economia
Il comportamento delle famiglie, delle imprese e dello Stato nel mercato
Nella lingua italiana, a differenza di altre, la parola economia indica due concetti diversi: un insieme di attività e una scienza. Nel primo caso, infatti, consiste nell'insieme delle risorse di un'area e nelle attività svolte per utilizzare queste risorse. La scienza, invece, studia queste attività, il comportamento umano nell'utilizzazione delle risorse, come queste si scambiano, crescono, si distribuiscono, e cerca di definire le leggi che presiedono all'uso migliore di tali risorse. Da questo discende anche un altro significato di economia: "fare economia" indica l'uso attento del denaro, così come l'acquisto, per esempio, di un vestito è considerato dall'acquirente economico quando è poco caro
L'economia è in primo luogo l'insieme delle risorse che possono essere utili alla produzione: la terra, le materie prime (prodotti agricoli ed energetici, minerali e metalli), gli impianti e i macchinari industriali, il denaro di cui dispongono le persone, le imprese e lo Stato. Economia è anche l'attività diretta all'utilizzazione di queste risorse: la coltivazione e la raccolta, la produzione, la distribuzione, la vendita e il consumo (v. fig.). Come scienza ‒ gli studi economici ‒, invece, l'economia guarda al comportamento umano: acquistare beni, andare a lavorare, depositare in banca risparmi sono tipiche attività al centro dell'attenzione della ricerca economica. L'economia è una scienza particolarmente complessa in quanto il comportamento degli esseri umani dipende da molti fattori e muta nel corso del tempo. Per capire questo comportamento l'economia deve quindi chiedere aiuto alla psicologia e alla storia.
L'economia di un paese può essere rappresentata da un insieme di attività di scambio di beni, di servizi e di denaro e il mercato è il luogo in cui si realizzano tali scambi. Immaginiamo che siano presenti sul mercato le famiglie, le imprese e lo Stato. Questi tre operatori hanno numerose relazioni tra loro: gli adulti delle famiglie lavorano per le imprese e ricevono in cambio un salario, acquistano i beni e i servizi prodotti dalle imprese, pagano le tasse allo Stato e dallo stesso Stato ricevono denaro (pensiamo, per esempio, alla pensione versata ai membri più anziani delle famiglie). Le imprese producono e vendono beni e servizi, pagano il salario ai lavoratori delle famiglie, versano le tasse allo Stato e questo trasferisce loro quote di denaro (si pensi ai sussidi agli agricoltori).
Lo Stato percepisce le tasse pagate da famiglie e imprese e provvede a fornire i servizi pubblici (istruzione, sanità, strade). L'insieme di attività di scambio appena descritto viene definito sistema economico. Nella realtà gli operatori del mercato sono più numerosi (vi sono anche le banche, i paesi esteri, e così via) e le relazioni si moltiplicano. Inoltre, nella teoria economica il concetto di mercato ha ormai perso qualsiasi riferimento a un luogo geografico e il termine è utilizzato per indicare le relazioni e gli scambi tra operatori che possono essere distanti tra loro, purché siano collegati in modo adeguato. La compravendita di azioni, o dell'oro, per esempio, avviene attraverso terminali elettronici.
Le diverse attività economiche vengono suddivise in più settori, in relazione ai beni e ai servizi prodotti. Il settore primario comprende attività come l'agricoltura, l'allevamento, la pesca, la caccia e lo sfruttamento delle risorse forestali. Il settore secondario include l'industria (l'industria estrattiva, la produzione energetica, il settore manifatturiero e delle costruzioni) e l'artigianato: tutte le attività che trasformano le materie prime per produrre beni finiti o beni che dovranno subire ulteriori trasformazioni (i semilavorati). Il settore terziario si riferisce a tutte le attività che non producono beni, ma servizi: il commercio, i servizi bancari, le assicurazioni, i trasporti e le comunicazioni, il turismo, i servizi svolti dalla pubblica amministrazione e molti altri. Le attività più avanzate del terziario, quali l'informatica, le telecomunicazioni e la ricerca scientifica, sono talvolta definite come settore quaternario. Storicamente, la struttura economica dei paesi va modificandosi con il progressivo spostarsi dei lavoratori dal settore primario al secondario e successivamente al terziario.
L'economia politica è la scienza che mira a individuare le leggi che regolano il comportamento degli operatori del mercato e che formula teorie sull'andamento dell'economia nel suo complesso. L'economia politica si distingue in due branche. La microeconomia si rivolge all'analisi di ogni singolo operatore del mercato, tentando di dare una risposta a domande del tipo: come opera la singola impresa nel decidere quanto produrre e a quale prezzo vendere il bene o il servizio? Cosa sceglie di consumare una famiglia ? Per quale salario minimo è disposta a lavorare una persona? La macroeconomia invece analizza, in una visione generale, le cause che determinano, fra l'altro, la crescita di un'economia (insieme al ciclo, cioè agli alti e bassi della crescita), la disoccupazione, l'inflazione, il saldo del bilancio pubblico, il saldo della bilancia commerciale.
