Scrittore latino cristiano originario dell'Africa (n. 280-285 circa). Dotato di notevole vigore, V. utilizza, negli scritti teologici ed esegetici, la sua cultura retorica e filosofica nell'ambito di una elaborazione dei dati della fede (soprattutto impegnandosi nei problemi trinitari e cristologici) subendo fortemente l'influsso della tematica e della terminologia plotiniana.
Fu celebre maestro di retorica a Roma e per molti anni seguace della filosofia neoplatonica finché, verso il 355, si convertì al cristianesimo; nel 362 dovette abbandonare l'insegnamento a causa dell'editto di Giuliano l'Apostata che vietava l'insegnamento di eloquenza e letteratura ai maestri cristiani.
Come professore d'eloquenza V. scrisse numerose opere, prevalentemente di carattere scolastico, in gran parte perdute: tra l'altro vari libri di logica (perduti) tra cui traduzioni e commenti del Perì hermeneias e delle Categorie di Aristotele; una trad. dell'Isagoge di Porfirio; un'Ars grammatica, un Liber de definitionibus, le Explanationes in Ciceronis Rhetoricam (commento al De inventione) che ebbero larga fortuna: scritti poco prima della conversione, esse contengono digressioni su nozioni metafisiche (per es., substantia) e, discutendo dei tipi di argomentazione (probabile e necessaria) polemizzano contro dottrine cristiane (posto che argomento "necessario" è "si peperit, cum viro concubuit", così come "si natus est morietur", i "cristiani", dice V., negano questa "necessità": "apud eos manifestum ... esse sine viro natum et non mortuum"). Di grande importanza le traduzioni (perdute) del De regressu animae di Porfirio e di alcuni libri delle Enneadi di Plotino. Tra le opere scritte dopo la conversione ricordiamo tre trattati relativi alla controversia trinitaria (De generatione divina, i quattro libri dell'Adversus Arium, e il De homoousio recipiendo); tre inni alla Trinità, in prosa, tipo di catechismo anti-ariano; i commenti alle epistole di Paolo ai Galati, Filippesi, Efesini.