DISEGNO
Pochi sono gli esempi di d. medievali conservati anteriori alla seconda metà del Trecento; tale scarsità, a fronte dell'abbondanza di d. rinascimentali, è stata spiegata (Oertel, 1937-1940; Procacci, 1961; 1977) con il fatto che nel Medioevo il d. di progettazione dell'opera d'arte, dalla creazione iniziale alla fissazione finale dei dettagli della composizione, dovesse essere eseguito esclusivamente sul supporto destinato all'opera finita (sinopie per mosaici e affreschi, schizzi a carbone per dipinti su tavola, d. a stilo e penna sotto le miniature). Un significativo apporto alla questione è stato dato dall'avvio della pubblicazione sistematica dei d. medievali (Degenhart, 1950; Scheller, 1963; Degenhart, Schmitt, 1968; 1980).In realtà, anche nel Medioevo il processo di creazione artistica doveva prendere le mosse da d. preliminari di piccolo formato; tuttavia, la caducità dei materiali su cui questi d. venivano realizzati, l'adozione di supporti riutilizzabili e la concezione stessa del processo creativo, che portava la bottega a disfarsi dei d. dopo l'uso, hanno determinato l'attuale scarsità di d. di epoca medievale.I supporti a disposizione dell'artista, in un'epoca in cui la carta era diffusa scarsamente e a prezzi poco accessibili, dovevano essere scarti di bottega, materiali naturali o superfici da utilizzare ripetutamente (Scheller, 1987, pp. 15-17). Alla prima categoria appartengono gli scarti prodotti dagli scriptoria - ritagli di pergamena e fogli con imperfezioni - oppure ossa di animali, come per es. quelle, databili tra il sec. 5° e il 12°, con incisioni di elementi decorativi trovate in grandi quantità in Irlanda, che presentano i motivi a intreccio animalistico e astratto tipici della miniatura e oreficeria irlandese. La seconda categoria di supporti è costituita dalle tavolette cerate, usate fin dall'Antichità per scrivere appunti e annotazioni veloci; le tavolette di legno erano scavate per contenere della cera, su cui si tracciavano segni con uno stilo, la cui estremità piatta serviva invece per cancellare (Dieckhoff, 1985; Medieval Artists, 1987, pp. 382-385). L'impiego da parte degli orafi di tavolette cerate per disegnare è documentato nel De utensilibus di Alexander Neckam.La fonte principale sulle tecniche del d. medievale è il Libro dell'arte (V-XXXIV) di Cennino Cennini, che descrive la fabbricazione e l'uso di strumenti e supporti - punte di metallo (stilo d'argento o di piombo), penna e inchiostro, pennello e acquarello, carboncino - da utilizzarsi tutti su pergamena, carta o tavolette (di bosso o di fico) coperte da uno strato di preparazione di polvere d'osso. Cennino sottolinea l'importanza del d. e il suo ruolo fondamentale nella formazione dell'artista, che doveva esercitarsi inizialmente sulle tavolette, utilizzando i modelli del maestro e della bottega (Libro dell'arte, VIII; XXVII), per poi passare agli altri supporti, e al "ritrarre di naturale" (ivi, XXVIII).Per la classificazione dei d. medievali sono state individuate due categorie principali (Degenhart, 1950): i d. legati a uno scopo pratico (zweckgebundene Zeichnungen), o didattico, o connesso alla produzione di un'opera d'arte (copie, libri di modelli, d. preparatori), o illustrativo, e i d. autonomi (autonome Zeichnungen), privi di finalità pratiche, individuabili nei d. marginali nei manoscritti, indipendenti dal testo, a volte semplici scarabocchi, come le probationes pennae degli scribi, a volte schizzi di studio di un artista.La maggior parte dei d. rimasti è costituita da libri di modelli (v. Taccuino), che venivano conservati in quanto repertori di unità figurative da riutilizzare nei lavori svolti dalla bottega. Oltre agli esemplari conservatisi pressoché integri, vanno considerati in proposito anche i numerosi fogli sciolti riconosciuti come frammenti di originari taccuini.La raffigurazione di una famiglia imperiale, eseguita nel sec. 7° su una Bibbia copta del sec. 5°-6° (Napoli, Bibl. Naz., I B.18, c. 4v), è considerata (Degenhart, 1950) come il più antico d. autonomo medievale. Come esercitazione sperimentale di un artista, il d. è spesso caratterizzato dall'elaborazione di successive varianti dello stesso motivo - per es. la serie di teste femminili, attribuite a un maestro romano della seconda metà del sec. 13°, disegnate nei margini di un manoscritto del sec. 11°-12° (Roma, BAV, Reg. lat. 