Già nell'antichità filosofi, storici e consiglieri dei re venivano chiamati a riportare osservazioni circa il comportamento economico. Abbiamo infatti ‒ principalmente dal mondo greco e romano ‒ diversi studi di tipo economico riguardo la schiavitù, la moneta, il commercio, i problemi della produzione agraria. Nel basso Medioevo anche i teologi e gli studiosi ecclesiastici si occuparono di argomenti di natura economica, non tanto con lo scopo di capire le leggi che governavano i mercati, quanto piuttosto per indirizzare le scelte economiche sulla base di considerazioni morali (per esempio, venivano condannati i prezzi troppo elevati o si diceva che l'interesse era peccato). A partire dal 16° secolo in materia di studi economici si affermano in Europa le idee mercantiliste: un paese, come un mercante, deve accumulare ricchezza, esportare piuttosto che importare e mantenere adeguate riserve in oro e metalli preziosi. Durante il secolo successivo le indicazioni dei mercantilisti portarono gradualmente numerosi paesi europei a imporre barriere al commercio in un regime di economia chiusa e a perseguire politiche di espansione coloniale.
È solo nel 18° secolo che la teoria economica comincia ad affermarsi come disciplina autonoma, distinta dalle analisi di carattere filosofico e dalle raccomandazioni di ordine morale. Nella seconda metà del Settecento, alcuni studiosi francesi, detti fisiocratici, elaborarono una teoria che si opponeva alle tesi del mercantilismo. Essi affermavano che la ricchezza di un paese dipendeva esclusivamente dalla vitalità del settore agricolo, mentre gli altri settori erano considerati non produttivi. Ma intanto in Inghilterra andava avviandosi la rivoluzione industriale: lo sviluppo del primo tessuto industriale moderno contribuì in economia all'affermarsi della scuola classica. Gli economisti classici tra la fine Settecento e la prima metà dell'Ottocento (tra i quali vanno ricordati Adam Smith, Thomas Robert Malthus, David Ricardo, Jean-Baptiste Say) partivano dal presupposto che il benessere economico di un paese viene raggiunto in modo naturale, grazie alla libera iniziativa delle persone. Il ruolo dello Stato veniva quindi ridimensionato. Fu inoltre introdotta la teoria del valore-lavoro, secondo la quale il prezzo di un bene dipende dalla quantità di lavoro necessario per produrlo (teoria ripresa da Marx per condannare lo sfruttamento dei lavoratori).
Nella seconda metà del 19° secolo si andò affermando l'indirizzo neoclassico o marginalista (grazie al contributo degli economisti Carl Menger, Irving Fisher, William Stanley Jevons, Alfred Marshall, Vincenzo Pareto, e così via). Con l'uso diffuso del metodo matematico per descrivere il comportamento del mercato, i marginalisti si opposero agli economisti classici sostenendo che il prezzo di un bene viene determinato in base all'incontro tra la domanda e l'offerta e non sulla base del lavoro necessario per produrlo. All'introduzione della teoria neoclassica seguirono decenni di fervide ricerche: si studiarono le nuove situazioni di mercato, si elaborarono teorie sull'impresa, si analizzarono in modo più approfondito i problemi monetari, si diffuse il ricorso a metodi matematici per rappresentare le teorie economiche.
Un ulteriore cambiamento di indirizzo nello sviluppo del pensiero economico fu portato dall'economista inglese Keynes che sostenne l'importanza dell'intervento dello Stato nell'economia per aumentare la domanda del mercato e assicurare la piena occupazione. Secondo Keynes, l'economia non si cura sempre da sola: è possibile che, se la gente ha per qualsivoglia ragione poca voglia di spendere e tiene i soldi sotto il materasso, questi soldi vengono sottratti al circuito del reddito e della spesa e fanno piombare l'economia in una recessione (crisi economiche). Keynes, che scriveva negli anni Trenta, nel periodo della Grande depressione, affermò che in quei casi è lo Stato che deve spendere per far uscire l'economia dalla crisi.
Gli studi economici successivi al secondo conflitto mondiale fino ai giorni nostri si occupano principalmente di temi quali lo sviluppo e il sottosviluppo, il progresso tecnologico, il ruolo dell'impresa nell'economia internazionale, le informazioni a disposizione degli operatori del mercato.
