Abstract
La voce mira ad analizzare il fenomeno della cd. “europeizzazione” del diritto internazionale privato e processuale seguita all’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, con il quale la Comunità europea (oggi Unione europea) ha acquisito competenza normativa diretta nel campo della cooperazione giudiziaria in materia civile. Lo scritto intende offrire una panoramica generale sulle caratteristiche principali della materia, nonché descrivere, in modo trasversale, le tendenze di sviluppo della disciplina internazionalprivatistica uniforme.
L’espressione “diritto internazionale privato e processuale dell’Unione europea” designa l’insieme delle norme di diritto dell’Unione europea (UE) volte a disciplinare situazioni e rapporti giuridici di carattere privatistico che presentano un elemento di estraneità, ossia un collegamento con due o più ordinamenti giuridici. Esse mirano, in particolare, a regolare le questioni classiche del diritto internazionale privato relative al coordinamento tra giurisdizioni: ossia, l’individuazione del giudice competente, i.e. il riparto del potere di jus dicere tra le autorità giurisdizionali degli Stati membri; la determinazione della legge applicabile tramite l’applicazione di norme di conflitto uniformi; l’efficacia delle decisioni giudiziarie nel contesto europeo; nonché, infine, i rapporti tra le autorità amministrative degli Stati membri nelle diverse materie interessate.
La natura transfrontaliera rilevante ai fini della delimitazione del campo di applicazione degli strumenti di diritto internazionale privato europeo concerne, in via di principio, le situazioni intra-comunitarie, ossia le fattispecie collegate con due o più Stati membri. Le norme uniformi risultano, tuttavia, applicabili anche a situazioni collegate con uno Stato terzo (situazioni extra-comunitarie). Questa portata più ampia non traspare direttamente dal tenore letterale delle norme uniformi, ove, generalmente, viene fatto riferimento ad una situazione genericamente transnazionale (es. art. 1, reg. Roma I; art. 1, reg. Roma III) o, al contrario, l’elemento di estraneità viene implicitamente presupposto (es. art. 1, reg. Bruxelles II-bis o art. 1, reg. (UE) n. 650/2012) o non specificato (v. nozione di “procedura di insolvenza con implicazioni transfrontaliere” del reg. (CE) n. 1346/2000 e allegato A del reg. (UE) n. 2015/848). Una tale estensione deriva, in primo luogo, dalla giurisprudenza interpretativa della Corte di giustizia dell’UE. Quest’ultima, in particolare, con riguardo alla materia civile e commerciale, ha chiarito come l’applicabilità dei criteri di giurisdizione della Conv. di Bruxelles del 27.9.1968 non implica il coinvolgimento di più Stati contraenti (C. giust., 1.3.2005, C-281/02, Owusu). In secondo luogo, elementi a favore di una lettura non puramente intracomunitaria dell’elemento transnazionale, discendono, indirettamente, in tema di legge applicabile, dal tenore di talune norme di conflitto uniformi, ove è ammessa la possibilità per le parti del rapporto giuridico in questione di scegliere un diritto straniero come legge regolatrice di una fattispecie puramente interna ad uno Stato o all’UE (es. art. 3, parr. 3 e 4, reg. Roma I), con il limite del rispetto delle norme imperative rilevanti altrimenti applicabili (nazionali o europee). In tali circostanze il pactum de lege utenda (che può essere effettuato anche in favore della legge di uno Stato terzo, v. infra § 6) costituisce un elemento sufficiente a rendere applicabili le norme di conflitto europee in luogo di quelle altrimenti operanti nell’ordinamento del foro. La stessa conclusione non può desumersi, tuttavia, rispetto al reg. (UE) n. 1259/2010 (Roma III), ove l’art. 5 (optio legis) lascia intendere come quest’ultimo possa applicarsi soltanto alle situazioni di crisi matrimoniale che presentino un elemento di estraneità di natura soggettiva, non potendo consistere, quest’ultimo, nella circostanza che le parti scelgano una legge straniera diversa da quella dello Stato ove si collocano tutti gli altri elementi della fattispecie. Analogo ragionamento può essere svolto, quanto alla legge applicabile, rispetto ad altri regolamenti (es. reg. (UE) n. 650/2012).
