Brasile
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(VII, p. 700; App. I, p. 309; II, i, p. 444; III, i, p. 257; IV, i, p. 310; V, i, p. 422)
Geografia umana ed economica
di Elio Manzi
Popolazione, insediamenti, rete urbana
Il B., il più esteso e popoloso paese dell'America Meridionale, con un tasso di incremento annuo dell'1,4%, ha raggiunto nel 1998, secondo una stima, 165.851.000 ab.; secondo le previsioni dell'ONU, arriverà a 190 milioni di ab. nel 2010, e a 200 milioni verso il 2020. La densità media, 19 ab./km², è poco significativa per le forti differenze regionali: 72 ab./km² nel Sudeste, che incorpora le immense aree urbane di San Paolo e Rio de Janeiro, 29 ab./km² nel Nordeste, assai popoloso sul litorale ma molto meno all'interno, e meno di 3 ab./km² nel Norte, che comprende lo spazio amazzonico; tuttavia, la densità nel Norte, dal 1970 al 1997, si è triplicata, soprattutto per l'effetto della deforestazione e del conseguente insediamento negli Stati di Acre, dove la densità di popolazione è passata da 1 a 2,9 ab./km², di Rondônia (da 0,4 a 5,6) e di Pará (da 1,7 a 4,4); l'intero Norte ha incrementato la popolazione da 3.602.000 (1970) a 11.590.000 (1995), in larga misura per via dell'immigrazione. Il fenomeno dell'immigrazione urbana, inarrestabile negli ultimi due decenni del secolo, ha ingigantito le periferie suburbane precarie di molti grandi centri.
La popolazione tende ad accentrarsi sempre più, con esodo rurale e formazione di estese periferie urbane di baraccopoli. Infatti la popolazione considerata urbana, che ammontava al 61% nel 1975, ha raggiunto l'80% nel 1997, con una previsione del 90% per gli anni fra il 2002 e il 2025. La crescita urbana negli anni Ottanta e Novanta ha portato alla formazione di una regione megalopolitana litoranea, che include le due conurbazioni che fanno capo a Rio de Janeiro (10 milioni di ab.) e a San Paolo (16,4 milioni nel 1995, con un tasso di crescita urbana del 2% annuo) e si protende verso l'altopiano interno, dove i poli urbani di Belo Horizonte, Juiz de Fora e Riberão Prêto hanno conosciuto di recente una notevole crescita. All'interno di questa regione trainante del B., oltre ai poli maggiori, Rio e San Paolo, e alle grandissime città come Belo Horizonte (oltre 2,2 milioni di ab.) e Nova Iguaçu (1,5 milioni) poco distante da Rio, si trovano decine di città che contano da 100.000 a oltre 500.000 ab., piuttosto ben collegate da una rete di trasporti fitta anche se non sempre efficientissima. San Paolo seguita a svolgere il ruolo di principale polo economico, ma diversi centri urbani dell'altopiano, vecchi o di recente sviluppo, nel corso degli ultimi decenni hanno accresciuto e differenziato il loro potenziale industriale, mentre il terziario, anche avanzato e informatizzato, è presente con notevole numero di addetti e reti abbastanza efficienti appunto nella megalopoli del Centro-Sud.
Le realtà urbane presentano situazioni variegate, non assimilabili a un modello precostituito; se in alcuni casi i fenomeni di degrado e di inquinamento sono evidenti, specie nelle sterminate periferie povere la cui popolazione figura nelle statistiche soltanto per stime approssimate, in altri, come quello di Curitiba, si sviluppano sperimentazioni d'avanguardia, con pianificazione del trasporto urbano ed efficaci misure di tutela ambientale. Curitiba viene ricordata a livello internazionale come un esempio di recente sviluppo sostenibile urbano, partito da una situazione di forte compromissione ambientale e di sottosviluppo. Cresciuta, per via dell'immigrazione incontrollata dalle campagne che andavano meccanizzandosi, da 300.000 ab. nel 1950 a 2,3 milioni nel 1990, con ampie periferie, Curitiba ha attuato una severa pianificazione, con la trasformazione in zona pedonale di vaste aree del centro, e linee veloci di autobus dalla periferia al centro lungo itinerari preferenziali, collegati a molte linee-navetta, in modo che il 30% di coloro che in precedenza usavano l'automobile si servono del mezzo pubblico, e i livelli di inquinamento dell'aria sono perciò fra i più bassi del Brasile. Inoltre un aggiornato catasto urbano e il monitoraggio su ogni angolo del territorio comunale consentono interventi in tempo reale. Il problema dei rifiuti è stato affrontato coinvolgendo la popolazione in programmi di basso costo finanziario ma di grande impatto sostanziale, come la raccolta differenziata diffusa nelle abitazioni, e - nei quartieri più miseri - la vendita dei rifiuti in cambio di quaderni, biglietti d'autobus, razioni alimentari, assistenza controllata ai bambini e alle famiglie più disagiate.
