Drammaturgo e poeta inglese (Canterbury 1564 - Deptford, presso Londra, 1593). Figlio d'un calzolaio, con una borsa di studio frequentò (dal 1581) l'univ. di Cambridge dove si laureò nel 1587, interessandosi alle questioni filosofiche e alle opere di Machiavelli, che circolavano clandestinamente. Durante gli ultimi due anni si assentò più volte e a lungo da Cambridge: sembra per segrete missioni governative che lo condussero anche all'estero. Forse in questo periodo prese contatto con la cerchia di scienziati e liberi pensatori che si raccoglievano intorno a Sir Walter Raleigh. Gliene derivò fama di ateo, ed essendo stati scoperti presso Th. Kyd documenti che sembravano comprovare l'accusa, M. dovette tenersi a disposizione della Camera Stellata. Trovò morte violenta in una locanda di Deptford durante una rissa: probabilmente solo un pretesto per mascherare i motivi politici della soppressione. A parte qualche opera perduta (tra cui una tragedia su Annibale contro Roma) e la giovanile tragedia Dido, Queene of Carthage, scritta quasi certamente durante il soggiorno a Cambridge, M. conobbe l'immediato successo quando, associatosi con la Admiral's Company di lord Ch. Howard, della quale faceva parte il più grande attore dell'epoca, Edward Alleyn, fece rappresentare (1587) le due parti del Tamburlaine the great. L'esaltazione dell'intelletto umano, tipica dell'umanesimo rinascimentale e alimentata dalle nuove dottrine scientifiche e cosmologiche che si andavano affermando, acuì in M. l'insofferenza per i limiti delle possibilità dell'uomo, indirizzandolo verso quel titanismo che caratterizza tutta la sua opera e che trovò la prima e sfolgorante personificazione nel conquistatore scita Tamerlano. Titanico in una malvagità disumana è anche Barabas in The Jew of Malta (1589), anche se nel suo satanico gusto del male per il male alcuni hanno voluto vedere un'intenzione parodistica. Mediocre riuscì la tragedia sulla notte di s. Bartolomeo, scritta fra il 1590 e il '92 col titolo The Massacre at Paris. Più equilibrata è l'opera successiva, Edward II (1592), in cui, cimentandosi col dramma storico, M. riuscì a farne una vera tragedia, sostituendo individuali passioni umane ai movimenti politici e distribuendole tra tutti i personaggi, invece di concentrarle nel solo protagonista, forse per effetto della cessata collaborazione con l'Admiral's Company e con Alleyn. L'altra opera che ci rimane, Doctor Faustus, composta, secondo alcuni, nel 1588, potrebbe invece essere l'ultima delle sue tragedie. Deriva dalla traduzione inglese d'un libro tedesco sulla storia di Faust (Francoforte, 1587) ed esprime ancora titanicamente le aspirazioni umane, non più come sete di dominio (Tamerlano) ma come sete di conoscenza e aspirazione alla bellezza (personificata in Elena). Pur guastata da interventi di altre mani, l'opera contiene alcuni dei momenti più alti della poesia di Marlowe. Echi di questa tragedia, diffusa dai comici inglesi nei loro giri continentali, rimasero nel teatro tedesco dei secc. 17° e 18°, per giungere infine a Goethe attraverso il teatro delle marionette. Temperamento assai più poetico che drammatico, M. fu, si può dire, il vero creatore del blank verse che prima di lui aveva balbettato sulla scena e che egli trasmise a Shakespeare trasformato in uno strumento sonoro e pieghevole (il "Marlowe's mighty line" di Ben Jonson). Le sue qualità più propriamente poetiche sono attestate dal poemetto Hero and Leander (integrato da G. Chapman e pubblicato nel 1598) e dalla bella, notissima lirica Come live with me and be my love, pubblicata in The passionate pilgrim (1599).