L’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (1.5.1999) ha segnato l’avvio del processo di cd. “comunitarizzazione” del diritto internazionale privato e processuale. Fino ad allora il diritto internazionale privato degli Stati membri aveva natura essenzialmente “binaria”, oscillando tra la sovranità statale (norme domestiche) e la collaborazione internazionale (accordi internazionali, bilaterali e multilaterali). Per molti anni, in ambito europeo, l’armonizzazione giuridica in tema di diritto internazionale privato è stata realizzata in modo settoriale nel contesto delle obbligazioni attraverso la conclusione di trattati di carattere regionale. Il sistema era fondato, in particolare, sulla Conv. di Bruxelles del 27.9.1968 conclusa sulla base dell’art. 220 TCEE; sulla parallela Conv. di Lugano del 16.9.1988 relativa ai rapporti tra gli Stati membri e gli Stati EFTA; nonché sulla Conv. di Roma del 19.6.1980, la quale, pur non fondandosi su una norma di diritto primario comunitario, si poneva in una logica complementare rispetto alle finalità perseguite dalla Conv. di Bruxelles.
Con il Trattato di Amsterdam il metodo intergovernativo è stato sostituito dal metodo comunitario, attraverso l’attribuzione alla CE di competenze specifiche nel settore della “cooperazione giudiziaria in materia civile” (Titolo IV, artt. 61-69 TCE). Tuttavia, l’art. 61 lett. c) TCE autorizzava il Consiglio ad esercitare le nuove competenze (secondo la procedura di codecisione) nel rispetto del limite del “corretto funzionamento del mercato interno” (art. 65).
Tali competenze (di carattere concorrente) formano oggi l’oggetto del Capo III, Titolo V, Parte Terza del TFUE, a seguito delle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona. La formulazione della nuova base giuridica (art. 81 TFUE) appare meno stringente di quella dell’art. 65 TCE, in quanto stabilisce che, al fine di sviluppare una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transfrontaliere, fondata sul principio del riconoscimento reciproco delle decisioni, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, «adottano, in particolare, se necessario al buon funzionamento del mercato interno» una serie di misure concernenti, tra le altre cose, i conflitti di leggi e di giurisdizione nonché l’efficacia delle decisioni straniere. Pertanto, rispetto alla precedente formulazione, il requisito funzionale legato alle logiche del mercato interno risulta oggi allentato, potendo le misure in questione essere adottate «in particolare», ma non necessariamente per quel fine.
Se, in generale, l’adozione di una misura di diritto internazionale privato europeo segue le regole della procedura legislativa ordinaria (art. 294 TFUE), l’art. 81, par. 3, TFUE stabilisce un’eccezione per la materia familiare con implicazioni transfrontaliere per la quale è necessaria l’osservanza di una procedura legislativa speciale: in particolare, è richiesta la deliberazione all’unanimità da parte del Consiglio, previa consultazione del Parlamento europeo (ciò si aggiunge al potere di veto dei parlamenti nazionali nel corso del procedimento di adozione dell’atto).
Questo sviluppo sul piano del diritto primario dell’UE ha dato origine alla cd. comunitarizzazione (oggi europeizzazione) del diritto internazionale privato e processuale, che ha assunto la forma di una vera e propria “European conflict-of-laws revolution” per le proporzioni del fenomeno e la capacità incisiva della materia sulle norme degli Stati membri. Tale processo, in taluni casi, si è tradotto nella trasformazione in atti comunitari di preesistenti strumenti convenzionali e, in altri, nell’adozione di normative uniformi in settori privi ancora di disciplina comune.
La prassi si è orientata verso l’adozione di regolamenti, alla luce delle caratteristiche proprie dell’atto (art. 288 TFUE) e della sua capacità uniformante e permeante del diritto nazionale.