Nell'affollata area metropolitana di San Paolo circolano circa 5 milioni di automobili; l'autorità regionale ha iniziato a costruire una rete di 300 km di piste ciclabili per dare impulso al trasporto alternativo. Città un tempo minori e periferiche - come Manaus sul Rio delle Amazzoni (1,3 milioni di ab.), capitale dello Stato di Amazonas, o Goiânia (1,1 milioni), capitale dello Stato di Goiás, nell'interno a qualche centinaio di km da Brasilia, o anche Belém (2 milioni) sulla Baia de Marajó, il ramo meridionale dell'estuario del Rio delle Amazzoni - sono cresciute più velocemente della media anche per l'immigrazione incontrollata. La stessa Brasilia, la capitale federale volutamente costruita sull'altopiano interno a significare la proiezione del B. verso i territori settentrionali, in opposizione all'antica fascia urbanizzata portuale costiera frutto del colonialismo europeo, fu pianificata negli anni Sessanta per una popolazione di 600.000÷700.000 abitanti, mentre ne conta oltre 1.800.000 (1995), perché anche attorno a essa si sono formati vasti quartieri poveri, dovuti soprattutto all'immigrazione dalle campagne e dai centri minori. La crescita delle grandi città del Nordeste, emblema del sottosviluppo del B. (come Recife, 1,3 milioni di ab., Fortaleza, 1,8, e Salvador, oltre 2), capitali storiche della prima colonizzazione e del maggior afflusso coatto nei secc. 17° e 18° dei neri d'Africa, è dovuta più alla forte natalità che all'immigrazione che, tuttavia, ingrossa anche qui vasti quartieri di baraccopoli e di favelas. Questi dati peccano per difetto rispetto alla realtà, non del tutto ufficialmente controllata.
Condizioni economiche
In B. convivono grandi opulenze e terribili miserie, povera agricoltura di sussistenza, specie nel Nordeste, e agricoltura di mercato su enormi superfici, industria avanzata e processi industriali più arretrati che sfruttano il costo modesto della forza lavoro. Lo sviluppo economico recente è stato talora ottenuto a scapito degli equilibri ambientali. Il PIL pro capite - di 4720 dollari - segnala per il B. una situazione migliore rispetto a molti altri Stati latino-americani, alla pari col Chile, ma meno buona di quella dell'Argentina. Si tratta comunque di una cifra molto più bassa rispetto alla media dell'America anglosassone e dell'Europa centro-occidentale, e questo dato rappresenta un bilanciamento fra la povertà di grandi masse rurali e suburbane e la ricchezza di ristrette alte gerarchie sociali e di una classe urbana media e medio-alta, abbastanza diffusa nella megalopoli litoranea e negli Stati meridionali di Paraná (con Curitiba) e di Rio Grande do Sul (con Pôrto Alegre).
L'incremento di alcuni prodotti, come la carne bovina, è dovuto anche ad allevamenti impiantati su grandi spazi deforestati nel Nord e nell'Ovest, che durano pochi anni, mentre la foresta espiantata non può rigenerarsi che in parte; la carne rifornisce anche le grandi catene di ristoranti economici nordamericani. L'allevamento bovino brasiliano è ormai, con 163 milioni di capi (1997), il maggiore non solo d'America, ma del mondo, se si esclude quello dell'India, che tuttavia ha caratteri particolari. Anche gli ovini e i suini (circa 18,5 milioni e oltre 36 milioni rispettivamente) sono numerosi; 1,7 milioni di bufali sono, in America, una peculiarità brasiliana.
La tradizionale capacità del B. di fornire prodotti agricoli tropicali e temperati a un tempo, data la vastità del territorio e quindi la varietà dei climi e dei suoli, nonché la relativa abbondanza d'acqua, ha conosciuto negli ultimi anni un impulso considerevole, per cui le oscillazioni dei prezzi internazionali di alcuni prodotti nel passato fondamentali, come il caffè (il B. resta il primo produttore del mondo di caffè e zucchero di canna, il secondo di banane, il quarto di cacao), non danneggiano il paese come un tempo, data la varietà della produzione agraria. Il B. ha inoltre raggiunto altre cospicue posizioni mondiali per prodotti diversi da quelli tropicali classici, come il mais, dopo USA e Cina, il riso (per il quale è il primo produttore americano e il decimo del mondo) o le arance (una gigantesca produzione di questi agrumi dà al B. il primato mondiale); la diffusione della coltura della soia ne fa il secondo produttore mondiale dopo gli USA. Tuttavia, la crescita demografica richiede importazioni considerevoli (per es. di frumento) nonostante l'abbondanza relativa e la diversificazione del prodotto interno.
Il crescente sfruttamento minerario, con un'ampia gamma di produzioni, viene attuato spesso nelle regioni del Centro e del Nord, con la costruzione di strade, l'abbattimento di altri lembi di foresta, la creazione di centri di servizio che, una volta esaurito il giacimento, non sempre diventano insediamenti stabili. Il potenziale idroelettrico è elevatissimo, per la presenza di cospicui fiumi (tra cui il maggiore del mondo), ma la costruzione di gigantesche dighe, specialmente nelle zone tropicali, comporta impatti ambientali imprevedibili.
L'estrazione petrolifera, in incremento (34,9 milioni di t nel 1995), avviene tradizionalmente negli Stati di Bahia e di Espirito Santo, ma si è estesa in Amazzonia, lungo la piattaforma continentale marina, e a sud nel Paraná. L'industria automobilistica è la maggiore dell'America Latina, e quasi pari a quella canadese, con 1.804.328 veicoli (di cui il 19,2% di mezzi industriali) nel 1996; l'etanolo, derivato dalla canna da zucchero, viene largamente usato come combustibile, ma questa produzione, pur meno inquinante, soffre della concorrenza del petrolio, sempre più abbondante e a prezzi concorrenziali sul mercato interno.
