Estinzione del rapporto di lavoro a causa del recesso da parte del soggetto prestatore dell’attività lavorativa. Dal punto di vista giuridico, le dimissioni si configurano come un atto unilaterale non recettizio. Il lavoratore ha la facoltà di recedere liberamente e in qualsiasi momento dal rapporto di lavoro, purché rispetti i termini di preavviso contrattualmente stabiliti, salvo che ricorra una giusta causa, ossia si realizzi un comportamento del datore di lavoro che non permetta la prosecuzione, neanche temporanea, del rapporto. Il mancato rispetto di detti termini giustifica il diritto del datore di lavoro a trattenere al lavoratore una somma pari alla retribuzione relativa al periodo di preavviso, previsto nell’ambito della contrattazione collettiva. La comunicazione delle dimissioni può avvenire sia oralmente sia per iscritto, salvo che quest’ultima forma venga prevista, a pena di invalidità, nel contratto individuale o in quelli collettivi. Le dimissioni sono efficaci, e sviluppano i propri effetti dal momento della ricezione delle stesse da parte del datore di lavoro, indipendentemente dall’accettazione prestata dal ricevente. Al lavoratore è concesso di revocare le dimissioni già comunicate, purché il relativo atto di revoca sia reso conoscibile al datore di lavoro prima della conoscenza dell’atto di dimissioni. L’onere della prova di detta conoscibilità viene posto in capo al lavoratore dimissionario. Le dimissioni possono essere annullate in presenza di incapacità di intendere o volere del lavoratore, di malafede del datore di lavoro da cui derivi un grave disagio per il lavoratore (art. 428 c.c.) e in caso di violenza morale. Le dimissioni vengono regolate da norme di carattere particolare quando a darle sia la lavoratrice madre (o lavoratore padre) o in procinto di matrimonio.
Contratti collettivi di lavoro