La produzione normativa europea in questa direzione è stata molto rapida e considerevole e si presenta allo stato settoriale e frammentata. Da un punto di vista materiale, le prime forme di diritto internazionale privato europeo hanno riguardato la materia civile e commerciale; esse si sono poi estese gradualmente allo statuto personale degli individui e alle successioni, nell’intento di favorire la libera circolazione delle persone all’interno delle frontiere europee. La prima “generazione” di strumenti, nel primo decennio successivo all’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, si è incentrata sulla disciplina di specifici aspetti del diritto internazionale privato (o processuali o attinenti alla legge applicabile). Solo successivamente, con l’adozione del reg. (CE) n. 4/2009, le istituzioni europee si sono mosse in un’ottica più ampia, elaborando strumenti con vocazione generale.
Il diritto internazionale privato europeo presenta anche un carattere eterogeneo, occupandosi, inter alia, di temi processuali utili al coordinamento tra autorità giudiziarie nazionali (quali, l’assunzione di prove all’estero e le procedure di notificazione di atti giudiziari e extragiudiziari in materia civile e commerciale). Esso si mostra anche estremamente variabile, essendo sottoposto a continui processi di revisione.
Il sistema di diritto internazionale privato europeo non può dirsi ancora completo e risente, in generale, di evidenti limiti strutturali legati alle modalità della sua espansione. Uno dei problemi legati alla mancata sistematizzazione della materia concerne la regolamentazione delle cd. questioni generali del diritto internazionale privato. Da qualche tempo si discute in dottrina circa l’opportunità di una loro codificazione in un regolamento Roma “0” per assicurare l’unità funzionale del sistema e la coerenza della politica legislativa nell’UE nel campo della cooperazione giudiziaria (Leible, S.-Unberath, H., a cura di, Brauchen wir eine Rom 0-Verordnung?, München, 2013). Allo stato tali questioni risultano disciplinate, di volta in volta, nei singoli strumenti europei sul conflitto di leggi, con soluzioni non sempre uniformi. L’istituto del rinvio, ad esempio, è generalmente escluso da tutti gli strumenti europei sulla legge applicabile, con l’unica eccezione dell’art. 34 del reg. (UE) n. 650/2012. Il trattamento normativo delle questioni preliminari, invece, resta un problema per buona parte irrisolto nel contesto normativo europeo, salvo alcuni spunti legislativi che suggeriscono una preferenza per la cd. soluzione disgiunta del fenomeno (o in via sussidiaria, per la soluzione legeforista: cfr. ad es. considerando 10 e art. 1, reg. Roma III).
L’approccio rispetto al problema degli ordinamenti plurilegislativi è, invece, diversificato a seconda che esso intervenga nel campo delle obbligazioni (ove la medesima soluzione è accolta riguardo agli ordinamenti plurilegislativi su base territoriale) o nella materia matrimoniale o successoria (con soluzioni variegate a seconda della natura personale o territoriale dell’ordinamento plurilegislativo interessato). Tutti gli strumenti sul conflitto di leggi contemplano, infine, i meccanismi tradizionali dell’ ordine pubblico (es. art. 21 Roma I) e delle norme di applicazione necessaria (v. art. 9 reg. Roma I; C. giust., 17.10.2013, C‑184/12, Unamar e 18.10.2016, C-135/15, Nikiforidis). Se l’evoluzione in senso europeo delle nozioni dell’ordine pubblico e delle norme di applicazione necessaria (C. giust., 9.11.2000, C-381/98, Ingmar) emerge ormai con chiarezza, restano ancora aperte talune questioni, quali le conseguenze del funzionamento dell’ordine pubblico.