La rete di aeroporti brasiliani è fitta, non tanto per quelli intercontinentali o internazionali, siti nella megalopoli o in altre grandi aree urbane, ma per i tanti scali minori, fino alle piccole piste ricavate in radure appena deforestate; il traffico delle compagnie pubbliche e private, dei velivoli al servizio di imprese e soprattutto dei molti piccoli aerei privati permette di superare le grandi distanze del paese e consente rifornimenti anche in zone assai appartate.
Il Nordeste resta una delle regioni più povere del mondo, nel contesto complessivo di un paese non del tutto povero, dotato di notevoli risorse e con un apparato industriale non completo ma neanche debole. Una vera riforma agraria in B. non vi è mai stata e i latifondi con le terre migliori restano in mano a poche famiglie o a società nazionali e internazionali.
Problemi ambientali
Il B. possiede la maggior parte della foresta pluviale amazzonica, e quindi viene considerato dal resto del mondo come paese responsabile della sua conservazione o della sua totale distruzione, che comporterebbe gravi conseguenze sugli equilibri climatici e ambientali, inclusa la biodiversità. La gran massa di vegetali amazzonici mitiga inoltre l'effetto serra, liberando ossigeno in grandi quantità e assorbendo anidride carbonica; ma la scomposizione della grande regione forestale, almeno nelle fasce meridionali e orientali, in subregioni sempre più piccole determina la sua lenta trasformazione o il degrado irreversibile quando le subregioni stesse diventano troppo piccole e risultano nettamente separate. Infatti i venti si incuneano tra le masse vegetali, le temperature mutano, l'evaporazione non è più sufficiente ad alimentare la pioggia a regime costante.
L'osservazione delle immagini da satellite, gestita dagli Stati Uniti sia attraverso la NASA con il programma Landsat, sia in collaborazione con l'agenzia spaziale brasiliana INPE (Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais), consente di valutare la deforestazione amazzonica, nell'ambito del progetto pilota ONU-International Geosphere Biosphere Program sulla deforestazione e la ricrescita di vegetazione nell'Amazzonia brasiliana, nell'Africa equatoriale, nelle grandi isole dell'Insulindia e in Australia. Questo progetto è stato avviato negli anni Novanta ed è destinato a proseguire dopo il Duemila.
I dati ad alta risoluzione dei satelliti indicano che, in parte, la deforestazione è dovuta non tanto alla distruzione della foresta primaria per taglio o per incendio, quanto alla nuova distruzione in aree di ricrescita, in seguito all'abbandono dopo un primo taglio di spazi destinati all'agricoltura o all'allevamento; in parte, si tratta di aree dove la foresta pluviale originaria risulta degradata o assottigliata; questo fenomeno interessa dal 25 al 30% del totale dell'intera superficie forestale del B., che, secondo dati ONU-UNEP, copriva nel 1970 circa il 64% del territorio; nel 1990 era ridotta al 59% e nel 1996 al 57%; questa percentuale riguarda tuttavia l'intero B., cioè non solo la foresta del bacino amazzonico, ma anche foreste meridionali del bacino dei fiumi Paraná e Paraguay, o residue aree dell'altopiano e persino le poche foreste litoranee atlantiche, che tuttavia sono in gran parte protette in parchi. La vera foresta amazzonica primaria, secondo i rilevamenti satellitari, resiste per circa l'80%, mentre le maggiori aree marginali sono state in larga misura deforestate. Questo fenomeno si è diffuso a partire dagli anni Settanta, nello sforzo di sviluppare economicamente la frontiera tropicale brasiliana: i maggiori fattori di deforestazione sono stati l'espansione agricola, l'aumento considerevole dei piccoli coltivatori diretti, l'incremento del commercio e soprattutto la conversione della foresta in pascoli per l'allevamento.
L'insediamento nel B. settentrionale e i programmi governativi di espansione agricola nella foresta, negli anni Settanta e Ottanta, si basavano sul presupposto che il bacino amazzonico fosse una 'frontiera vuota', da sfruttare per stemperare le tensioni nelle aree meridionali sovrappopolate; anche gli interessi minerari oltre che quelli agricoli furono importanti stimoli alla colonizzazione. In effetti, recenti studi tendono a dimostrare che il fattore demografico, cioè il sovrappopolamento di parte del paese e la rapida crescita della popolazione, è soltanto una delle cause - indiretta - della deforestazione: il fenomeno è in realtà più complesso. La povertà diffusa tra larghi strati della popolazione, le politiche governative, gli incentivi fiscali e i lunghi periodi di altissima inflazione monetaria si sono combinati con fattori naturali mal interpretati o volutamente ignorati, come il rapido degrado del suolo dopo l'abbattimento della foresta, in una regione dalle piogge intense; il bestiame è stato per parecchi anni usato come investimento contro l'inflazione, più sicuro delle colture, data la richiesta dello stesso mercato brasiliano e di quello nord-americano.
