telecomunicazioni, reti di
Dai cavi ai satelliti e ancora ai cavi
Le reti di telecomunicazioni sono strutture tecnologiche di grande complessità, che mettono in collegamento moltissimi utenti senza che vi siano, almeno virtualmente, limiti al numero di fruitori che si possono raggiungere. La prima rete moderna è stata quella telegrafica, che ha costituito il modello per la successiva rete telefonica, da cui poi si sono sviluppate le moderne reti telematiche e Internet
La capacità di inviare a distanza messaggi scritti, suoni e immagini ha costituito una delle grandi conquiste tecnologiche della modernità e uno dei fattori che hanno più profondamente cambiato il mondo negli ultimi due secoli, trasformando in modo irreversibile sia l’economia sia lo stile di vita di ognuno di noi. Le reti di telecomunicazioni sono l’infrastruttura tecnica che ha consentito tutto ciò. Esistono molti sistemi diversi per trasmettere a distanza informazioni, ma tutti hanno in comune il fatto di usare una struttura a rete, in cui cioè il segnale non ha un percorso obbligato da un punto a un altro, ma può essere diretto a diversi nodi. In questo senso, ogni rete di telecomunicazioni è definita da un mezzo fisico usato per trasmettere il segnale e da un sistema che permetta, a partire da un punto della rete, di entrare in collegamento con l’altro punto scelto come destinatario della comunicazione.
Pensiamo alla rete telefonica: la rete fisica di cavi e di apparecchi non servirebbe a nulla senza un sistema (in questo caso si chiama commutazione) che permette di raggiungere facilmente e rapidamente la persona con cui vogliamo parlare. Una delle caratteristiche fondamentali delle reti di telecomunicazioni è quella di potersi espandere senza limiti, fino a raggiungere ogni singola abitazione od ogni utente sul Pianeta.
La prima rete di telecomunicazioni, progenitrice di tutte le altre tuttora esistenti, è quella del telegrafo, che nacque nella prima metà del 19° secolo. All’inizio gli Stati Uniti e poi progressivamente anche l’Europa (in Italia la prima rete telegrafica fu realizzata nel 1852 in quello che allora si chiamava Regno delle Due Sicilie) vennero coperti dalle reti telegrafiche, costituite da cavi di rame fissati su pali e suddivise in stazioni telegrafiche intermedie dette relais. In ognuna di queste, operatori specializzati ricevevano i messaggi e, in base alla destinazione, li ribattevano, utilizzando il codice Morse, verso un’altra stazione, instradandoli progressivamente verso la destinazione finale. Le reti approntate dai singoli governi vennero interconnesse, fino a creare una rete telegrafica mondiale.
Inizialmente le reti telegrafiche coprivano solo la terraferma, e una volta giunti all’ufficio postale del porto i telegrammi venivano trascritti e trasportati via mare. Molto presto, però, iniziò l’impiego di cavi sottomarini per raggiungere anche le isole o per collegare i paesi divisi tra stretti bracci di mare: nel 1854 per esempio dall’Italia vennero raggiunte Corsica e Sardegna. Ma il passo decisivo fu l’installazione dei primi collegamenti transoceanici tra l’Europa e l’America. Nel 1858 venne posato il primo cavo tra Irlanda e Terranova (in Canada), che però funzionò soltanto per tre mesi. Nel 1866, finalmente, la società Atlantic Telegraph realizzò il collegamento che permise a Europa e America di comunicare per via telegrafica.
Di poco successiva all’invenzione del telegrafo è quella del telefono, il dispositivo che ha fatto nascere la seconda grande rete di telecomunicazioni del 19° secolo. Si tratta di una struttura più complessa rispetto a quella telegrafica perché più complesso e ‘pesante’ è il segnale elettrico da trasmettere: non un semplice impulso che va e viene, ma un’onda elettromagnetica modulata che deve arrivare a destinazione integra per essere ritrasformata nel suono originale.
