crisi economiche
Come noi tutti, anche l'economia si può ammalare. Così come nella vita civile accadono di tanto in tanto crisi politiche o peggio ‒ guerre, tumulti, rivoluzioni ‒, così anche nella vita economica si verificano crisi. Non esiste, però, un solo tipo di crisi economica. Le crisi economiche possono avere diverse cause, richiedere diversi rimedi e possono prendere diverse forme: disoccupazione, aumenti disordinati di prezzi, crolli nel cambio della moneta e altro ancora. In ogni caso, il male non viene mai tutto per nuocere. Le crisi economiche sono molto spesso il modo in cui l'economia si libera di 'scorie e tossine' e si avvia al successivo passo dello sviluppo
Morbillo e varicella sono soprattutto malattie dell'infanzia. L'influenza può colpire a tutte le età. La gotta o l'artrite arrivano principalmente nell'età matura. E anche per le malattie dell'economia ‒ le crisi di cui parliamo ‒ esiste una simile classificazione.
Le crisi economiche sono numerose come le malattie del corpo umano. E non c'è da stupirsi: dato che l'economia è fatta da uomini, essa è la risultante di milioni di comportamenti e di atti della nostra vita quotidiana. Le crisi sono patologie del corpo sociale, invece che del corpo fisico. Questa analogia può essere apprezzata facilmente nel caso dell'indigestione. Sappiamo tutti quali sono le conseguenze di una indigestione. In economia c'è un fenomeno analogo: quando consumiamo, in un tempo limitato, grandi quantità di risorse ‒ automobili, vestiti, macchine utensili, ma anche ponti e strade ‒ il sistema economico non ce la fa a produrre tutte queste cose che vengono richieste (eccesso di domanda) e i prezzi aumentano (inflazione). Oppure, quando perdiamo l'appetito ‒ la voglia di spendere ‒ non immettiamo carburante nel nostro corpo ‒ il potere d'acquisto nell'economia ‒, e diventiamo deboli ‒ si crea disoccupazione.
Ci sono crisi, come quelle appena descritte, che si verificano spontaneamente, e altre dovute a errori della politica economica. Così come dare un purgante a chi ha un'ulcera nello stomaco aggrava il male, aumentare le tasse quando l'economia è debole la rende ancora più debole.
Gli esseri umani, quando si ammalano, qualche volta purtroppo muoiono. Ma quella malattia dell'economia che è la crisi fortunatamente non è mai letale. Dalle crisi economiche si esce sempre e la guarigione è assicurata, anche se può prendere molto tempo. Questo avviene perché la crisi economica, come la febbre, è sì un segnale che c'è qualcosa che non va, ma allo stesso tempo che c'è qualcosa che combatte quel che non va. La febbre ‒ aumento della temperatura corporea ‒ è una reazione spontanea dell'organismo che mira a uccidere i germi sensibili alla temperatura. Allo stesso modo la crisi ristabilisce le condizioni necessarie a un ordinato sviluppo.
Prendiamo il caso, sopra menzionato, dell'eccesso di domanda. Tale eccesso causa, abbiamo detto, aumenti di prezzo. Questi aumenti di prezzo scremano la domanda, perché non tutti si possono permettere di comprare a un prezzo maggiore, e quindi la domanda si riduce per riportarsi in linea con l'offerta (non è più in eccesso). Qualche volta la crisi finisce così come si era creata, con un eccesso di pessimismo che segue un eccesso di ottimismo.
Gli economisti sono giunti alla conclusione che i tipi classici di crisi ‒ quelli che si verificano al culmine dell'espansione (inflazione) e al punto più basso della recessione (disoccupazione) ‒ sono quasi una fase necessaria della vita economica, costituiscono il 'respiro profondo' del sistema produttivo, il modo in cui periodicamente il gran corpaccio dell'economia fa pulizia di germi e detriti.
