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cittadinanza

Dizionario di Storia (2010)
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cittadinanza


Condizione di appartenenza di un individuo a uno Stato (con relativi diritti e doveri). Nel diritto moderno, la c. investe la sfera giuridica sia pubblica sia privata: la prima, perché solo i cittadini sono titolari dei diritti politici e in generale dei diritti civili; la seconda, perché il possesso della c. è criterio decisivo per l’applicazione della legge nazionale ai rapporti giuridici della persona. La c. può essere originaria se l’acquisto di essa avviene per il fatto stesso della nascita, oppure derivata, se non si nasca cittadini, ma si diventi tali. La c. originaria può acquistarsi iure sanguinis, per il rapporto cioè di filiazione, e questo è il criterio prevalente negli Stati europei; oppure iure soli, per il fatto cioè di essere nato nel territorio dello Stato, criterio, questo, predominante negli Stati americani. La c. derivata può conseguirsi, a sua volta, per beneficio di legge, per naturalizzazione, per effetto cioè di uno specifico provvedimento governativo oppure per specifiche disposizioni dei trattati di pace. Nel mondo antico lo statuto di cittadino denotava il rapporto politico di un individuo con gli altri cittadini e le istituzioni della città. L’idea greca di c. era comunitaria: metteva in rilievo l’appartenenza alla collettività e la partecipazione individuale alle cariche politiche. Come afferma Aristotele, i cittadini partecipavano alla vita della città come governanti e come governati. La base della comunità politica era data dalla partecipazione alla vita religiosa della città, la base della comunità sociale dalla struttura della famiglia. Nell’impero romano la c. divenne un’istituzione sempre più astratta e formale. A mano a mano che l’impero si estendeva, fino a comprendere popolazioni diverse sparse su vasti territori, divenne sempre più difficile ingenerare nella comunità politica il senso di uno scopo condiviso da tutti, com’era stato possibile quando lo Stato si limitava alla città di Roma. Nel 212 d.C., con l’editto di Caracalla, la c. romana fu estesa a tutti gli abitanti liberi dell’impero. Dopo il crollo dell’impero romano d’Occidente in Europa il concetto di cittadino riemerse con la rinascita delle città nel basso Medioevo. La definizione in termini giuridici di ciò che garantiva la c. variava notevolmente da città a città. Nella maggior parte dei casi erano necessari il possesso di terra e la residenza nella città, e veniva fatta una distinzione tra cittadini, residenti e ospiti. Più tardi insieme agli Stati si svilupparono le distinzioni cetuali. La distinzione tra bourgeois e citoyen, introdotta da Bodin e condivisa da Rousseau e Diderot prima della Rivoluzione, poggiava sull’analisi della società in termini di ceti. La dichiarazione del 1789 dell’Assemblea francese, per unificare aristocrazia, clero e terzo stato in una «nazione» che desse diritti giuridici a tutti i citoyens, la rese irrilevante. Nei due secoli successivi i cittadini hanno ottenuto sempre maggiori diritti civili, politici e sociali e si è continuamente allargata la cerchia dei cittadini nel senso pieno del termine. La c. è diventata lo «status conferito a chi è pienamente membro di una comunità», anche se la crisi dello Stato nazionale rende oggi meno evidente la definizione di tale comunità.

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