Soprattutto, quella telefonica è stata la prima rete a raggiungere le singole abitazioni o gli uffici privati, e non solo gli uffici postali e telegrafici gestiti dallo Stato, come avveniva per il telegrafo. Ai suoi inizi, la rete telefonica si organizzava attorno a un centralino dove convergevano tutte le chiamate. Qui erano presenti operatori che ascoltavano la richiesta del chiamante e, usando un dispositivo manuale, lo mettevano in comunicazione con la persona con cui desiderava parlare. Nel 1910 fu inventato il primo sistema di commutazione automatica, che – senza bisogno di intervento umano – permetteva di chiamare direttamente la persona desiderata dal proprio telefono componendo un numero su un selettore a disco. Questo sistema fu dapprima impiegato solo per le chiamate locali, mentre per quelle a lunga distanza restava necessario chiedere la comunicazione al centralino. In Italia, solo nel 1970 venne estesa a tutto il territorio nazionale la teleselezione, cioè la possibilità di collegarsi automaticamente a ogni altro utente, eliminando così il centralino.
Finora abbiamo parlato di reti fisse, basate su cavi, e quindi in grado di raggiungere soltanto punti prestabiliti distribuiti sul territorio: case, uffici, uffici postali. Ma dalla fine del 19° secolo iniziano ad apparire anche reti mobili, che trasmettono onde elettromagnetiche da un punto all’altro.
Il primo vantaggio delle reti elettromagnetiche è di poter coprire grandi distanze con maggiore facilità rispetto ai cavi. Il secondo è di poter raggiungere anche ricevitori in movimento. La possibilità di inviare segnali telegrafici senza fili fu prima dimostrata da Heinrich Hertz nel 1888. Alcuni anni dopo, Guglielmo Marconi brevettò il primo sistema di telecomunicazioni senza fili. L’inventore e imprenditore italiano si assicurò rapidamente il monopolio della comunicazione marittima, il primo campo in cui le reti senza fili rivelarono tutta la loro utilità. Le trasmissioni dell’epoca usavano onde lunghe (a bassa frequenza) che richiedevano trasmettitori di bassa potenza, ma potevano trasmettere solo un numero molto limitato di informazioni. In pratica, era impossibile trasmettere qualcosa più delle linee e dei punti del segnale telegrafico. Inoltre le onde a bassa frequenza non permettevano di coprire grandi distanze. Ma a partire dagli anni Venti del 20° secolo, grazie allo sviluppo delle valvole termoioniche (elettronica), che permettevano di amplificare un segnale elettrico e ottenere potenze di trasmissione maggiori, diventò possibile utilizzare anche onde corte (ad alta frequenza) e ottenere comunicazioni più efficienti su distanze superiori.
La stessa tecnologia della trasmissione radio diede vita prima alle reti radiofoniche (radio) e poi a quelle televisive (televisione). Rispetto alle reti telefoniche e telegrafiche, la struttura – denominata in inglese broadcast, che significa più o meno «distribuzione diffusa» – è molto diversa: in queste reti c’è un solo soggetto che emette il segnale e tutti gli altri lo ricevono, senza poter a loro volta inviare informazioni. Si tratta quindi di una struttura molto diversa da quelle precedenti, legate alla telegrafia e alla telefonia, così come da quella delle successive reti informatiche, in cui ogni nodo della rete può essere contemporaneamente emittente e ricevente, e in cui non c’è un vero e proprio centro.
Dal punto di vista tecnico, le reti radiofoniche e televisive sono molto simili (cambiano le frequenze utilizzate – più elevate nel caso della televisione – e ovviamente il tipo di apparecchi ricevitori).
La stazione principale, dotata di una potente antenna emittente, invia il segnale nell’etere; questo viene captato da altre antenne in postazioni dette ripetitori, collocate di solito in punti particolarmente elevati, che amplificano nuovamente il segnale, nel frattempo indebolito dall’inevitabile dispersione, e poi lo riemettono. In questo modo, di ripetitore in ripetitore, il segnale giunge fino a casa nostra.
