borghesia
La classe che ha guidato la modernizzazione economica
Il termine borghesia ha origini medievali. Fu infatti nell'Alto Medioevo che si iniziò a parlare di borghesi ‒ dalla parola latina burgensis, comparsa nell'11° secolo ‒ per indicare coloro che non abitavano nel castello del signore feudale e neppure nelle sue terre in campagna, ma nel borgo (burgus), piccolo centro abitato sorto fuori delle mura del castello. Qui i borghesi svolgevano liberi mestieri commerciali, manuali o intellettuali e andarono costituendo un ceto intermedio tra la nobiltà e il clero da un lato e i ceti popolari dall'altro.
Un ceto intermedio. La borghesia si è formata come ceto intermedio tra le masse dei lavoratori manuali, dei contadini e dei servi e la nobiltà e il clero, gruppi sociali chiusi costituiti in rigidi 'ordini', titolari di privilegi sanzionati dalla legge. Venivano considerati borghesi quanti nei centri urbani erano impegnati in attività produttive materiali o intellettuali: mercanti, bottegai, artigiani, maestri di bottega, negozianti, usurai, osti, scrivani, notai, avvocati, medici, artisti. In seguito alla forte ripresa della vita economica, delle relazioni commerciali, dell'economia monetaria e al consolidarsi degli apparati amministrativi degli Stati, tra il Basso Medioevo e gli inizi dell'Età moderna (13°-16° secolo) emersero componenti della borghesia formate da banchieri, imprenditori industriali, armatori, proprietari terrieri, tipografi, maestri di scuola, precettori, letterati, artisti, architetti, burocrati.
Alta, media e bassa borghesia. Tra il Cinquecento e il Settecento la borghesia per un verso conobbe uno sviluppo molto notevole, per l'altro vide accentuarsi le differenze di status al suo interno, per cui divenne sempre più necessario distinguere tra un'alta o grande borghesia, la quale in molti casi per costumi, prestigio e reddito si avvicinava alla nobiltà; una media borghesia, lontana da quest'ultima ma anche dalle classi popolari; una piccola borghesia, che all'estremo tendeva a confondersi con i membri più agiati degli strati inferiori. Un ruolo via via più importante andarono acquistando gli imprenditori impegnati nella direzione e gestione di fabbriche e imprese, che assunsero sovente notevoli dimensioni specialmente nei settori delle miniere, della metallurgia, dell'edilizia, della cantieristica, dell'industria tessile, della fabbricazione di armi, dell'industria tipografica.
Lo straordinario incremento delle attività produttive e dei commerci non soltanto tra gli Stati ma anche tra i continenti ‒ per effetto delle grandi scoperte geografiche ‒ comportò un peso crescente delle istituzioni volte al loro finanziamento, così da portare all'emergere di un robusto ceto di banchieri e di finanzieri. Il bisogno degli Stati moderni di estendere la loro capacità di direzione e di controllo della società provocò l'irrobustirsi degli strati della burocrazia alle dipendenze degli organi di governo.
I fattori dell'ascesa della borghesia. Nella storia del mondo occidentale tra la seconda metà del 18° secolo e i primi decenni del 19° si colloca un periodo contraddistinto da un'ininterrotta crescita dell'importanza economica, sociale, politica e culturale della borghesia, consolidatasi nell'Ottocento come la classe per molti importanti aspetti dominante. Nello stesso periodo la nobiltà andava riducendo il proprio peso e la propria influenza rispetto ai secoli precedenti e le classi inferiori mantenevano un ruolo subalterno, seppure la classe operaia (operai) conoscesse uno straordinario rafforzamento sia quantitativo sia organizzativo e politico in conseguenza della formazione dei sindacati e dei partiti socialisti. I due fattori essenziali alla radice dell'ascesa della borghesia moderna furono da un lato le lotte condotte contro l'assolutismo monarchico ‒ i cui maggiori capitoli iniziali sono da considerarsi sia il pieno affermarsi in Inghilterra del sistema liberale parlamentare nel corso del 18° secolo sia la Rivoluzione americana e la Rivoluzione francese ‒, dall'altro la posizione dominante della borghesia nel sistema industriale, divenuto nel 19° secolo il motore dell'economia capitalistica moderna. In questo quadro si ebbero quindi la progressiva espansione ‒ anche se minacciata in maniera ricorrente nell'Europa continentale dalle forze conservatrici e reazionarie e da quelle della sinistra rivoluzionaria ‒ dei regimi rappresentativi parlamentari, il consolidamento delle libertà politiche e civili, l'estensione del suffragio ai ceti borghesi, la partecipazione sempre maggiore e crescente per importanza della borghesia ai governi, un inarrestabile sviluppo del capitalismo.
