Provincie Unite del Río de La Plata ad inviare il generale Antonio Alvárez de Arenales allo scopo di garantire la libertà delle provincie. Il Bolívar raccomandò allora a Sucre di differire il congresso e di lasciare la questione allo statu quo, senza fare innovazioni, in attesa delle decisioni del congresso della repubblica peruviana. Ma il generale argentino procedeva, ben disposto a compiere l'indipendenza del territorio (ancora soggiogato, in parte, da Olañeta) e a sostenere la volontà delle provincie liberate. L'azione militare fu quasi risparmiata, poiché, per un dissenso sorto fra i seguaci di Olañeta, le fazioni si attaccarono fra loro ed il generale, con le poche forze che lo seguivano, fu vinto e ucciso il 2 aprile 1825. I rapporti fra Peruviani e Argentini anche si chiarirono; sì che Bolívȧr il 26 maggio 1825 emanò un decreto disponendo che le Provincie dell'Alto Perù si riunissero in un'assemblea generale per esprimere liberamente la loro volontà, in conformità del "desiderio delle Provincie Unite del Río de la Plata e delle medesime dette Provincie". Però tutti gli accordi dell'assemblea erano sottoposti alla sanzione del congresso del Perù.
Lo stato boliviano. - Il 10 luglio 1825, a Chuquisaca, nell'antica sede dell'Audiencia di Charcas, fu inaugurata l'assemblea generale dell'Alto Perù indipendente: quarantotto rappresentanti, la maggioranza dei quali dottori dell'Università coloniale. Discusse e respinte il 6 agosto le proposte di annessione al territorio della Repubblica argentina o di quella peruviana, l'Assemblea proclamò lo stesso giorno l'indipendenza; e il 13 sanzionò la forma di governo del nuovo stato costituito in repubblica unitaria, a sistema rappresentativo, e con la separazione dei tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. Per legge del 14 dello stesso mese, si diede alla repubblica il glorioso nome del liberatore Simone Bolívar, cambiato poi in Bolivia, e si dispose che Bolívar stesso tenesse il supremo potere esecutivo della repubblica in tutto il tempo in cui risiedesse entro i limiti di essa. La medesima legge determinava che "la capitale della repubblica, col suo dipartimento (Chuquisaca) si denominasse nel futuro Sucre".
La prima Costituzione politica boliviana si discusse nell'assemblea del 1826, sul progetto redatto da Bolívar, e fu promulgata per legge del 19 novembre. In essa si statuiva la creazione di tre Camere: quella dei censori che dovevano esercitare una missione simile a quella dell'Areopago ateniese, nominare gli alti dignitarî, sindacare l'amministrazione, vegliare all'adempimento della costituzione e dei trattati; quella dei senatori che redigevano i codici e sorvegliavano i tribunali; e quella dei tribuni, che avevano l'iniziativa delle leggi, si occupavano della pace e della guerra e controllavano il potere esecutivo.
Dalla proclamazione dell'indipendenza, la Bolivia ha avuto 26 presidenti: di essi 11 sono stati spodestati dalle rivoluzioni ed otto sono stati assassinati. Ciò dà un'idea della turbolenta vita politica. Il primo presidente nominato dall'assemblea fu Simone Bolívar, che rinunziò all'incarico. Allora fu nominato Sucre che, per la sua estrema gioventù e per la mancanza di capacità politiche, non era in grado di guidare la vita pubblica della nuovissima repubblica. Perciò egli, amareggiato dalle lotte intestine, si dimise a sua volta e indicò come candidati idonei per succedergli i generali Andrés Santa Cruz e José Miguel de Velazco.