Il rango formale di diritto secondario comporta la subordinazione del diritto internazionale privato europeo al diritto primario dell’UE, oggi rappresentato dai Trattati istitutivi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’incidenza della Carta in questo settore si manifesta sia sotto il profilo degli obiettivi generali perseguiti dagli strumenti europei come generale parametro di legittimità degli atti, sia come strumento di identificazione dei valori di ordine pubblico, in particolare rispetto alla nozione di “ordine pubblico processuale” (C. giust., 28.3.2000, C-7/98 Krombach e 2.6.2009, C‑394/07, Gambazzi) o alla materia familiare (art. 8 e art. 24 della Carta), in linea con il processo di “europeizzazione” del limite. In entrambi i casi la valorizzazione dei diritti fondamentali risente anche dell’influenza della CEDU e della giurisprudenza di Strasburgo per effetto dell’interpretazione parallela stabilita dall’art. 52, par. 3, della Carta, nonché del principio della presunzione di protezione equivalente (C. eur. dir. uomo, 25.2.2014, Avotiņš c. Lettonia).
La natura regolamentare propria di tutti gli strumenti di diritto internazionale privato europeo implica la competenza della Corte di giustizia dell’UE a pronunciarsi a titolo pregiudiziale sulla loro interpretazione (e validità) ai sensi dell’art. 267 TFUE (superando così i limiti dell’art. 68 TCE), nonché sulla legittimità degli stessi (art. 263 TFUE).
Il potere interpretativo della Corte consente così l’uniforme interpretazione e applicazione delle norme europee evitando divergenze a livello nazionale. Tale attività ispira e sostanzia l’opera di qualificazione delle fattispecie giuridiche rilevanti nel campo di applicazione degli strumenti uniformi in materia, da effettuarsi in via autonoma sulla base del diritto UE (es. “materia contrattuale”: C. giust., 17.6.1992, C-26/91, Handte). A tale riguardo, dall’esame sistematico del diritto internazionale privato europeo possono enuclearsi alcune linee-guida per l’interprete. Talora, infatti, talune definizioni sono espressamente fornite dagli strumenti rilevanti (es. nozione di consumatore: art. 6, par. 1, Roma I), in altri casi le nozioni giuridiche rilevanti derivano dal rinvio ad altri strumenti europei (es. “strumenti finanziari”, ex art. 4, par. 1, lett. h, Roma I). Emerge altresì con chiarezza l’esigenza di assicurare un’interpretazione intertestuale tra i diversi strumenti (es. “culpa in contrahendo”: C. giust., 17.9.2002, C-334/00,Tacconi ai fini dei reg. Roma I, Roma II e Bruxelles I-bis). Il ruolo pervasivo della Corte di giustizia si esprime, infine, nel principio della continuità nell’applicazione e interpretazione degli strumenti europei (v. considerando 34, reg. Bruxelles I-bis).
L’origine europea del diritto internazionale privato dell’UE non implica la sua automatica applicazione a tutti gli Stati membri. La flessibilità “territoriale” della materia discende, direttamente, da due fattori.
In primo luogo, alcuni Stati membri godono, in via generale, di un regime privilegiato rispetto a tutte le misure adottate nello “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. In particolare, Regno Unito e Irlanda beneficiano del cd. “opting in” (Protocollo n. 21), in forza del quale i due Stati non partecipano all'adozione di tali misure, né sono da esse vincolati. Tuttavia, essi possono, di volta in volta, notificare la volontà di partecipare alla formazione di una singola misura o accettare la sua applicazione.
In secondo luogo, la Danimarca gode della cd. regola dell’ “opting out”, in base alla quale essa, in via di principio, non partecipa alla formazione di alcuna misura in questa materia, non è da essa vincolata, né può dichiarare di volervi aderire (Protocollo n. 22). In tal caso, l’applicabilità nei rapporti con la Danimarca delle norme adottate in questo ambito richiede la conclusione di uno specifico trattato internazionale con gli altri Stati membri. Ciò che è avvenuto, ad esempio, con l’accordo del 19.10.2005 concernente il reg. (CE) n. 44/2001 (Bruxelles I).