2090, cc. 29v, 51v, 59r, 77v, 79v, 85v; Degenhart, 1950, pp. 124-136) - e dall'esecuzione veloce, come per es. negli schizzi ai margini di una Bibbia del sec. 12°-13° (Roma, Vallicell., A. I/I, cc. 192r, 194r).I d. privi di connessioni con il testo, aggiunti nei margini, sulle carte di guardia e negli spazi vuoti di molti manoscritti, non sono tuttavia sempre interpretabili come d. autonomi. È possibile in alcuni casi ritenere che fossero intesi o venissero successivamente usati come raccolte di modelli. La distinzione risulta spesso difficile: un foglio isolato con una figura maschile e un motivo ornamentale, del sec. 9°-10° (Malibu, J. Paul Getty Mus., Ludwig Folia 1), fu probabilmente all'origine una carta di guardia con probationes pennae, analogamente al foglio su cui, nel tardo sec. 9°, furono tracciati a penna una figura con in mano un rotolo, Cristo e, a punta di piombo, una testa femminile (Kassel, Gesamthochschul-Bibl. Kassel-Landesbibl., Astron. F.2, controguardia). Un foglio con il d. di Davide e Golia, aggiunto come carta di guardia a un manoscritto di Paolino di Nola (San Pietroburgo, Saltykov-Ščedrin, Lat.Q.v.XIV 1), è stato al contrario interpretato come proveniente da un libro di modelli di un artista insulare dell'inizio del sec. 9° (Kurz, 1937-1938). Carattere comune alle probationes pennae che li circondano sembrano avere, invece, i d. raffiguranti Ercole tracciati sulle carte di guardia di un manoscritto eseguito a Reims nell'873 ca. (Yale, Univ. Lib., Beinecke Lib., 413); i d. sono stati collegati agli avori carolingi con le Storie di Ercole che compongono la cattedra di s. Pietro, di cui potrebbero essere gli studi preliminari (Nees, 1988).È possibile trovare nei margini dei manoscritti anche d. preparatori veri e propri, interpretabili come istruzioni 'visive' per il miniatore o come studi di composizione; la maggior parte di quelli noti, di area francese e inglese, risale ai secc. 13° e 14° (Alexander, 1992, pp. 63-71, 184-186). Queste istruzioni, più rare di quelle scritte, a cui a volte si accompagnano, cominciano a comparire già dalla fine del sec. 12° e sono da collegare alla nascita della figura del miniatore professionista e all'organizzazione del mercato del libro. I pochi esempi che si sono conservati, sfuggendo alla prassi consueta che comportava l'erasione o la rifilatura, insieme ai margini, durante la legatura del manoscritto, sono di diversi tipi. Alcuni sono semplici appunti che 'stenograficamente' sintetizzano il soggetto - per es. il cestino disegnato accanto alla raffigurazione di s. Paolo calato dalle mura di Damasco in un codice francese del 1260 ca. (New York, Pierp. Morgan Lib., M. 111, c. 170v) - lasciando supporre da un lato che vi fosse una guida iconografica da seguire o un manoscritto-modello, dall'altro che la funzione del d. fosse solo di identificare lo spazio in cui inserire un certo soggetto. Altri sono invece studi di composizione, come per es. un d. inglese del sec. 13° nel quale le figure sono rappresentate come manichini (Londra, BL, Harley 3487, c. 103v).Sono estremamente rari i fogli isolati con d. preparatori, come i due abbozzi di composizione trecenteschi, uno toscano con vari studi sulla Crocifissione (Haarlem, Königs Coll., J. 190v), l'altro dell'Italia settentrionale con varie scene dell'Annunciazione (Parigi, Louvre, Cab. Des., inv. R.F. 1870/419v). Per la maggior parte i d. tradizionalmente ritenuti d. preparatori di composizioni pittoriche sono in realtà copie; può essere un esempio il d. tratto dall'affresco con la Presentazione al Tempio di Taddeo Gaddi nella cappella Baroncelli in Santa Croce a Firenze (Parigi, Louvre, Cab. Des., inv. 1222). Sono ritenuti copie di pitture murali anche un d. di ambito cimabuesco, che probabilmente ripete un mosaico o un affresco bizantino raffigurante i Quaranta martiri (Roma, BAV, Barb. lat. 144, c. 130v; Degenhart, 1950, p. 98), un gruppo di d. fiorentini trecenteschi con gli affreschi della basilica inferiore di Assisi - la Visitazione (Firenze, Uffizi, Gab. Disegni e Stampe, 9E), angeli dall'allegoria della Povertà (Chantilly, Mus. Condé, F.R.I.1), la Cattura di Cristo (Vienna, Graphische Sammlung Albertina, inv. nr. 4), la Sacra Famiglia (New York, Pierp. Morgan Lib., I.1B) - e infine un d. del 1360 ca., di mano senese, copia della stessa Visitazione di Assisi (Cambridge, Harvard Univ. Art Mus., Fogg