Ma per le lotte intestine e la simultanea invasione nella Bolivia dell'esercito peruviano, condotto dal presidente Magarra, la volontà del Sucre non fu eseguita; e la Convenzione che stipulò col Petù il trattato di Piquiza (6 luglio 1828), accettando le imposizioni di Magarra designò come presidente Pedro Blanco. Dopo cinque giorni soltanto dalla sua esaltazione, questi fu esonerato: morì assassinato, in prigione, il 1° gennaio seguente. Allo scopo di dominare le sollevazioni, l'assemblea nominò allora il generale Andrés Santa Cruz, che dettò uno statuto provvisorio, seguito da una riforma della Costituzione del 1826: fu soppressa la Camera dei tribuni e le altre due furono dette dei deputati e dei senatori (1831). Il Santa Cruz si preoccupò, pure, di perfezionare la legislazione boliviana, promulgando diversi codici, di ordine amministrativo e privato, che valsero alla Bolivia il primato, in genere, fra tutte le legislazioni ispano-americane; ordinò le finanze pubbliche ed organizzò i tributi; promosse nello stesso tempo gl'interessi industriali ed incoraggiò l'agricoltura con delle concessioni notevoli agli immigranti; stipulò un trattato commerciale col Perù. Sotto il suo governo, che durò un decennio (1829-1839) la prosperità, il prestigio e la potenza della Bolivia crebbero sì che il Santa Cruz poté concepire e quasi realizzare l'ambizioso disegno di soggiogare il Perù e ricostruire (con ambedue gli stati uniti sotto il suo governo) l'antico vicereame di Lima. Egli stesso si mise alla testa delle truppe di invasione che, sconfitto l'esercito peruviano nel Cuzco (1835), spodestarono il presidente della repubblica peruviana, Magarra. Tentando di realizzare il suo progetto, il Santa Cruz unificò le leggi fondamentali dei due paesi, che dovevano tuttavia conservare la loro rispettiva amministrazione e l'autonomia nella politica interna; e si fece proclamare (col soprannome di protettore) capo di tale confederazione peruviano-boliviana (1836). Ma il suo atteggiamento provocò le sollevazioni simultanee di Magarra nel Perù e di Velazco in Bolivia; e quando, vinto da Magarra a Jungay (1839), il Santa Cruz ritornò in Bolivia, Velazco l'aveva sostituito, sia pure con carattere provvisorio.
Seguì la presidenza del generale José Ballivián, chiamato "el Grande", al quale la vittoria d'Ingavi sulle truppe del presidente peruviano, che di nuovo aveva invasa la provincia di La Paz (1841), valse il supremo potere. Continua sotto di lui la campagna contro il Perù: sconfitto e morto Magarra a Viacha, nel 1842 viene firmata la pace sulla base dello statu quo ante bellum. Il Ballivián dettò la quarta costituzione repubblicana chiamata Ordinanza militare (1843); e sotto di lui continuò il progresso economico del paese: venne iniziato lo sfruttamento dell'alveo del fiume Pilcomayo, nel Chaco Boreal, ordinata l'esplorazione degli affluenti del Río delle Amazzoni allo scopo di stabilire una rete fluviale di comunicazioni. Ballivián cadde dal potere per la rivolta guidata dall'ex-presidente Josè Miguel de Velazco (1848-1849); questi pure fu spodestato dalla sollevazione diretta da Manuel Isidoro Belzú, che già aveva formato parte con Velazco ed Olañeta d'un triumvirato governativo e che si mantenne al potere sei anni. Sei anni di lotte continue: più di cinquanta ribellioni, persecuzioni e rappresaglie politiche in massa, sotto gli auspici della restaurata Costituzione del 1839, angherie d'una specie di comunismo brigantesco. Seguirono i governi del genero di Belzú, Jorge Córdova (1855-1857), dell'energumeno José María de Linares, emulo di Belzú, che fu dittatore assoluto, e di José María de Acha. Il governo di quest'ultimo, pur funestato da continue rivoluzioni nei primi tempi (1861-1864), fu tuttavia molto benefico alla nazione: vennero riorganizzati i servizî pubblici, si diede nuovo impulso all'industria mineraria ed all'agricoltura, ridotte a una misera situazione sotto gli antecessori, venne favorito il commercio con trattati internazionali; si pose anche momentaneo rimedio (1866) all'antico litigio fra la Bolivia e il Chile per il possesso del distretto limitrofo di Mejillones; uno dei più ricchi del litorale per i suoi giacimenti di salnitro e per i suoi depositi di guano. Ma anche Acha cadde per una rivoluzione, che impose la presidenza di Mariano Melgarejo; e si succedettero allora (1864-1871) una serie di avvenimenti poco favorevoli alla nazione. Un trattato gravoso concesse a imprese chilene il monopolio dello sfruttamento di tutta la provincia, allora boliviana, di Antofagasta, con i suoi ricchi giacimenti di salnitro, con i suoi soffioni boraciferi e con le sue miniere d'argento e rame. Lo stesso Melgareio promulgò nel 1868 una Costituzione che disautorò l'anno seguente, esercitando da quel momento il potere dittatoriale senza limiti.