Per ripagare il grande debito estero contratto per finanziare i programmi di sviluppo, il B. deve esportare soprattutto prodotti agricoli; gran parte dei finanziamenti è stata utilizzata per estendere le coltivazioni di soia, specie nello stato di Paraná, allo scopo di svincolare il paese dalle quotazioni molto variabili del caffè. Ma in questo modo a una coltivazione con grande impiego di manodopera, il caffè, si è sostituita una coltivazione a basso impiego di manodopera e meccanizzata, la soia; ciò ha accresciuto la disoccupazione e ha accentuato il fenomeno della migrazione verso la frontiera forestale del Norte. Non esiste un semplice rapporto tra l'aumento della densità di popolazione nelle aree della frontiera forestale e la distruzione della foresta pluviale, ma un rapporto complesso tra fattori demografici, finanziari, politici ed economici distanti, quasi 'globali', che operano mediante scale temporali e spaziali diverse. Negli anni Novanta il tasso di deforestazione è rallentato, se ci si basa sulle osservazioni da satellite; tuttavia il processo prosegue.
Un nuovo orientamento dei 'conservazionisti' e degli studiosi delle varie organizzazioni interessate, in gran parte non governative, consiste nei programmi di indagine e assistenza pilotata allo sviluppo delle popolazioni amazzoniche della foresta, che hanno vissuto per generazioni nella foresta stessa senza causare le distruzioni avvenute sulla frontiera. Al concetto di conservazione integrale, rivelatosi utopico, si sostituisce quello di uso regolato di parti della foresta, che d'altronde in parecchie aree risulta solo blandamente modificata dall'azione dei raccoglitori di gomma, dall'uso controllato del legname, dalla pesca praticata regolarmente per la vendita. Le popolazioni interessate non sono solo gli Indios rimasti, ma soprattutto i ben più numerosi Caboclos, cioè genti meticciate con gli Indios e discendenti anche da Portoghesi e Spagnoli. Lo sfruttamento dei prodotti della foresta avviene in modo predatorio in molte aree, ma l'uso sostenibile si è notato quando il tasso di riproduzione delle risorse è alto, e ciò avviene nella foresta meno degradata. Le grandi dighe idroelettriche di Itaipú (di proprietà anche del Paraguay) e di Tucuruí sul Tocantins nel Pará, al di là del valore economico, destano preoccupazioni ambientali per l'alterazione dei regimi fluviali.
Altri due problemi, meno noti di quello della distruzione della foresta, riguardano il deperimento delle mangrovie costiere e l'alterazione dell'ecosistema d'acqua dolce del Rio delle Amazzoni, nel quale vivrebbero circa tremila specie conosciute, e forse altre ancora non individuate; si tratta del massimo ecosistema d'acqua dolce del mondo, che fornisce agli oceani un quinto di tutta l'acqua dolce che ricevono dai fiumi. Per metà dell'anno, le foreste distanti fino a 20÷25 km dal fiume sono allagate per alcuni metri d'altezza: quest'ambiente particolare ospita pesci e piante in parte diversi dal resto della selva ed è fonte massima di biodiversità, indispensabile per la salute dell'intero ecosistema amazzonico. Nel terzo inferiore del Rio delle Amazzoni, la foresta sommersa rimane integra solo per un residuo 20%. Le mangrovie costiere contribuiscono alla biodiversità marina, proteggendo i litorali umidi e le barriere coralline dalla sedimentazione proveniente dai corsi d'acqua; il B. possiede circa 800.000 ha di foreste costiere di mangrovia, con problemi di conservazione in corrispondenza del gigantesco estuario del Rio delle Amazzoni.
Le autorità brasiliane ritengono che la comunità internazionale dovrebbe, attraverso la Banca mondiale, l'ONU e altri organismi, finanziare la salvezza della foresta con investimenti a fondo perduto di portata tale da consentire sviluppi economici in grado di migliorare consistentemente le condizioni medie della popolazione, fatto difficilissimo almeno in sostanziose proporzioni. Solo negli ultimi anni i finanziamenti della Banca mondiale sono stati finalizzati a scopi anche ambientali e si va facendo strada una maggiore consapevolezza della responsabilità del B. nei confronti del resto del pianeta, seppure condivisa da altri Stati che possiedono aree meno estese di foresta pluviale del bacino amazzonico, come Bolivia e Perù. L'isolamento e le grandi distanze di parecchie aree della frontiera del Norte e le condizioni di notevole povertà rurale, e talora urbana, del Nordeste rendono convenienti e auspicabili gli impianti elettrici a energia solare, per cui gli enti statali brasiliani dell'energia li diffondono con il concorso di programmi di assistenza degli Stati Uniti e della stessa Banca mondiale, che nei decenni trascorsi era stata criticata per aver finanziato altri programmi giudicati deleteri per l'ambiente; il programma America's 21th century prevede l'elettrificazione solare, o con sistemi misti, di oltre 500.000 abitazioni, a iniziare dagli Stati di Pernambuco e di Ceará.
Il problema della salvaguardia della biodiversità amazzonica interessa tutto il pianeta, e l'ONU se ne fa carico attraverso commissioni di studio e fondi di ricerca internazionali: è un grande problema per il futuro prossimo, insieme a quello apparentemente più vasto delle mutazioni climatiche. Gran parte delle piante conosciute, in forme primitive e originarie, esiste nella selva e ai suoi margini montani, al pari di moltissime altre specie vegetali poco note, o forse del tutto ignote, che possono contenere principi attivi di grande interesse per la medicina e la farmacologia, come si è riscontrato in diverse conferenze e convenzioni mondiali, promosse nel quadro dei programmi ONU-UNEP, come la Convenzione sulla diversità biologica del 1993.
