Ebrei
. Nel De vulgari Eloquentia, trattando della lingua ebraica, D. riporta anche alcune notizie sugli Ebrei. Costoro sarebbero i discendenti del patriarca Heber e perciò ab eo dicti sunt Hebraei (VE I VI 5; cfr. Agostino Civ. XVI 3). Poco dopo (I VII 8) con un'inattesa formula dubitativa (sicut conicio; eppure quanto afferma risulta chiaro nella Bibbia ed è quindi ripetuto da moltissimi autori antichi) precisa che gli E. sono discendenti di Sem (Gen. 10, 21), terzo figlio di Noè, e che costituiscono il populus Israel.
Sulla storia di tale popolo D. si limita a ricordare alcuni episodi narrati nell'Antico Testamento: passaggio del Mar Rosso e morte dei contemporanei di Mosè (Pg XVIII 133-135), conquista della Palestina (Pg XX 109 ss.), battaglia al tempo di Gedeone contro i Madianiti (Pg XXIV 124-126), loro leggi sui sacrifici (Pd V 49-51), giudici istituiti da Mosè (Mn I XIV 9), il nome di alcuni re con allusione ad avvenimenti caratteristici, l'esilio in Babilonia (Pd XXIII 133-135), la fame spaventosa durante l'assedio di Gerusalemme da parte di Tito (Pg XXIII 29 ss.). Assai numerose sono le citazioni dell'Antico Testamento (cfr. Bibbia), eseguite senza particolari rilievi sulla storia o sulla civiltà degli Ebrei. In proposito il testo più interessante è il già citato brano del Convivio (cfr. Ebraico).
Gli E. costituivano il popolo prediletto, e perciò assistito continuamente da Dio, quia ex illis oriturus erat secundum humanitatem il Redentore (VE I VI 6). Dopo l'avvento di costui, gli E. perdono la loro caratteristica; ormai il populus Dei è formato dai cristiani. D. accentua la diversità fra il periodo anteriore a Gesù Cristo e quello successivo, in quanto preferisce per quest'ultimo il termine Giudei. La richiesta della condanna capitale nei riguardi di Gesù Cristo costituì l'inizio della catastrofe; essa fu per li Giudei mala sementa (if XXIII 123; cfr. Pd VII 47). D'allora in poi gli E. vengono associati con gl'infedeli (If XXVII 87; Cv II VIII 9) oppure diventano i rappresentanti simbolici di costoro nella loro avversione nei confronti dei cristiani (Pd V 81; Ep XV 3). Il contrasto fra E. e cristiani compare in diverse citazioni dal Nuovo Testamento (cfr. Mn III XII 5, XIV 2). In Mn II VII 5 è riportato un brano della lettera agli Ebrei (11, 6) con la formula introduttiva Scriptum est enim ad Hebraeos.
D. non si può accusare di antisemitismo, ma nessun testo manifesta una sua diretta relazione con E. contemporanei. Egli esprime semplicemente il giudizio comune fra i cristiani del suo tempo, e non solo di quel tempo, nei riguardi dell'ebraismo del periodo dal Nuovo Testamento in poi e nei riguardi di quelli che costituivano già il popolo eletto. I principali membri di questo sarebbero stati liberati dal limbo da Gesù Cristo (If IV 56-61).