Ateniese del 1º sec., che s. Paolo (Atti 17, 34) converte con il discorso all'Areopago; identificato, dal 9º sec., con Dionigi di Parigi. n Sotto il nome di D. l'Areopagita (la prima attribuzione in questo senso è in Severo di Antiochia, nel secondo decennio del 6º secolo) vanno degli scritti composti da un non identificato autore (detto oggi Pseudo-D.) tra la fine del 5º e la prima metà del 6º sec.; sono, oltre a dieci lettere, quattro trattati: De divinis nominibus, De mystica theologia (le due opere fondamentali di più schietta ispirazione neoplatonica, dipendenti soprattutto da Proclo), De coelesti hierarchia (ove hierarchia indica l'ordine degli angeli determinato dal grado di assimilazione a Dio o deificazione) e De ecclesiastica hierarchia (l'ordine sacro della Chiesa corrispondente all'ordine angelico). L'opera di D. rappresenta nel suo complesso la confluenza di motivi neoplatonici nel corpo della teologia cristiana, sì da esaltarne il carattere mistico-speculativo: D. fa propria la teoria plotiniana di Dio che, per la sua infinità, è al di sopra dell'essere e di ogni realtà comprensibile nelle categorie della ragione discorsiva.