Un secondo limite che condiziona l’operatività sul piano territoriale del diritto internazionale privato e processuale europeo è rappresentato dalla recente tendenza degli Stati membri a ricorrere all’istituto della cooperazione rafforzata (art. 20 TUE e artt. 326-334 TFUE) (v. Cooperazioni rafforzate), con l’obiettivo di superare gli ostacoli procedurali legati all’adozione delle misure nel campo del diritto di famiglia ai sensi dell’art. 81, par. 3, TFUE. Questo sviluppo ha interessato, in primo luogo, il conflitto di leggi in tema di separazione personale e divorzio ed ha condotto all’adozione del reg. (UE) n. 1259/2010 (Roma III), applicabile, ad oggi, nei 17 Stati membri partecipanti. Più di recente, le istituzioni europee vi hanno fatto ricorso nel quadro della disciplina internazionalprivatistica dei regimi patrimoniali tra coniugi e tra parti di unioni registrate, con l’adozione dei reg. (UE) n. 2016/1103 e n. 2016/1103, i quali vincolano, allo stato, 18 Stati membri partecipanti e che diventeranno applicabili a partire dal 29.1.2019. Le suddette misure danno così luogo ad un’ “Europa a due velocità”: da un lato, infatti, le autorità giudiziarie degli Stati membri partecipanti sono tenute ad applicare le norme regolamentari uniformi; dall’altro, gli Stati membri non partecipanti continuano ad applicare in queste materie le proprie norme interne.
Un ulteriore limite, di natura indiretta, circa la sfera territoriale del diritto internazionale privato europeo deriva dalla possibilità di recesso dall’UE sancita dall’art. 50 TUE, la quale, com’è noto, è stata esercitata, per la prima volta, dal Regno Unito il 29.3.2017. Ancora incerte, tuttavia, appaiono le implicazioni della “Brexit” sul diritto internazionale privato europeo. La recente bozza di accordo tra Regno Unito e UE in materia, del 28.2.2018, dedica alcune disposizioni (Titolo VI) all’applicabilità degli strumenti internazionalprivatistici europei ai quali il Regno Unito è vincolato nel cd. periodo di transizione, il quale terminerà il 31.12.2020. Non è ancora chiaro, tuttavia, quale sarà il destino del diritto internazionale privato europeo nel periodo successivo al 31.12.2020, data in cui il diritto dell’UE, nel suo complesso, cesserà di produrre i suoi effetti nei confronti del Regno Unito (cfr. Bertoli, P., La “Brexit” e il diritto internazionale privato e processuale, in Riv. dir. int. priv. proc., 2017, 3, 599 ss.).
Nei rapporti con il diritto nazionale degli Stati membri, l’origine europea delle norme in materia determina l’applicazione dei principi generali che presiedono la disciplina dei rapporti tra fonti, a partire dal principio del primato del diritto UE sul diritto interno. L’esistenza di norme uniformi di carattere internazionalprivatistico in un certo settore esclude, in via generale, l’applicazione delle corrispondenti norme interne con riguardo alle fattispecie ricadenti nel campo di applicazione delle prime, così che le prime si sostituiscono, in tale ambito, alle seconde. La massiccia produzione normativa europea in questo settore, attraverso regolamenti che tendono a fornire una disciplina tendenzialmente organica e dettagliata, ha comportato una profonda erosione dei sistemi internazionalprivatistici nazionali, anche a causa, come visto, dell’ampia natura transfrontaliera delle fattispecie disciplinate dalle norme uniformi. Gli spazi di azione delle norme domestiche, pertanto, restano confinati alle situazioni che non ricadono in aree già uniformate dal diritto UE o a quelle che, pur afferendo ad aree uniformate, restano estranee all’ambito di applicazione delle stesse (competenza nazionale residua). Tuttavia, qualora il regolamento abbia una vocazione generale (cfr. infra § 7) la forza precettiva delle norme uniformi risulta più incisiva: il perimetro di operatività delle norme europee si espande fino a impedire del tutto l’applicazione delle norme interne, ciò che avviene, in tali casi, riguardo alle norme di conflitto e ai titoli di giurisdizione nazionali che risultano completamente assorbiti da quelli europei. Al contrario, le norme da esso dettate in tema di efficacia delle decisioni straniere si limitano a sostituire le norme interne rilevanti soltanto nei rapporti tra gli Stati membri, consentendo l’applicazione residuale delle norme nazionali rispetto a decisioni rese da giudici di Stati terzi.
