In genetica molecolare, chips a DNA (DNA-array o DNA-microarray), vetrini della grandezza dei coprioggetti sui quali vengono deposti campioni di cDNA o sintetizzati oligonucleotidi disposti in file ordinate. Permettendo di studiare l’espressione di molti geni contemporaneamente, costituiscono un’innovazione rivoluzionaria, così come lo sono stati i c. al silicio per l’industria dei computer. Nella metodica che utilizza i c. a DNA, microscopiche gocce di cDNA sono deposte da macchine automatiche su un supporto di vetro in posizioni specifiche dette indirizzi; il DNA viene poi essiccato e trattato in modo che si leghi al vetro. Per valutare la funzione dei singoli geni deposti, i c. vengono esposti a specifiche sonde marcate con coloranti fluorescenti e il legame delle molecole della sonda al c. viene saggiato automaticamente per mezzo di fasci di luce laser. In base al segnale luminoso emesso dalla sonda, è possibile evidenziare quali geni sono attivi. Con la tecnologia del caricare sul c. file di oligonucleotidi sintetizzati in loco, si ottiene lo scopo di definire l’insieme dei geni rilevanti per un processo, individuando con grande rapidità gli RNAm specificamente trascritti. Sui c. a DNA si possono sintetizzare ordinatamente oligonucleotidi che presentano tutti i possibili cambiamenti mutazionali della regione genetica che si vuole esaminare, oppure oligonucleotidi complementari a tutte le mutazioni conosciute di un gene umano e osservare l’espressione di questo.
Sottile lamina di semiconduttore in cui, con opportuni procedimenti, viene ricavato un dispositivo elettronico o un circuito integrato (➔).