Se la teoria economica è capace di spiegare come opera il mercato, essa può essere utilizzata per capire meglio il presente e formulare previsioni per il futuro. Una teoria economica ben costruita può consentire di misurare gli effetti dei possibili interventi dello Stato sul sistema economico. Inoltre, può fornire suggerimenti allo Stato sul cosa fare e sul come fare: come definire gli obiettivi economici e come individuare gli strumenti idonei al loro raggiungimento; su questi elementi si fonda la politica economica di un paese.
Come si verifica in quali casi e in che misura è valida una teoria? L'economia applicata è la disciplina che si occupa di valutare, usando e manipolando i dati statistici (statistica), se le teorie economiche siano effettivamente rappresentative della realtà. Gli economisti moderni sono stati molto aiutati nel loro lavoro dallo sviluppo dell'informatica, che ha permesso di realizzare programmi in grado di elaborare grandi quantità di dati.
Nel funzionamento pratico di un'economia ha una grande importanza lo Stato, ma non tanto per i pur indispensabili servizi pubblici, quanto per il fatto che l'economia ha bisogno di lubrificanti, cioè di istituzioni che garantiscano la concorrenza e la libertà d'impresa (come, in Italia, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato) e ha bisogno di leggi che diano agli operatori economici un quadro di certezze, per quanto riguarda la vita dell'impresa e il mercato del lavoro.
Gli economisti utilizzano diversi indicatori per valutare l'economia di un paese. Particolare rilievo viene attribuito al Prodotto interno lordo (PIL), ossia il valore di tutta la produzione di beni e servizi. In base al PIL sono costruiti indicatori diversi. Il tasso di crescita del PIL, per esempio, indica di quanto è aumentata o diminuita la produzione in un determinato intervallo di tempo. I paesi che presentano una riduzione della produzione attraversano, si dice, una fase di recessione, mentre quelli caratterizzati da un incremento del PIL si dicono in espansione. Il PIL pro capite è pari al valore della produzione per persona e offre un'indicazione del livello di benessere o di povertà di un'economia. Mediante l'indice di PIL pro capite si individuano, tra l'altro, i paesi in via di sviluppo, ossia i paesi che hanno un valore della produzione per persona particolarmente basso.
Altri dati economici ritenuti rilevanti sono il tasso d'inflazione, che misura la crescita dei prezzi registrata in un dato periodo di tempo, e il tasso di disoccupazione, che indica quante persone sono in cerca di un lavoro rispetto alla forza lavoro del paese, ossia alla somma degli occupati e dei disoccupati. Inoltre, per valutare la salute dei conti pubblici, viene considerato il saldo del bilancio pubblico (finanza) che permette un confronto tra le entrate e le uscite dello Stato. Infine, per verificare i rapporti fra un paese e il resto del mondo, si utilizza il saldo della bilancia commerciale (commercio), grandezza pari alla differenza tra le esportazioni di prodotti e servizi verso l'estero e le importazioni.
Esistono due distinti metodi per elaborare una teoria, sia in economia sia in altre discipline. Con il metodo deduttivo, si fanno in partenza ipotesi per descrivere una situazione in modo semplificato. Per esempio, queste ipotesi si possono riferire al comportamento delle persone e delle imprese che acquistano e vendono beni e servizi sul mercato, al contesto in cui operano (per esempio, il clima, il livello di progresso tecnologico), al ruolo dello Stato. A partire da queste ipotesi, sulla base di un ragionamento logico, si deducono i comportamenti che dovrebbero tenere famiglie, imprese e Stato. Il metodo induttivo, invece, parte dall'osservazione dei comportamenti nella pratica e cerca poi di ricavarne generalizzazioni e formulare così una teoria.
I modelli economici non sono altro che le teorie sull'andamento dell'economia espresse sotto forma di formule matematiche. La diversità dei metodi, la complessità dell'analisi del comportamento umano, l'evoluzione continua dei sistemi economici hanno portato gli economisti a essere spesso in disaccordo nell'interpretare la situazione economica e nel proporre rimedi per far funzionare meglio le economie.
Ciclo economico: il succedersi nel tempo di fasi di crescita (espansione) e di riduzione (recessione) della produzione nell'economia di un paese.
Economia aperta: quella operante in una regione o in un paese che intrattiene intensi rapporti di scambio con altri Stati.
Economia chiusa: quella operante in una regione o in un paese che intrattiene limitati rapporti di scambio con altri Stati.
Economia di mercato: quella operante in una regione o in un paese in cui le imprese sono tutte private e l'attività di produzione e di scambio è lasciata alla libera iniziativa.
Economia mista: quella operante in una regione o in un paese in cui sono presenti imprese private e imprese pubbliche e lo Stato ha una presenza importante nell'apparato produttivo.
Economia pianificata: quella operante in una regione o in un paese in cui le imprese sono di proprietà dello Stato, il quale prende le decisioni relative alla produzione, agli investimenti e ai consumi.