Il rapporto del diritto internazionale privato europeo con le fonti di origine pattizia investe, da un lato, il coordinamento con gli strumenti internazionali già esistenti e vincolanti uno o più Stati membri in una materia successivamente regolata dal diritto internazionale privato europeo. Se il coordinamento con le convenzioni di diritto materiale uniforme (es. Conv. Vienna 11.4.1980 sui contratti di vendita internazionale di merci) avviene attraverso la prevalenza delle stesse sulle norme di diritto internazionale privato, comprese quelle europee, nei settori da esse regolati, le eventuali convenzioni di diritto internazionale privato uniforme o di diritto processuale civile internazionale (bilaterali o multilaterali), che interessano materie disciplinate da norme europee, seguono le determinazioni stabilite, di volta in volta, da specifiche norme di coordinamento (es. clausole di subordinazione) contenute nei singoli strumenti europei di diritto internazionale privato (ad es. art. 28 reg. Roma II o art. 71 reg. n. 44/2001 su cui C. giust., 4.5.2010, C‑533/08, TNT Express Nederland BV). Talvolta il legislatore europeo supera il problema del coordinamento, favorendo una convergenza tra norme, ossia “appropriandosi” di strumenti convenzionali che vengono così assorbiti nel sistema di diritto internazionale privato europeo (v. art. 15 reg. (CE) n. 4/2009 che rinvia al Protocollo dell’Aja del 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari) o “imitandone” il contenuto.
Dall’altro lato, rispetto a nuove convenzioni internazionali in vigore per l’UE in materie internazionalprivatistiche, il rapporto con il diritto internazionale pubblico è condizionato dal potere esclusivo di conclusione degli accordi con Stati terzi o organizzazioni internazionali risultante dal parere della C. giust., 7.2.2006, n. 1/03 e dalla conseguente subordinazione del diritto internazionale privato europeo (art. 216 TFUE).
Il pilastro del diritto internazionale privato dell’UE è, senz’altro, rappresentato dal “regime Bruxelles”, formula comprensiva del reg. (UE) n. 1215/2012 (Bruxelles I-bis) e dei suoi predecessori. Quest’ultimo, infatti, ha sostituito, a partire dal 10.1.2015, il reg. (CE) n. 44/2001 (Bruxelles I), che, a sua volta, aveva trasformato in diritto europeo la Conv. di Bruxelles del 1968. La centralità del sistema si riscontra nel fatto che il reg. Bruxelles I costituisce il modello normativo per tutti gli strumenti europei di natura processualistica succedutesi nel tempo anche in materie diverse da quella civile e commerciale.
L’impianto generale della giurisdizione in materia civile e commerciale, quale oggi delineato dal reg. Bruxelles I-bis corrisponde sostanzialmente a quello del reg. Bruxelles I e mira a favorire la prevedibilità delle soluzioni nello spazio giudiziario europeo, scoraggiando così il rischio di forum shopping. Esso, per buona parte, è condizionato dall’esigenza di rispettare la condizione di applicabilità personale (domicilio del convenuto in uno Stato membro). In generale, il sistema giurisdizionale si articola su criteri ispirati o da un significativo collegamento con il foro (foro generale o fori speciali), dal perseguimento di un interesse materiale (tutela della parte contraente debole) o dalla volontà delle parti. L’esigenza di preservare l’armonia dei giudizi nello spazio comune e, di riflesso, favorire la libera circolazione delle decisioni nel territorio dell’UE giustifica inoltre l’operatività di norme uniformi di coordinamento tra azioni civili (litispendenza e connessione).