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Politica economica e finanziaria
di Carlo Pietrobelli
Nel periodo 1991-98, il PIL brasiliano è cresciuto in media del 2,7% all'anno, un tasso di crescita sensibilmente più alto di quello registrato nel decennio 1981-90 (1,3%). Questo risultato ha consentito un aumento medio annuo del reddito pro capite dell'1,6% rispetto alla diminuzione dello 0,4% all'anno nel decennio precedente. Il tasso d'inflazione viceversa è aumentato notevolmente nel periodo 1990-93, per poi scendere a livelli fisiologici anche in conseguenza dell'applicazione del Plan real. Inoltre, per la prima volta nel 1995 le importazioni hanno superato le esportazioni, in conseguenza dell'apprezzamento reale del tasso di cambio e della riduzione delle tariffe d'importazione, soprattutto nei confronti dei paesi del MERCOSUL (Mercado Comun do Sul). Tra il 1997 e il 1998, il B. è stato colpito da gravi crisi finanziarie e valutarie che hanno almeno in parte pregiudicato i risultati conseguiti negli anni precedenti.
In questi anni, come in molti altri paesi, anche in B. l'economia ha dovuto affrontare un'esperienza di crescente integrazione regionale attraverso l'accordo con Argentina, Paraguay e Uruguay, che ha portato alla formazione del MERCOSUL. Nel novembre del 1991 i governanti dei quattro paesi della regione si riunirono ad Asunción per formalizzare la creazione di tale intesa, impegnandosi a diminuire gradualmente gli ostacoli, di natura tariffaria e non tariffaria, al commercio tra B., Argentina, Paraguay e Uruguay, e a fissare una tariffa comune esterna da applicare alle importazioni provenienti dai paesi terzi. Tale accordo si è rafforzato rapidamente, il commercio tra i quattro paesi è cresciuto a tassi molto elevati, e il MERCOSUL appare oggi come l'esperienza di integrazione regionale di maggior successo in America Latina, in quanto offre ai paesi membri nuove opportunità di sviluppo degli scambi e di collaborazione commerciale e produttiva.
La politica economica brasiliana è stata condizionata dall'esigenza di frenare il tasso d'inflazione mediante numerosi piani di aggiustamento strutturale. La logica che ha ispirato tali programmi di politica economica è stata di volta in volta diversa, e si è concretizzata in diverse misure. Il presidente F. Collor de Mello, eletto nel 1990, si trovò a dover fronteggiare, sin dall'inizio del suo mandato, un tasso d'inflazione salito rapidamente al livello del 90% mensile nel mese precedente la sua investitura, per via del tentativo degli operatori di anticipare e trasferire sui prezzi la futura politica anti-inflazionistica. Il piano di Collor de Mello fu inizialmente più duro dei precedenti: tutti i depositi bancari, fatta eccezione soltanto per quelli d'importo ridottissimo, vennero congelati, così come i salari e i prezzi, e il livello di attività economica ne risentì immediatamente. Tuttavia, in breve tempo parte delle restrizioni introdotte ai prezzi e ai salari vennero aggirate, le riforme strutturali promesse non si realizzarono e l'inflazione non rallentò, sostenuta dall'espansione dell'offerta di moneta. Nel giro di pochi mesi il Ministero delle Finanze passò dalle mani di Z. Cardoso a quelle di M. Marques Moreira, che introdusse misure volte a riportare i valori delle grandezze macroeconomiche fondamentali a livelli più in linea con uno sviluppo equilibrato. L'impeachment di Collor de Mello nel settembre del 1992, per abuso di finanziamenti privati durante la campagna presidenziale, mise fine ai suoi esperimenti di politica economica anti-inflazionistica.
Alla fine del 1992 il vicepresidente I. Franco assunse la presidenza e annunciò modifiche strutturali della politica economica, che non sarebbe più stata incentrata essenzialmente sulla restrizione monetaria, ma avrebbe puntato a una sostanziale riforma fiscale e alla modifica dei meccanismi d'indicizzazione salariale, diffusissimi in tutto il paese, e che rendevano ancora molto elevata la componente inerziale del tasso d'inflazione. Dopo quattro diversi ministri delle Finanze e con tassi d'inflazione ancora straordinariamente elevati (1149% nel 1992 e 2489% nel 1993), fu intrapresa una modifica radicale della politica economica in seguito alla nomina di F.H. Cardoso a ministro delle Finanze, nel giugno del 1993, e si diede l'avvio a quello che sarebbe divenuto il Plan real.
Un aspetto interessante e specifico della politica economica brasiliana dall'avvio del Plan real è stato rappresentato dalla notevole omogeneità del gruppo di economisti al potere, nonché dalla stabilità del disegno complessivo di politica economica perseguita. Gli economisti P. Arida, E. Bacha, A. Lara Resende, W. Fritsh, P. Malan, G. Franco, e numerosi altri che hanno rivestito cariche importanti in questi anni, provengono infatti dalla stessa scuola di economia della Pontificia università cattolica (PUC) di Rio de Janeiro e hanno condiviso una comune impostazione di fondo nell'affrontare i problemi della politica economica del paese. Alcuni di questi stessi economisti erano stati in precedenza i teorici del Plan cruzado del 1986, poi terminato rapidamente e senza successo. Il Plan real, inaugurato il 7 dicembre 1993, era costituito da tre componenti essenziali, che si sarebbero concretizzate in tre fasi successive.
