Personaggio della mitologia greca (chiamato dai latini Hercules, Ercole) famoso per la sua forza. Sulle origini e sulla nascita di E. vi sono tradizioni differenti; talvolta è annoverato fra gli dei, altre fra gli eroi. Testimonianze di un doppio culto di E. provengono da varie parti della Grecia, e questa contraddittorietà manifesta l'incertezza sulla sua natura.
Secondo la versione più diffusa del mito (che si riassume nelle tradizioni tebane), E. era figlio di Zeus e di Alcmena, posseduta dal dio che aveva assunto l'aspetto del marito Anfitrione, e venne educato a Tebe in ogni disciplina da uno specialista mitico: da Eurito nell'arco, da Autolico nella lotta, nelle armi da Castore. L'uccisione di Lino, che gli insegnava la scrittura e la musica, lascia intravedere l'aspetto selvaggio, originario della sua natura. Mandato per punizione sul Citerone a custodire il gregge, diede a 18 anni la prova della sua forza uccidendo un leone, terrore del paese governato da Tespio, padre di 50 figlie con le quali E. giacque, generando un figlio da ciascuna.
Vinta una guerra, E. ottenne in ricompensa da Creonte, re di Tebe, la figlia Megara per moglie, dalla quale ebbe tre figli (o più, secondo altre versioni). Quando Euristeo re di Tirinto (o Micene) lo chiamò al suo servizio, E. uccise i propri figli in un accesso di follia causatogli da Era. Sceso nell'Ade per ordine di Euristeo, al ritorno sposò Deianira, sorella di Meleagro, che sarebbe stata causa della sua morte.
Le dodici fatiche compiute da E. al servizio di Euristeo, impostegli dall'oracolo di Delfi per la durata di dodici anni come prezzo per la sua immortalità, furono generalmente considerate un'espiazione per l'uccisione dei figli avuti da Megara. Nel pensiero mistico successivo furono poi viste come le prove dell'anima che si libera progressivamente dalla servitù del corpo per giungere all'apoteosi finale.
L'iconografia greca e romana insiste sugli attributi della clava e della pelle leonina; talvolta compaiono l'arco e la faretra. E. è protagonista di tragedie di Sofocle e di Euripide; nella letteratura latina il suo mito è trattato soprattutto da Ovidio, Virgilio e Seneca; la leggenda della sua nascita è presentata in modo comico nell'Anfitrione di Plauto. Nel primo Umanesimo e poi nel Rinascimento, la figura di E. divenne il simbolo dell'uomo che vince la sorte e conquista l'eternità con la forza delle proprie virtù.