Le reti di telefonia cellulare appartengono in linea di principio alla famiglia delle reti wireless (parola inglese che significa «senza fili») inventate da Marconi, ma sono strutture molto complesse, che usano un miscuglio di tecnologie diverse per trasportare il segnale. Sono organizzate in celle (da cui il nome), ossia porzioni di territorio servite da stazioni radio a terra, che trasmettono su un certo numero di canali, diversi da quelli delle celle adiacenti per evitare interferenze. In questo modo ogni stazione radio ha bisogno soltanto di una bassa potenza, dovendo coprire una ristretta porzione di territorio.
Quando ci muoviamo, il nostro telefono cellulare scambia continuamente segnali con le stazioni a terra in modo da rilevare quella più vicina, e quando passiamo da una cella all’altra il telefono riceve automaticamente l’ordine di cambiare frequenza per comunicare con un’altra stazione.
Le reti di telecomunicazione sono state enormemente potenziate negli ultimi decenni dall’utilizzo di satelliti artificiali, che hanno permesso di coprire distanze altrimenti impensabili e di raggiungere ogni angolo del mondo. Il primo satellite per telecomunicazioni si chiamava Telstar e fu messo in orbita dalla società statunitense Bell Telephone nel 1962. Il suo scopo era sostituirsi ai cavi telefonici transatlantici, compito per cui le emissioni radio terrestri non erano adatte. Per molto tempo le telefonate internazionali via satellite furono gestite, quasi in regime di monopolio, da un’agenzia statunitense, la American international telecommunications satellite organization (intelsat, «Organizzazione internazionale per le telecomunicazioni satellitari»), che lanciò diversi satelliti tra gli anni Sessanta e Settanta. Ben presto, oltre che per la telefonia su grande distanza, i satelliti sono stati usati per una nuova tipologia di trasmissioni televisive, in grado di superare i confini nazionali. Anche le reti di telefonia cellulare, come il sistema gsm (Global system for mobile communications «Sistema globale per la comunicazione mobile»), utilizzano i satelliti per collegare tra loro utenti situati in paesi o continenti diversi.
L’ultima grande rivoluzione nel campo delle reti di telecomunicazioni è legata all’utilizzo dei cavi in fibra ottica, realizzati in fibra di vetro o di silicio, per far viaggiare impulsi luminosi. Questo sistema permette di raggiungere velocità di propagazione e larghezza di banda di trasmissione (che è proporzionale alla quantità di informazioni che è possibile trasmettere in un’unità di tempo) molto maggiori rispetto alla trasmissione radio o alla trasmissione di un segnale elettrico resa possibile dai cavi telefonici tradizionali. I cavi in fibra ottica hanno progressivamente sostituito quelli in rame nelle reti telefoniche, permettendo, insieme all’utilizzo del linguaggio digitale, lo sviluppo di nuovi servizi (dai più semplici, come la visualizzazione del numero del chiamante su un display, ai più complessi, come le videotelefonate) e soprattutto hanno fornito la necessaria infrastruttura tecnologica allo sviluppo di Internet. Senza la fibra ottica sarebbe impossibile raggiungere quelle velocità di trasmissione dei dati che ci permettono di visualizzare pagine web ricche di elementi grafici, di inviare via e-mail file anche molto grandi, di scaricare musica e video, o di vedere la televisione in diretta attraverso lo schermo del PC.
Le fibre ottiche hanno anche riportato l’interesse sui cavi sottomarini, in competizione con i sistemi di trasmissione radio per le telecomunicazioni su grandi distanze. I collegamenti via cavo hanno un tasso di errore molto più basso delle trasmissioni radio via satellite e non introducono ritardo tra emissione e ricezione del segnale. Nelle trasmissioni via satellite, invece, le onde, che pur viaggiano alla velocità della luce, devono coprire una distanza molto più grande di quelle che percorrono i cavi sottomarini e ciò provoca quel tipico ritardo che vediamo nei collegamenti televisivi, quando il conduttore in studio pone una domanda e l’ospite collegato via satellite inizia a rispondere qualche secondo dopo.