La borghesia come classe dirigente. L'età della borghesia, i cui centri più solidi si trovavano negli Stati Uniti e in Inghilterra, fu dunque l'età del liberalismo e del capitalismo industriale e finanziario. In America, che non aveva conosciuto il potere della nobiltà, la borghesia costituì fin dagli inizi la classe dirigente per eccellenza; in Gran Bretagna, Francia e Italia la classe dirigente risultò da un amalgama tra aristocrazia e borghesia; in Germania e nell'impero asburgico rimase invece assai forte il peso della nobiltà agraria e della casta militare. L'unico grande paese d'Europa in cui la borghesia rimase quasi totalmente asfittica, senza energia, fu la Russia zarista.
Specie a partire dalla Prima guerra mondiale la borghesia industriale e finanziaria, composta da singoli capitalisti che dirigevano personalmente le loro imprese, vide diminuire a mano a mano il proprio ruolo prevalente nella vita economica. Lo Stato intervenne fortemente per dirigere l'economia di guerra, regolare le relazioni industriali, far fronte agli effetti sociali delle crisi economiche, creare attività produttive e servizi a proprietà pubblica. Inoltre, la gestione delle imprese private cadde in misura crescente nelle mani di dirigenti (manager), i quali sostituirono i proprietari nella gestione. La proprietà stessa si frazionò grandemente.
Negli ultimi decenni del Novecento i ceti medi si sono sempre più allargati in conseguenza della dilatazione delle funzioni produttive non manuali, mentre si è assai ridotto il peso non solo dei contadini ma anche degli operai. Così anche la borghesia ha perso quella fisionomia di strato sociale differenziato al suo interno, ma relativamente compatto, che la caratterizzava in precedenza.
In seguito al diffondersi della rivoluzione industriale e in relazione all'analisi del capitalismo svolta in particolare da Karl Marx, nell'Ottocento per borghesia si prese a intendere anzitutto la classe che deteneva la proprietà e il controllo dei mezzi di produzione e di distribuzione. In base ai diversi ruoli, si sono definite diverse borghesie: capitalistica, industriale, commerciale, finanziaria, intellettuale. A seconda, poi, del suo insediamento e all'ambito di riferimento del suo sistema di relazioni, si è parlato altresì di borghesia nazionale e di borghesia internazionale.
Analizzando il ruolo propulsivo, di spinta, svolto dalla borghesia nel processo di modernizzazione economica e sociale che ha avuto luogo nel mondo occidentale, studiosi come Max Weber e Werner Sombart hanno insistito ‒ in riferimento soprattutto alla prima fase di sviluppo della borghesia ‒ sulla formazione di uno specifico 'spirito borghese', contraddistinto da una concezione attiva della vita, incline all'innovazione, teso al risparmio e all'investimento dei capitali, improntato a un atteggiamento razionale nella conduzione degli affari, volto alla valorizzazione delle energie dell'individuo. Accanto a questo significato positivo, se ne è poi sviluppato anche uno spregiativo, secondo cui il borghese è il portatore di una mentalità caratterizzata dal conformismo, chiusa nella sfera del particolare, antieroica, sorda ai superiori interessi della collettività.
Nel linguaggio comune per borghese si intende anche, genericamente, colui che non è militare.