Meglio andarono le cose sotto Agustín Morales (1871-72), che promosse la costruzione di ferrovie, organizzò territorialmente i distretti di Mamoré ed il Gran Chaco e lo sfruttamento delle magnifiche ricchezze naturali di quest'ultimo. Alla sua morte e dopo un governo di trapasso di Tomás Frias, fu eletto (1873) Adolfo Ballivián, figlio di José. Il medesimo anno della sua elezione, il Ballivián firma un'alleanza difensiva col Perù, che sarà origine del conflitto col Chile.
Il conflitto che si era venuto preparando da tempo, per la questione dei giacimenti di Antofagasta, fu ritardato dalla ratifica dei privilegi concessi nel 1866 alle imprese chilene di Antofagasta, ratifica compiuta dal Frias, nuovamente al potere, nel 1874; ma scoppiò durante la presidenza di Hilarión Daza (1876-1879). Questi era salito al potere in seguito ad una rivoluzione, ed era stato confermato dal congresso di La Paz che, pure, aveva promulgato la costituzione numero dieci delle numerose che sono state in vigore nella Bolivia (1877). Abusando delle sue prerogative quasi sovrane e sotto la pressione del Perù alleato, il Daza revocò i trattati chileno-boliviani del 1866 e del 1874, provocando il conflitto, noto col nome di guerra del Pacifico (il pretesto fu offerto dal rifiuto delle compagnie di salnitro di Atacama ad accettare le nuove tasse sullo sfruttamento). In pochi giorni di guerra il Chile occupò la provincia e s'impadronì del porto di Antofagasta (14 aprile 1879). Tardivamente la Bolivia, aiutata dall'esercito peruviano, accorse alla difesa del litorale del sud; gli eserciti alleati furono sconfitti tanto rapidamente che si videro costretti a chiedere l'armistizio al Chile. Questo lo concesse (1880) e ritenne in suo possesso Antofagasta, allegando come ragione che non faceva altro se non rivendicare antichi diritti, ai quali aveva rinunziato soltanto per trovare una base d'accordo per il trattato del 1866. L'armistizio venne poi ratificato nel 1884: il territorio e la città di Antofagasta passarono allora definitivamente al Chile.
Un altro grave problema si presenta per la prima volta nel 1879: quello dei confini fra la Bolivia e il Paraguay, per il possesso del Chaco Boreal, distretto di 300.000 kmq., di grande ricchezza agricola. Il Chaco Boreal aveva appartenuto, nel periodo coloniale, all'Audiencia di Charcas i cui limiti completi si conservarono nel territorio della repubblica di Bolivia. secondo l'uti possidetis juris, proclamato da Simone Bolívar nel 1810 per regolare le frontiere degli stati allora nascenti. Su questo precisamente si basava la tesi boliviana: la Bolivia, inoltre, invocava la necessità di ottenere una comunicazione diretta con l'Atlantico, giacché aveva perduto quella del Pacifico come conseguenza della guerra contro il Chile. Ma il Paraguay allegava che la giurisdizione dell'Audiencia di Charcas era meramente giudiziaria per quanto riguarda il Chaco Boreal; questo, invece, dipendeva dal vescovato e dall'intendenza del Paraguay, rispettivamente per le questioni ecclesiastiche e amministrative. Un primo trattato sul Chaco Boreal fu firmato nel 1887; il territorio fu diviso in tre parti, una per ciascuno dei due stati e una, quella centrale, sottoposta all'arbitrato del re del Belgio.
Nonostante simili traversie, la nazione boliviana continuò nel suo progressivo sviluppo, specialmente dalla presidenza di Narciso Campero (1880). Vennero stabilite le reti telegrafiche; vennero concessi privilegi per lo sfruttamento del Chaco Boreal, crediti e ricompense all'agricoltura; furono favorite e protette le industrie minerarie ed ebbero impulso le comunicazioni commerciali. Il Campero promulgò pure una nuova costituzione politica, che è quella ancora oggi vigente.
