caccia
Da una necessità a un divertimento a una minaccia per la natura
La caccia è stata per gran parte della storia dell'umanità uno dei modi più importanti di procurarsi il cibo e le risorse per sopravvivere. La sua importanza è andata diminuendo con l'affinarsi delle tecniche di agricoltura e di allevamento degli animali. Nel mondo attuale la caccia è praticata soprattutto per sport. Tuttavia vi sono alcune società che vivono tuttora di caccia e della raccolta di frutti e prodotti spontanei: sono dette società di cacciatori-raccoglitori
L'attività della caccia consiste nel cercare, inseguire, in certi casi catturare, e uccidere la selvaggina. C'è una differenza fondamentale tra la caccia praticata dagli esseri umani e la caccia o predazione da parte degli animali. Questi ultimi sono naturalmente dotati di un corpo adatto a cacciare le loro prede abituali; gli uomini, invece, hanno bisogno di strumenti come armi e mezzi di trasporto, e di un sapere ‒ per esempio la conoscenza dell'ambiente e delle abitudini della selvaggina ‒ che viene loro trasmesso dalla società in cui vivono. Per gli animali la predazione è un fatto naturale, per gli uomini è un'abilità appresa. Nel corso della storia gli esseri umani hanno imparato a cacciare una grandissima varietà di prede, in tutti gli ambienti in cui si sono trovati a vivere, dai ghiacciai dei Poli alle foreste equatoriali, alle savane, alle regioni semidesertiche.
Nella società moderna la caccia è praticata soprattutto per sport e per divertimento. In molte società del passato e presso alcune popolazioni di cosiddetti cacciatori-raccoglitori ancora esistenti, la caccia è stata, invece, uno dei modi più importanti di procurarsi il cibo. In queste società la caccia si trova spesso associata alla raccolta di vegetali e prodotti naturali ‒ come frutti selvatici, bacche, radici, miele, crostacei, molluschi ‒ e alla pesca.
La differenza tra caccia e pesca può sembrare ovvia: la caccia è uccisione di animali terrestri e la pesca di animali acquatici. Occorre però tenere presente che si parla di caccia anche per grandi animali acquatici come le balene o per animali che vivono tra acqua e terra, come i coccodrilli.
Scene di caccia, armi, animali selvatici sono spesso raffigurati nei dipinti rupestri ritrovati in grotte e su pareti rocciose di molte zone del mondo. In Europa due siti celebri in cui si trovano questi dipinti sono Lascaux in Francia e Altamira in Spagna: si tratta di due dei più antichi esempi di questa arte. Perché gli uomini primitivi dipingevano scene di caccia? La caccia, la pesca e la raccolta sono state, fino alla comparsa dell'agricoltura e dell'allevamento degli animali, le modalità fondamentali di acquisire il cibo e le risorse per sopravvivere. Le prede fornivano carne per cibarsi ma anche pelli e pellicce con cui confezionare vestiti, ossa, corna e zoccoli per produrre vari utensili e grasso come combustibile per illuminare le abitazioni.
Per cacciare, gli uomini hanno inventato nel tempo una grande varietà di tecniche, adatte agli ambienti e al tipo di prede cacciate. Si possono distinguere armi perforanti come le lance, le frecce, le cerbottane, i fucili; armi contundenti come semplici pietre, le clave o i boomerang degli aborigeni australiani. Trappole, reti, lacci, esche avvelenate sono invece esempi di insidie con cui catturare gli animali. Per l'individuazione e la cattura delle prede i cacciatori si sono serviti anche dell'aiuto di animali addomesticati, come i cani, i cavalli e i falchi.
Circa 10.000 anni fa gli esseri umani cominciarono, in varie parti del mondo (nella Mezzaluna fertile, tra Siria e Iraq, in Cina, Mesoamerica, America Settentrionale, Ande), a domesticare piante e animali, un evento molto importante per l'umanità, definito rivoluzione neolitica. In breve tempo, l'agricoltura e l'allevamento divennero le attività economiche più importanti. La caccia non scomparve ma divenne in gran parte delle società umane una pratica secondaria e complementare, capace cioè di fornire un'integrazione all'agricoltura e all'allevamento. Alcuni popoli, tuttavia, furono costretti o scelsero di continuare a praticare in maniera esclusiva la caccia, la pesca e la raccolta: si tratta dei cosiddetti cacciatori-raccoglitori contemporanei.