Art Mus., 1932.65v). A questo genere appartiene anche il d. datato al 1370 ca. con le Storie di s. Potito (Parigi, Ecole des Beaux-Arts, inv. nr. 381), proveniente dal Libro de' disegni di Vasari, che lo attribuiva a Cimabue (Wohl, 1986, pp. 540, 563), mentre è stato assegnato da Degenhart ad ambito cavalliniano napoletano (Degenhart, Schmitt, 1968, I, nr. 83). Analogo al già citato d. che ripete la Presentazione al Tempio di Gaddi per l'esecuzione su carta preparata verde con lumeggiature di biacca è un foglio con due figure maschili sedute (Parigi, Louvre, Cab. Des., inv. nr. 2664), attribuito a Maso di Banco (Degenhart, Schmitt, 1968, I, nr. 24) o, dubitativamente, a Giotto (Bellosi, 1985, pp. 5-10).Dalla fine del sec. 14° cominciò a comparire il d. contrattuale, consistente in uno schema dettagliato dell'opera da eseguire, fatto a garanzia del committente; un esempio potrebbe essere il d., della fine del sec. 14°, con la Morte, l'Assunzione e l'Incoronazione della Vergine, attribuito ad André Beauneveu (Parigi, Louvre, Cab. Des., inv. nr. 9832), eseguito su un foglio che riproduce la forma del pannello finito. Nella seconda metà del sec. 14° e all'inizio del 15°, nelle copie, nei libri di modelli e nei d. contrattuali diventò abituale un'esecuzione più accurata, che, grazie all'uso di carte preparate, rialzi di biacca e acquarellature, conferisce ai d. un aspetto finito.La categoria di d. medievali più ampia, per esempi conservati, è costituita dai d. a penna e inchiostro o a pennello, con o senza acquarellature, usati come illustrazione di testi manoscritti (Evans, 1969; Smeyers, Cardon, 1985). In epoca carolingia il d. a penna e inchiostro fu molto usato per copiare testi classici; rimangono numerosi esempi di codici, come la Psychomachia di Prudenzio, del sec. 10°, proveniente da Tours (Parigi, BN, lat. 8318), le commedie di Terenzio, del sec. 9°, proveniente da Reims (Parigi, BN, lat. 7899), o i Phaenomena di Arato di Soli (Londra, BL, Harley 2506). Il Salterio di Utrecht, dell'830 ca., proveniente da Reims (Utrecht, Bibl. der Rijksuniv., 32), che si trovava a Canterbury verso il Mille, ebbe un'influenza determinante sullo sviluppo della scuola di miniatura anglosassone e anglonormanna dei secc. 10°-12° (Wormald, 1952). Per la prima copia, prodotta a Canterbury all'inizio del sec. 11° (Londra, BL, Harley 603), al posto dell'inchiostro bruno dell'originale furono utilizzati inchiostri di colori diversi; nei manoscritti successivi, invece, si sviluppò una tecnica in cui una linea di colore seguiva all'interno o all'esterno il contorno a inchiostro (Cambridge, Trinity College, R.17.1, del 1150 ca.).Tra i secc. 12° e 13°, inoltre, l'illustrazione a d. appare predominante nei codici dell'Austria e della Germania meridionale, come per es. quello proveniente da Ratisbona, del 1150 ca. (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 13002). In ambito italiano, nei secc. 11°-14° i d. rivestono particolare rilievo nell'illustrazione di manoscritti prodotti sia in Italia centromeridionale (Degenhart, Schmitt, 1968) sia in Italia settentrionale, in particolare in Lombardia (Van Schendel, 1938) e in Veneto (Degenhart, Schmitt, 1980). Il d. è inoltre usato in modo esclusivo nelle illustrazioni di trattati scientifici, di medicina e astronomia, e per i diagrammi di opere filosofiche e teologiche (Evans, 1969, pp. 11-13).Appare difficile tracciare con assoluta precisione i confini tra d. e miniatura nell'illustrazione dei codici, come per es. riguardo ai d. dei manoscritti gotici boemi (Drobná, 1956) o per le illustrazioni a grisaille dei codici francesi del 14° secolo. È emblematico il caso del foglio con quattro figure cortesi a grisaille (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kupferstichkab.), a lungo ritenuto uno studio autonomo di un pittore, che è stato recentemente riconosciuto come basde-page di una copia di una lirica di Guillaume de Machaut (Byrne, 1984). I due generi, oltre a essere prodotti dagli stessi artefici, seguono percorsi stilistici paralleli e non possono essere trattati in modo distinto; basti pensare alle iniziali figurate a penna create dall'artista del Salterio di Corbie, dell'inizio del sec. 9° (Amiens, Bibl. Mun., 18), e alla loro influenza sullo sviluppo della iniziale figurata romanica (Pächt, 1963).
Bibl.:
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