La prima fase del piano rifletteva una particolare attenzione alla correzione del disavanzo fiscale, attraverso la riduzione della spesa pubblica e l'incremento delle entrate tributarie. Venne predisposto un bilancio dello Stato in pareggio per il 1994, che fu approvato dal Congresso. Il governo dichiarò espressamente che tale misura sarebbe stata essenziale e preliminare a qualsiasi altra riforma. Ciò avvenne attraverso una serie di disposizioni che accrebbe il controllo sulla spesa degli stati provinciali e dei municipi, mediante la creazione di un Fondo sociale di emergenza (FSE) presso lo Stato federale, al quale gli stati provinciali e i municipi contribuirono con il 15% del proprio bilancio.
Nella seconda fase del piano, avviata nel marzo del 1994, venne creata una nuova unità monetaria, la Unidade Real de Valor (URV), pur mantenendo in circolazione il vecchio cruzeiro. Prevalse allora un duplice sistema di prezzi: le variazioni di prezzo erano consentite in cruzeiros, mentre i contratti venivano determinati e gradualmente corretti in base all'URV, consentendo in tal modo il necessario riallineamento dei prezzi prima dell'introduzione della nuova moneta, e rendendo così evidente agli occhi dei cittadini quale fosse la perdita del potere d'acquisto legata all'inflazione.
La terza fase del piano si realizzò con l'introduzione di una nuova unità monetaria, il real, il 1° luglio 1994. Le autorità si attendevano una parità di uno a uno con il dollaro, ma di fatto il real si apprezzò rapidamente in termini reali, in seguito alla crescita dei prezzi interni con un tasso di cambio nominale fisso, sostenuto dalle ingenti riserve valutarie. Tale situazione venne aggravata dalla crisi, nel dicembre dello stesso anno, del peso messicano, che obbligò le autorità brasiliane a mantenere un tasso di cambio fisso più a lungo di quanto fosse stato previsto, al fine di conservare la credibilità delle proprie politiche.
L'insieme di queste politiche si è rivelato efficace nel contenere il tasso d'inflazione che, come rivelano i dati su base annua, cadde al 22% nel 1995 e al 2,6% circa nel 1998. Gli effetti del piano sull'inflazione sono stati poi fondamentali per determinare il risultato delle elezioni presidenziali dell'ottobre 1994. F.H. Cardoso e il suo Plan real ottennero un appoggio plebiscitario, conseguendo il 54,5% dei voti, massimo risultato in un'elezione presidenziale in B. dal 1945. La stabilità dei prezzi apparve allora per la prima volta un vero e proprio bene pubblico, capace di determinare i risultati elettorali. Come dimostrato anche dall'esperienza di altri paesi latino-americani in questi anni, il populismo economico non è apparso più in grado di determinare i risultati elettorali, ed è prevalso il sostegno a politiche realisticamente in grado di controllare l'inflazione.
Malgrado i successi conseguiti dal Plan real, si prospettavano al paese seri problemi. Anzitutto vi era il problema di conservare la credibilità della politica fiscale del governo. Il disavanzo fiscale era infatti aumentato negli ultimi anni e l'inflazione era rimasta sotto controllo grazie alla politica monetaria restrittiva e al tasso di cambio sostanzialmente fisso; ma gli alti tassi d'interesse reale avevano fortemente ridotto gli investimenti. In secondo luogo, nasceva il problema dell'inconsueto peggioramento dei conti con l'estero. Tale evoluzione è riconducibile ad almeno tre fattori nuovi per l'economia brasiliana: la rivalutazione nominale e reale del real; l'ulteriore diminuzione delle barriere tariffarie e non tariffarie previste dall'accordo del MERCOSUL; infine la forte crescita della domanda interna che, peraltro, ha contribuito a moderare l'effetto sul tasso di cambio del crescente afflusso di capitali dall'estero, sin dal 1994.
Infine, le riforme strutturali promesse dal governo Cardoso non erano ancora state realizzate, ed era necessario affrontare con maggior decisione il tema della distribuzione del reddito, ancora estremamente iniqua, e del ruolo dello Stato nell'economia che, per quanto ridotto, risultava ancora molto esteso.