Il progresso si accelera sotto le presidenze di Aniceto Arce e di Mariano Baptista (che seguirono al successore del Campero, Gregorio Pando, 1884-88), durante le quali si costruirono molte importanti opere pubbliche, come la ferrovia strategica da Oruro al porto di Antofagasta, per mezzo della quale si svolge quasi tutto il commercio estero della Bolivia; sotto quella di Severo Fernández Alonso, autore di riforme nella Pubblica istruzione; del generale José Manuel Pandoche (1899-1904), il promotore della prima comunicazione ferroviaria col Perù. In questi primi anni del secolo XX, sorte discussioni riguardo all'applicazione del patto chileno-boliviano del 1884, si stipulò quello chiamato di pace e amicizia (20 ottobre 1904), che stabiliva i limiti nella regione disputata; in virtù di esso la Bolivia rinunziò definitivamente al dipartimento di Cobija con tutto il suo litorale da Punta Falsa al sud fino ad Antofagasta, nel cui porto, come pure in quelli di Arica e di Mollendo, ebbe tuttavia il diritto di stabilire dogane nazionali; e il Chile, invece, si impegnò a continuare la costruzione della parte boliviana della ferrovia da Arica a La Paz e garantí con il 5% del costo quella di altre reti. Fu una rinunzia ad ogni accesso al mare; essa tuttavia sembra non sia considerata come definitiva da parte della Bolivia, che ha portato innanzi alla Società delle Nazioni la questione e che si è astenuta dal partecipare alla quinta Conferenza Panamericana, celebrata a Santiago del Chile nel 1923.
Nel 1903 scoppiarono contese per il possesso della regione di Acre, sulla frontiera brasiliana. Già prima la Bolivia aveva organizzato la "delegazione nazionale del Nord-est" allo scopo appunto d'impedire ogni usurpazione brasiliana sui territorî di frontiera: ora si venne ad una piccola guerra, alla quale, però, si pose presto fine con un accordo: 70.000 miglia del distretto minerario furono cedute al Brasile, in cambio di un'indennità pecuniaria e di altri compensi territoriali. Ma anche questo problema pare ripresentarsi.
Ismael Montes (1904-09 e 1913-15) ed Eliodoro Villazón (1909-1913) hanno intensificato la costruzione delle ferrovie per incoraggiare lo sfruttamento delle miniere, della pastorizia e dell'agricoltura nazionali. Villazón, inoltre, ha seguito la politica liberale iniziata da Montes, istituendo, fra l'altro, il matrimonio civile; ed ha riorganizzato le finanze pubbliche istituendo anche la Banca della nazione boliviana. Durante la guerra, la Bolivia proclamò dapprima la sua neutralità; solo il 13 aprile 1917 essa ruppe le relazioni diplomatiche con la Germania.
A José Gutierrez Guerra (1917-20) successe Battista Saavedra, imposto dalla rivoluzione del 1920 e nominato dalla convenzione dell'anno seguente. Saavedra ha organizzato l'aviazione militare, ha fatto costruire strade e ferrovie di grande importanza come quella da Atocha a Villazón (che è la prima comunicazione con l'Argentina), ha contribuito al rifiorire di certe industrie, ha dotato la Bolivia di provvide leggi sociali. Nel maggio 1925 venne eletto José Galino Villanueva; ma l'elezione fu annullata nel settembre dal Congresso, e nel dicembre fu eletto il dottor Hernando Siles. Anche questi però, in seguito a un movimento insurrezionale, ha dovuto nel giugno 1930 lasciare la presidenza.
In questi ultimi anni è risorta la contesa con il Paraguay per il possesso del Gran Chaco. La questione dapprima avviata pacificamente, con l'accettazione dell'arbitrato d'una commissione, si acuì improvvisamente sulla fine del 1928. Nel dicembre, scoppiarono conflitti armati alla frontiera; i due stati mobilitarono e per un momento parve inevitabile la guerra. Il 17 e il 18 dicembre, però, il Paraguay prima e la Bolivia poi accettarono la mediazione della Conferenza internazionale degli stati americani a Washington.