Per capire questo punto importante bisogna ricordare che la crescita del sistema economico non procede mai in linea retta, come la crescita di un animale o di una pianta, o la crescita del nostro corpo. Dato che l'economia è fatta da essere umani, che non hanno solo un corpo ma anche mente, spirito, emozioni, la crescita dell'economia è segnata da momenti di crisi, esattamente come succede nella nostra vita, una vita segnata da periodi di entusiasmo e periodi di sconforto. Quando tutto va bene ‒ il boom ‒ si spende troppo e questo eccesso di spesa, oltre a causare gli aumenti di prezzo che abbiamo visto, causa anche un aumento delle importazioni e quindi costringe un paese a indebitarsi con l'estero per pagare le importazioni di cui ha bisogno. Questi squilibri e queste tensioni debbono rientrare per permettere all'economia di crescere senza inciampi. Tale rientro avviene attraverso una crisi nel senso opposto: l'economia smette di crescere e va in recessione, i prezzi si calmano e si riduce la domanda di importazioni. Ma questa crisi è appunto quello che ci vuole per permettere all'economia di ripartire col piede giusto.
Le crisi che abbiamo appena descritto sono quelle che si verificano al culmine e al fondo del ciclo economico, cioè dell'alternanza di boom e di recessione che segna l'andamento dell'economia. In questo senso sono crisi fisiologiche. Ci sono, però, anche quelle patologiche, causate da politiche sbagliate o da istituzioni che funzionano male.
Fra le crisi patologiche la più famosa è la crisi del 1929, che diede inizio alla Grande depressione. Questa crisi iniziò come una crisi fisiologica: un eccesso di entusiasmo e di fiducia nella crescita dell'economia americana che contagiò la Borsa portando le quotazioni a livelli assurdi. Quando la bolla scoppiò i pubblici poteri fecero vari errori: aumentarono le tasse, lasciarono fallire le banche e scoraggiarono le importazioni con i dazi, trasmettendo la crisi agli altri paesi.
Altre crisi da errori sono quelle che si verificano quando le istituzioni o la cultura di un paese sono tali da non permettere all'economia di mercato di funzionare bene. Per esempio, nella crisi asiatica del 1997-98 le economie di quel continente soffrirono perché l'ingerenza della politica nell'economia fece sì che le banche prestassero danaro a chi aveva le amicizie giuste. Nepotismo, clientelismo, corruzione, ricerca del prestigio nazionale, attraverso un gigantismo fine a sé stesso, impedirono alle banche di fare il loro mestiere: che è quello di selezionare i progetti a cui prestare soldi in base al loro valore.
Nel 1999-2000 nella Borsa americana, e anche in quelle europea e giapponese, si verificò uno strano fenomeno. Di solito nelle Borse (borsa valori) le aziende sono valutate secondo la loro capacità di fare utili. Più un'azienda è brava a fare profitti, maggiore sarà il prezzo delle sue azioni. Ma in quegli anni le azioni delle società che si erano lanciate a creare nuovi servizi offerti attraverso Internet raggiunsero livelli stratosferici, anche se non facevano profitti e, in alcuni casi, registravano solo perdite. La spiegazione, naturalmente, sta nel fatto che chi comprava quelle azioni era convinto che, sfruttando le grandi possibilità offerte da Internet, in futuro quelle aziende avrebbero fatto grandi profitti. Ma questa speranza non si realizzò e i prezzi delle azioni di quelle società alla fine crollarono miseramente.
Tutto questo non vuol dire che Internet non fosse una grande innovazione. Lo era e lo è, ma la storia insegna che anche le grandi innovazioni non portano grandi utili, perché la concorrenza livella i profitti, e i benefici dell'innovazione vanno a chi usa queste novità, e non necessariamente a chi produce questi nuovi servizi. Gli entusiasmi eccessivi sulle novità hanno prodotto alcune delle crisi più pittoresche della storia, dalla crisi dei tulipani all'inizio del Seicento alle crisi dei Mari del Sud e del Mississippi all'inizio del Settecento.