I buoni risultati prodotti dal Plan real si riflettono anche sui dati annui relativi al 1996 e 1997. Seppure rallentando rispetto al biennio precedente, il PIL continuò a crescere e l'inflazione rallentò ulteriormente. Ma, nell'ottobre del 1997, il paese fu colpito da una crisi finanziaria e valutaria derivante dalla crisi asiatica. Le autorità risposero alla crisi e alle pressioni sul real con elevati tassi d'interesse, manovre fiscali e l'impegno ad accelerare il processo di riforme strutturali. Nell'agosto del 1998, questa volta sull'onda della crisi russa, il real fu nuovamente sottoposto a forti pressioni, costringendo le autorità a elevare i tassi d'interesse fino al 50% per frenare la fuoriuscita di capitali. Infine, all'inizio del 1999, una terza crisi valutaria ha investito il paese. In occasione di questa crisi, generata da fattori interni e in particolare dall'annuncio di moratoria del debito da parte dello stato di Minas Gerais, il governo ha deciso l'abbandono della politica di difesa del cambio del real, che è stato lasciato libero di fluttuare sul mercato, registrando un forte deprezzamento. Nel dicembre del 1998, il FMI ha approvato un prestito stand-by con il Brasile. In tale occasione, il B. riaffermava il proprio impegno a proseguire la manovra fiscale, anche se doveva registrare una battuta d'arresto per la mancata approvazione della proposta di aumento dei contributi sociali dei dipendenti pubblici da parte del Parlamento e per il verificarsi di ritardi nell'attuazione di altre misure fiscali. (V. Tab. 2)
bibliografia
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Storia
di Luisa Azzolini
La fine degli anni Ottanta era coincisa in B. con la crisi della coalizione governativa moderata, costituita dal Partido do Movimento Democrático Brasileiro (PMDB) e dal Partido da Frente Liberal (PFL), e guidata dal presidente della Repubblica J. Sarney. L'inflazione, drasticamente ridotta nel corso del 1986, era risalita fino a raggiungere il 700% nel 1988, la disoccupazione e il debito pubblico erano in crescita costante, mentre aumentava la conflittualità sociale. La nuova Costituzione, varata nell'ottobre 1988, aveva abolito la censura, concesso il diritto di voto ai sedicenni e fissato a cinque anni la durata del mandato presidenziale, ma non conteneva indicazioni circa la riforma agraria: il B. continuò ad avere una distribuzione della terra fra le più diseguali al mondo. La mancata riforma agraria, l'urbanizzazione massiccia di contadini senza terra, l'incremento della criminalità urbana continuarono a costituire il fulcro di una questione sociale cui la classe dirigente del B. degli anni Novanta non seppe far fronte con quella determinazione che, viceversa, dimostrò nel perseguire una politica economica severamente antinflazionistica (in linea con il resto del continente) e nel promuovere le relazioni regionali attraverso l'istituzione del MERCOSUL.
Alle presidenziali del novembre-dicembre 1989 si impose il conservatore F. Collor de Mello. Dopo aver condotto una campagna elettorale all'insegna della lotta alla corruzione e della privatizzazione delle imprese statali, il neopresidente varò una serie di riforme volte a liberalizzare l'economia e ristrutturare la pubblica amministrazione attraverso misure di austerità che colpivano essenzialmente il pubblico impiego e limitavano fortemente gli investimenti statali. Il mancato contenimento dell'inflazione, che ebbe una nuova impennata nel 1992, minò il consenso attorno a Collor de Mello, che nei primi mesi del 1992 non riuscì a far varare un nuovo programma di riforme economiche a causa dell'opposizione del Partido da Social Democracia Brasileira (PSDB), formazione di centrosinistra sorta nel 1988 da una scissione del PMDB. A ciò si aggiunsero accuse di corruzione relative ad alcuni esponenti governativi e a Collor de Mello stesso che fu infine costretto alle dimissioni nel dicembre 1992 e sostituito dal suo vicepresidente, I. Franco.
L'avvio del nuovo governo fu segnato da un ulteriore peggioramento dei problemi finanziari e politici: la frammentazione del sistema politico (solo temporaneamente arrestata dall'ampia coalizione che aveva costretto alle dimissioni Collor de Mello) bloccava ogni tentativo di riforma economica basata sulla revisione del sistema fiscale, mentre diminuivano drasticamente gli investimenti stranieri. Solo nei primi mesi del 1994 il nuovo ministro delle Finanze F.H. Cardoso (in carica dal maggio 1993) riuscì a introdurre una serie di misure economiche che comprendevano la ripresa vigorosa delle privatizzazioni, una nuova imposta sulle transazioni finanziarie, il blocco degli stipendi per un anno, e la creazione di un fondo speciale di emergenza destinato alle spese sociali finanziato attraverso il drenaggio parziale (15%) di risorse fino ad allora attribuite agli stati e alle singole amministrazioni. Nel marzo 1994 venne inoltre affiancata alla valuta corrente l'URV (Unidade Real de Valor) in parità con il dollaro statunitense, che preparò l'introduzione, nel luglio 1994, della nuova moneta, il real, sempre in parità con il dollaro.
Sospinto dal successo ottenuto nell'abbattimento dell'inflazione, Cardoso, candidatosi per il PSDB e sostenuto anche dal moderato PFL e dal riformista Partido Trabalhista Brasileiro (PTB), si aggiudicò al primo turno le presidenziali dell'ottobre 1994 con il 54,3% dei voti, contro il 27% ottenuto dal leader del Partido dos Trabalhadores (PT), I.L. da Silva, che dal canto suo era emerso come naturale aspirante alla presidenza della Repubblica in seguito alla catena di scandali che durante la presidenza di Franco aveva coinvolto numerosi esponenti dei partiti al governo.
Cardoso, sostenuto da figure di rilievo nel mondo dell'economia e visto con un certo favore anche dagli ambienti militari, era riuscito a ottenere l'appoggio di una parte dei ceti popolari grazie a un programma di riforme strutturali dell'economia brasiliana, che alle privatizzazioni e ai tagli della spesa pubblica affiancava l'aumento delle imposte e un'ulteriore diminuzione dei fondi destinati alle amministrazioni dei singoli stati per poter dare nuovo impulso allo sviluppo delle infrastrutture sociali. Inoltre, durante la campagna elettorale, aveva dato grande enfasi all'annosa questione della riforma agraria e alla necessità di raggiungere una più equa distribuzione della terra nelle aree rurali.
Tuttavia, la natura composita della coalizione al governo (della quale era entrato a far parte anche il PMDB) e il fatto che il Congresso fosse costituito per un terzo da rappresentanti dei grandi proprietari terrieri consentì a Cardoso una realizzazione solo parziale del proprio programma: il pubblico impiego, la sanità e l'istruzione subirono nuovi tagli, e nel giugno 1995 un emendamento costituzionale permise di includere nel programma di privatizzazioni (già esteso a telecomunicazioni e trasporti) il settore petrolifero, da oltre quarant'anni riservato al monopolio statale.