Tutte le reti di cui abbiamo trattato non si esauriscono nella loro infrastruttura fisica, cioè nei cavi o nelle stazioni di emissione e ricezione che compongono la rete, ma hanno bisogno anche di un sistema per la gestione globale e lo scambio dei dati. Non si fatica a credere che i software per la gestione delle reti di telecomunicazioni siano fra i prodotti informatici più complessi che esistono. Per esempio, quando effettuiamo da un treno una telefonata al cellulare, sui computer della nostra compagnia telefonica un software controlla costantemente la nostra posizione rispetto alle antenne circostanti per inviare automaticamente il segnale a quella più vicina; registra l’ora e la durata della chiamata per calcolarne il costo in base al nostro piano tariffario; soprattutto, suddivide continuamente lo spazio disponibile su quella banda di frequenza tra le molte comunicazioni telefoniche che si stanno svolgendo in quel momento nella cella, assegnando rapidissimi ‘turni’ a tutti gli utenti in modo che ognuno possa effettuare la propria conversazione.
Un importante cambiamento, avvenuto alla fine del 20° secolo, è stato la liberalizzazione delle grandi reti di telecomunicazioni. Per il grande impegno finanziario che richiedono in fase di creazione e gestione, queste strutture erano, fino a pochi decenni fa, un classico esempio di ciò che in economia si chiama ‘monopolio naturale’: un settore economico in cui, una volta che un’impresa è sul mercato, è difficilissima l’entrata per altri soggetti concorrenti. Per questo, negli Stati Uniti la telefonia veniva gestita sì da un’azienda privata, la AT&T (American telephone and telegraph company «Società americana dei telefoni e dei telegrafi»), ma in condizioni di monopolio pressoché assoluto.
Nella maggior parte dei paesi europei, d’altronde, le reti di telecomunicazioni venivano gestite direttamente dagli Stati attraverso società controllate, come per esempio in Italia la Telecom.
In linea di principio questo però è uno svantaggio per l’utente, che non ha alcuno strumento per costringere chi gestisce il servizio a praticare il prezzo più basso possibile, in quanto non può scegliere tra più fornitori in concorrenza tra loro.
Prima negli Stati Uniti e poi in Europa, il mercato delle telecomunicazioni è stato liberalizzato. Oltreoceano ciò è avvenuto a seguito di un procedimento legale, intentato nel 1981dal governo degli Stati Uniti contro la AT&T, accusata di sfruttare la propria posizione dominante e di non fare gli interessi dei consumatori. Il processo si è concluso l’anno successivo con una sentenza che impose di suddividere il colosso AT&T in compagnie locali indipendenti, lasciando alla libera concorrenza le comunicazioni su grande distanza.
In Europa, Italia compresa, il processo di liberalizzazione è iniziato negli anni Novanta del 20° secolo. Le compagnie pubbliche, come Telecom Italia, sono rimaste integre, ma il mercato si è aperto ai privati. Per garantire parità di accesso al mercato è stato imposto a Telecom di permettere l’uso delle sue infrastrutture alle società concorrenti, che possono quindi adoperare fisicamente le sue reti per fornire servizi ai propri utenti.
Reti di telecomunicazioni decisamente particolari, adoperate per un breve periodo ma in un certo senso progenitrici delle moderne reti informatiche, furono le reti di posta pneumatica, costruite in molte città americane ed europee tra la fine del 19° secolo e l’inizio del 20°. Si trattava di reti formate da tubature sotterranee, simili a quelle dell’acqua o del gas. All’interno delle tubature veniva pompata, con appositi motori, aria compressa, che serviva
a spostare bussolotti contenenti la corrispondenza, che quindi viaggiava da un capo all’altro della città in pochi secondi.
La posta pneumatica fu molto utilizzata per sveltire i tempi di consegna della posta, e all’inizio del 20° secolo si pensava che questo sistema si sarebbe sviluppato fino a raggiungere le singole abitazioni, eliminando del tutto la necessità dei postini. Ma gli alti costi della manutenzione degli impianti e la nascita di tecnologie più economiche come le telescriventi e poi il fax hanno portato ovunque all’abbandono di questo sistema, oggi praticamente usato solo nei grandi magazzini per l’invio dei soldi dalle casse al centro operativo.