Nel corso della revisione del reg. 44/2001 sono state rigettate le proposte volte ad estendere il campo di applicazione delle norme giurisdizionali uniformi nei confronti degli Stati terzi, attraverso, in particolare, il progetto di eliminare la condizione ratione personae e introdurre un forum necessitatis, in via eccezionale, sul modello di quello già presente in altri strumenti europei (es. art. 7, reg. n. 4/2009; art. 11, reg. n. 650/2012). A tale riguardo, gli unici elementi di discontinuità del reg. Bruxelles I-bis riguardano la nuova disciplina sulla litispendenza e connessione con Stati terzi (artt. 33 e 34) e l’esperibilità, in talune circostanze, di fori protezione nei confronti di convenuti domiciliati in uno Stato terzo.
Il reg. (CE) n. 2201/2003 (Bruxelles II-bis) che ha sostituito a sua volta il reg. (CE) n. 1347/2000 (Bruxelles II) è improntato solo in parte al modello Bruxelles I, sotto il profilo, soprattutto, della responsabilità parentale. La disciplina giurisdizionale della materia matrimoniale risente, invece, del modello offerto dalla Convenzione (europea) relativa alle stesse materie, del 28.5.1998, mai entrata in vigore. In tale contesto inoltre il criterio prevalente della residenza abituale (dei coniugi o del minore) si sostituisce a quello del domicilio del convenuto.
Il regime sul riconoscimento delle sentenze straniere in materia civile e commerciale mira a realizzare il principio del reciproco riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali nello spazio giudiziario europeo, consacrato dall’art. 67 TFUE e fondato sul principio della fiducia reciproca tra Stati membri, il quale vieta sia il riesame nel merito sia il controllo della competenza giurisdizionale del giudice d’origine. A tale riguardo, al modello “basico” del reg. Bruxelles I si contrappone il modello “avanzato” del reg. Bruxelles I-bis. Il primo si fonda sul principio del riconoscimento automatico delle decisioni straniere e sull’esigenza di un procedimento intermedio di exequatur nello Stato membro richiesto ai fini dell’esecuzione, con la possibilità di un accertamento giudiziale di condizioni tassative di diniego del riconoscimento e dell’esecuzione. Esso ispira tutti i regimi di circolazione delle decisioni anche in altri settori del diritto internazionale privato europeo (soprattutto nella materia familiare e delle successioni, salvo alcune eccezioni nel reg. Bruxelles II-bis.e nel reg. 4/2009). Il secondo modello, invece, rafforza la libera circolazione delle decisioni nell’UE attraverso l’abolizione, in via generalizzata, dell’exequatur (esecuzione automatica), confinando la possibilità di una verifica giudiziale delle cause ostative ad un eventuale giudizio di diniego dell’esecuzione.
Gli strumenti europei sul conflitto di leggi (Roma I, Roma II e Roma III) presentano alcune caratteristiche comuni. Essi, innanzitutto, hanno una vocazione universale (natura erga omnes), potendo le loro norme di conflitto designare come legge applicabile sia la legge di uno Stato membro (partecipante o non alla cooperazione rafforzata, nel caso del reg. Roma III) sia la legge di uno Stato terzo (ivi compresa la legge danese, per effetto della clausola di opt-out, rispetto ai reg. Roma I e Roma II).
In secondo luogo, le soluzioni di conflitto impiegate dai tre regolamenti si caratterizzano per alcune tendenze generali. In primo luogo, esse valorizzano l’autonomia della volontà, come criterio di collegamento prevalente ai fini della designazione della legge applicabile. In secondo luogo, quanto ai criteri di collegamento oggettivi, le norme uniformi segnano la preferenza per il criterio della residenza abituale sul criterio della cittadinanza, ciò che favorisce, nella materia familiare, la frequente coincidenza tra forum e jus. Infine, con riguardo alla materia delle obbligazioni, le norme europee sono ispirate ad una significativa specializzazione delle norme di conflitto, riservando così uno spazio sussidiario alle soluzioni di carattere generale.