Si calcola che alla vigilia della scoperta dell'America (1492) essi rappresentassero circa l'1% della popolazione mondiale; oggi si sono ulteriormente ridotti: circa 40.000 individui su una popolazione di quasi 6,5 miliardi di persone. I !Kung San nel deserto del Kalahari (il segno ! indica un suono simile a uno schiocco), i Pigmei Bambuti e Twa della foresta equatoriale in Africa, alcuni gruppi di aborigeni in Australia, gli Eschimesi o Inuit del circolo polare artico, i Guayaki e altri gruppi della foresta amazzonica sono alcune delle società contemporanee di cacciatori-raccoglitori. La conoscenza di questi popoli è per noi di grande interesse: essi non devono essere intesi come sopravvivenze o relitti di un lontano passato e sono molto dissimili dai nostri lontani antenati che vivevano di caccia e raccolta. A differenza dei cacciatori-raccoglitori primitivi essi intrattengono da sempre rapporti di scambio con società che praticano l'agricoltura e l'allevamento; oggi le loro società fanno parte di Stati nazionali. Gli odierni cacciatori-raccoglitori hanno realizzato forme di adattamento all'ambiente e di organizzazione sociale che, per la loro diversità, possono farci riflettere su alcuni grandi problemi del mondo attuale quali il rapporto tra l'uomo e l'ambiente o la distribuzione diseguale della ricchezza.
Le moderne società di cacciatori-raccoglitori sono differenti l'una dall'altra, ma presentano alcune caratteristiche comuni. Essi vivono in genere in piccoli gruppi di trenta, quaranta persone detti bande, che si muovono sul territorio seguendo la selvaggina e la maturazione di frutti e radici. I rapporti di parentela sono molto importanti in queste società. I !Kung San africani del deserto del Kalahari (tra Namibia e Botswana), studiati dall'antropologo Richard Lee, vivono in bande che si spostano alla ricerca di noci mongongo e di piccoli mammiferi. Nella stagione secca essi concentrano i loro accampamenti presso le buche d'acqua, nella stagione delle piogge si disperdono sul territorio.
Come altre società di cacciatori-raccoglitori, i !Kung San sono una società egualitaria, in cui cioè non vi sono ricchi e poveri: il cibo viene distribuito tra i vari membri del gruppo, compresi coloro che non possono andare a caccia o in cerca di cibo vegetale. Il rapporto tra uomini e donne è paritario. L'apporto alla dieta della raccolta di vegetali, un compito femminile, è sicuramente maggiore di quello fornito dalla caccia, un'attività maschile. Tra i !Kung San non esistono capi dotati di grande potere, ma soltanto persone che per età e competenza (anziani, artigiani, cacciatori) sono rispettate e ascoltate. A differenza di quanto comunemente si pensa, i cacciatori-raccoglitori dedicano una parte poco rilevante della loro giornata a procurarsi di che vivere e dispongono di molto tempo libero per le relazioni sociali.
Uno dei problemi fondamentali della caccia è il mantenimento dell'equilibrio tra il numero degli animali uccisi e le capacità di riproduzione di questi ultimi. Per tale ragione, fin dall'antichità, i cacciatori si sono dati codici di comportamento e regole in modo da evitare di eliminare un numero eccessivo di animali. Tuttavia, in varie epoche, la caccia indiscriminata ha contribuito alla scomparsa di molte specie.
Con l'invenzione di armi potenti come i fucili o di tecniche molto efficaci nell'individuare le prede, come i sonar utilizzati nella caccia alle balene, il problema si è aggravato. I fucili dei bianchi portarono sull'orlo dell'estinzione i bufali e i piccioni americani che per millenni erano stati cacciati dalle popolazioni locali senza variazioni significative del loro numero. A partire dal 19° secolo la caccia è stata regolamentata e vietata in molte aree, quali riserve e parchi naturali; inoltre la caccia alle specie animali considerate a rischio di estinzione (si pensi alle tigri e ai rinoceronti) è stata proibita in gran parte del mondo.
Oggi molti sostengono che la caccia praticata come sport e divertimento costituisca una violenza immotivata e ingiustificata verso gli animali e che per questo andrebbe del tutto proibita.