Bibl.: V. Ballivián y Rojas, Archivo Colombiano, Collección de documentos..., relativos a... la época colonial, Parigi 1872; C. Matzenauer, Bolivia in histor. geogr. und kult. Hinsicht, Vienna 1897; J. M. Camacho, Historia de Bolivia, La Paz 1906; L. Paz, Historia general del Alto Perú, hoy Bolivia, Sucre 1919; A. Arguedas, Historia general de Bolivia, La Paz 1922; C. Pereyra, Historia de la América Española, Madrid 1925, VI; J. Sanjinés, Bolivia bajo las presidencias de Morales, Ballivián y Frias, La Paz 1898-1902; C. Walker Martinez, El Dictador José María Linares, Santiago de Chile 1900; Sabino Pinilla, La creación de Bolivia, Madrid s. a.; R. Sotomayor, Valdés, Bolivia bajo D. J. M. Acha, Santiago de Chile 1874; L. Arce, Iniciativa y comienzos de la guerra de la independencia Sud-Americana, Santiago de Chile 1908.
Letteratura.
Le condizioni storiche non hanno consentito alla Bolivia di conseguire una propria fisionomia letteraria. L'instabilità della vita politica e l'esiguità della popolazione d'origine europea, in confronto con quella indigena, non hanno favorito lo sviluppo spirituale e unitario della repubblica. Legata, durante l'epoca coloniale, al Perù e all'Argentina, ne ha accettato anche la supremazia culturale. Tuttavia non va dimenticato che nel sec. XVIII la capitale della B. (allora Alto Perù) vantava una delle migliori università dell'America Latina, educando uomini e formando ideali, che furono tra i primi a promuovere e vivificare l'età rivoluzionaria. Ma alla generosa azione dei suoi figli non corrispose un eguale fervore nel campo delle lettere. L'opera dei suoi scrittori si è ispirata a modelli stranieri, e anzi, il più delle volte, si è educata e prodotta fuori del proprio paese. Tuttavia non mancano scrittori essenzialmente boliviani, che rappresentano nelle loro opere costumi, tradizioni e colori locali, come il frate Antonio de La Calancha, che scriveva nel'600 la Corónica morali.cada del Orden de San Agustín en el Perú, e Bartolomé Marnínez y Vela, che componeva gli Anales de la Villa Imperial de Potosí (1545-1702), rifusi poi nella storia della stessa città, entrambi attenti a cogliere storie, leggende e superstizioni della loro terra, che saranno riprese e rielaborate più tardi dalla letteratura moderna.
Parecchi furono gli scrittori boliviani attratti nell'orbita del movimento romantico, ma soltanto pochi attinsero qualche motivo alla vita e al paesaggio della propria nazione, come Daniel Calvo (1832-1880), che ritrae gli aspetti della sua terra, e più recentemente Julio L. Jaimes descrittore efficace d'ambiente locale. In questo senso è profondo e fecondo il gusto per la novella, esemplata sulla traccia di elementi indigeni, sorta e via via maturatasi attraverso la produzione di Nataniel Aguirre, Alcides Argüedas, fino ai più giovani Chirvedes, Mendoza, Canelas, che sono riusciti a creare una letteratura originale e nazionale. A diffondere la conoscenza della propria regione, dal punto di vista storico, letterario e tradizionale, hanno contribuito soprattutto G. Bené M0reno, S. Vaca Guzmán e Abel Alarcón. Altri svolsero la loro attività in altri paesi, assimilandone le tendenze spirituali e culturali, come Vicente Pazos Kanki, vissuto nell'epoca rivoluzionaria, che divise la sua vita di giornalismo e d'esilio tra Buenos Aires e Londra; e - tra i romantici - B. José Bustamante (1821-1884), che trascorse molti anni in Europa, e Nestor Calindo (1830-1865), infelice nell'esilio e nella morte tragica. Tra questi lirici, educatisi alcuni alla scuola di Espronceda e Zorrilla e altri più vicini a Lamartine, Vigny, Hugo, primeggia Rosendo Villalobos, temperamento sentimentale e sognante, la cui opera si è diffusa per tutta l'America spagnola. Ma per trovare il maggior poeta della Bolivia, bisogna arrivare all'epoca nostra, fino alla figura di Ricardo Taimes Freire, uno dei migliori esponenti della scuola "modernista", legato al nome di Rubén Dario da vincoli di fraterna amicizia e di eccellenza artistica.
Bibl.: M. Menéndez y Pelayo, Historia de la poesía hispano-americana, II, Madrid 1913, cap. X, pp. 269-290; A. Alarcón, La literatura boliviana (1454-1916), in Revue Hispanique, XLI (1917), pp. 563-633; A. Coester, Historia literaria de la América española, trad. sp., Madrid 1929, pp. 308-311.