Dopo una prima stagione di strumenti europei di natura settoriale (per materia e per tipologia di norme rilevanti: processuali o conflittuali), negli ultimi anni è prevalsa la tendenza all’elaborazione di strumenti “omnicomprensivi” dotati di una portata generale su tutti i settori del diritto internazionale privato. Ciò ha interessato la materia delle obbligazioni alimentari (reg. (CE) n. 4/2009), delle successioni mortis causa (reg. (UE) n. 650/2012) e del regime patrimoniale tra coniugi e parti di unioni registrate (reg. (UE) n. 2016/1103 e reg. (UE) n. 2016/1104). Il regime di circolazione delle decisioni offerto da tali strumenti è interamente modellato sul sistema del reg. (CE) n. 44/2001, con la sola eccezione del regime più rapido offerto dal reg. (CE) n. 4/2009 rispetto a decisioni rese da giudici di Stati membri vincolati dal Protocollo dell’Aja del 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari (tutti tranne Regno Unito e Danimarca) per il quale è affermato il principio dell’esecuzione automatica. Il reg. “Bruxelles I” costituisce un modello in queste materie anche rispetto all’impianto generale della giurisdizione, salvo alcune varianti legate all’introduzione del foro sussidiario e del forum necessitatis, nonché, soprattutto, alla mancanza di una condizione di applicabilità ratione personae (resa superflua dalla vocazione generale dello strumento) e dalla valorizzazione del criterio della residenza abituale in luogo del criterio del domicilio del convenuto.
Un’ultima tendenza evolutiva riguarda la graduale armonizzazione delle procedure interne nel settore del recupero del credito transfrontaliero nella materia civile e commerciale. La disciplina processuale indicata in tali atti è incentrata su un rito sommario, scandito o dall’elaborazione di “norme minime” (reg. n. 805/2004) o da norme tendenzialmente uniformi (reg. (CE) n. 1896/2006 e n. 861/2007, ora modificati dal reg. (UE) n. 2015/2421). Tale processo si accompagna all’obiettivo di produrre, all’esito delle procedure, un titolo esecutivo europeo immediatamente esecutivo nello Stato membro richiesto. Tale strumentario è stato di recente arricchito dal reg. (UE) n. 655/2014 istitutivo dell’ordinanza europea di sequestro conservativo sui conti bancari.
Fonti normative
Art. 67 TFUE; art. 81 TFUE; art. 20 TUE; artt. 326-334 TFUE; art. 267 TFUE; art. 294 TFUE; art. 50 TUE; Protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia; Protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca; Conv. di Bruxelles, 27.9.1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale; Conv. di Roma, 19.6.1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali; reg. (CE) n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza; reg. (CE) n. 1347/2000 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (Bruxelles II); reg. (CE) n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I); reg. (CE) n. 1206/2001 relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile e commerciale; reg. (CE) n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il reg. (CE) n. 1347/2000 (Bruxelles II-bis); reg. (CE) n. 805/2004 che istituisce il titolo esecutivo per i crediti non contestati; reg. (CE) n. 1896/2006 che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento; reg. (CE) n. 861/2007 che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità; reg. (CE) n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II); reg. (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I); reg. (CE) n. 1393/2007 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale e che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000; reg. (CE) n. 4/2009 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari; reg. (UE) n. 1259/2010 che istituisce una cooperazione rafforzata sulla legge applicabile alla separazione personale e al divorzio (Roma III); reg. (UE) n. 650/2012 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo; reg. (UE) n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Bruxelles I-bis); reg. (UE) n. 606/2013 relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile; reg. (UE) n. 655/2014 istitutivo dell’ordinanza europea di sequestro conservativo sui conti bancari; reg. (CE) n. 2015/848 relativo alle procedure di insolvenza; reg. (UE) n. 2015/2421 recante modifica del reg. (CE) n. 861/2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità, e del reg. (CE) n. 1896/2006, che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento; reg. (UE) n. 2016/1103 che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi; reg. (UE) n. 2016/1104 che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell'esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate.
Bibliografia essenziale
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