Viceversa rimase bloccato ogni tentativo di riforma fiscale e soprattutto di riforma agraria, la cui urgenza era eloquentemente testimoniata dall'esistenza di 23 milioni di contadini che continuavano a vivere al di sotto della soglia di povertà, mentre lo 0,83% dei proprietari terrieri era detentore del 43% delle terre coltivabili (dati riferiti al 1997).
Contemporaneamente, si ingrossavano le file del Movimento dei senza terra (Movimento dos Sem-Terra, MST), sorto nel 1985, che aveva fatto propria come strumento di lotta politica l'occupazione delle grandi fazendas e dei terreni incolti. Di fatto, negli anni Novanta il MST sembrò essere l'unica forma residua di opposizione a un governo di centrosinistra frenato nelle sue istanze riformiste dal PFL e d'altra parte vittorioso nella lotta all'inflazione. Gli scontri cruenti fra gli appartenenti al MST e le milizie private dei proprietari terrieri, spesso fiancheggiate dalla polizia, indussero Cardoso, dopo un ennesimo massacro di braccianti nell'aprile 1996, a creare un apposito Ministero per la Riforma agraria, dimostratosi tuttavia incapace di incidere in modo significativo sulla situazione: un anno dopo l'eccidio il MST organizzò, infatti, una marcia su Brasilia per protestare contro la mancata attuazione della riforma agraria, ricevendo anche l'appoggio dei ceti medi urbani.
In stretta relazione a quest'ordine di problemi continuò, per tutti gli anni Novanta, l'esodo delle popolazioni rurali dalle campagne e il conseguente massiccio e disordinato inurbamento, che contribuì all'aumento della criminalità e in particolare della delinquenza minorile, combattute dalla polizia con metodi spesso violentemente illegali.
Nell'ambito delle relazioni internazionali, nel maggio 1994 il B. aderì al trattato di Tlatelolco del 1967 sulla non proliferazione delle armi nucleari in America Latina e nei Caraibi.
In seguito al trattato di Asunción, siglato nel 1991, il 1° gennaio 1995 entrò in vigore il Mercado Comun do Sul (MERCOSUL) fra B., Argentina, Paraguay e Uruguay, allo scopo di garantire la libera circolazione dei beni e dei servizi, una comune politica commerciale verso paesi terzi e il coordinamento delle politiche macroeconomiche dei paesi membri. Nel giro di un biennio il MERCOSUL portò a un aumento spettacolare del volume degli scambi, ma provocò anche un consistente deficit commerciale del B. verso l'Argentina, causato dalla scarsa competitività dei prodotti brasiliani rispetto a quelli argentini e alla sopravvalutazione del real. Inoltre, la progressiva liberalizzazione del sistema economico rese necessari adeguamenti strutturali delle industrie brasiliane che comportarono, nel 1996, un aumento considerevole della disoccupazione. A fronte di tali difficoltà le organizzazioni sindacali brasiliane reagirono con manifestazioni di protesta e scioperi generali: senza contestare la natura del MERCOSUL in quanto istituzione puramente commerciale, i sindacati reclamavano un sollecito intervento del governo nella politica dei salari, nonché nel riconoscimento dei diritti dei lavoratori.
Tra indubbi successi nella lotta all'inflazione e impedimenti all'avvio di profonde riforme sociali, il presidente Cardoso, dopo la sconfitta subita dai partiti di governo nelle elezioni municipali dell'ottobre-novembre 1996, in cui si affermarono il PFL e soprattutto il Partido Progressista Brasileiro (PPB, di destra), riuscì, nel corso del 1997, a proseguire la sua opera di liberalizzazione del sistema economico e a far approvare in via definitiva al Congresso nel giugno 1997 una modifica alla Costituzione che rendeva rinnovabile il mandato presidenziale per un secondo termine. Ciò gli consentì di ricandidarsi alle elezioni dell'ottobre 1998, dopo un anno di parziali successi (la riuscita privatizzazione delle telecomunicazioni) inficiati, tuttavia, dalla crisi economica internazionale innescata dal crollo delle borse asiatiche e russa.
La fuga di capitali stranieri fra l'agosto e il settembre 1998 e il conseguente rialzo dei tassi di interesse avevano, infatti, rallentato fortemente la crescita economica, evidenziando gli squilibri strutturali del paese: una moneta sopravvalutata, un deficit pubblico difficilmente controllabile, disoccupazione crescente e, soprattutto, una distribuzione del reddito che continuava a far vivere nella miseria assoluta metà della popolazione. In queste difficili circostanze, il presidente uscente riuscì comunque a porsi come unico garante della stabilità politica ed economica di fronte al FMI, che condizionò la concessione di aiuti all'attuazione di una politica di austerità incentrata soprattutto sui tagli alla spesa pubblica, sulla riforma delle pensioni e sull'aumento delle tasse. E, sulla base di un programma elettorale incentrato su queste priorità, Cardoso venne riconfermato alla presidenza della Repubblica nelle elezioni dell'ottobre 1998 contro I.L. de Silva, leader del PT, mentre nel gennaio 1999 si formava un governo di coalizione guidato dal PFL.
bibliografia
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