FEDERALISMO (XlV, p. 932)
L'Italia fu il paese in cui, alla fine della seconda Guerra mondiale, si verificò con maggiore acutezza un ritorno di spirito federalista, nell'ambito nazionale, con tendenze a più o meno ampie autonomie regionali. Fu in parte una reazione alla politica accentratrice del governo fascista, in parte una conseguenza del profondo squilibrio di progresso economico-sociale tra alcune regioni e il rimanente territorio nazionale.
Dall'armistizio del settembre 1943 alle prime elezioni generali del 2 giugno 1946 il problema presentò aspetti pericolosi per l'unità nazionale, soprattutto in Sicilia e in talune zone di confine. Il movimento d'indipendenza siciliana, cui diedero presunto o effettivo appoggio influenze straniere, organizzò una lotta di vaste proporzioni, con impiego di reparti armati e con una intensa propaganda politica. Controbattuto con fermezza, sino all'arresto del suo maggiore organizzatore, Andrea Finocchiaro-Aprile, alla fine del 1945 aveva perduto ogni forza combattiva e andava lentamente restringendo le sue rivendicazioni a misura che gli veniva meno il consenso delle masse siciliane. Con la concessione alla Sicilia dell'autonomia in alcuni settori dell'amministrazione, da parte dell'Assemblea costituente, il movimento indipendentista si trasformò in un partito politico a influenza limitata, con un programma di difesa dell'autonomia. Nelle elezioni politiche nazionali del 18 aprile 1948, il movimento, presentatosi nei due collegi siciliani col nome di Unione movimentí Federalisti non è riuscito a raggiungere il quoziente. Il 20 aprile 1947 venne eletta la prima assemblea regionale siciliana. La nuova costituente italiana fissò analoghe assemblee per le altre regioni nell'intento di realizzare un largo decentramento a amministrativo. L'ente regione (v., in questa App.) rappresentò un compromesso tra le esigenze unitarie d'uno stato moderno e certe situazioni locali non risolvibili in una unifomne legislazione. Le posizioni più risolute in senso regionalista vennero assunte dal Partito repubblicano e dalla Democrazia cristiana, mentre a rigide affermazioni unitarie si ancorarono, per esigenze diverse, comunisti, socialisti e liberali.
Altro paese in cui le esigenze unitaria e federale si contrapposero, alla fine della seconda guerra mondiale, fu la Germania, ma in misura maggiore che in Italia, per l'influsso di forze esterne. Si trattava però di problemi diversi, poiché in Germania il federalismo si poneva - più che come contrapposizione di principî - come equilirio tra i poteri dei singoli stati (Länder) e del governo centrale, come spostamento di attribuzioni in uno stato già ad organizzazione federale. Gli stati del sud, primo la Baviera, chiedevano una estrema limitazione dell'autorità centrale, sino a riprodurre una organizzazione di stati tedeschi tipo Deutscher Bund del congresso di Vienna, annullando il processo unitario della nazione tedesca. L'occupazione della Germania da parte delle forze militari alleate, nel 1945, e la suddivisione del territorio tedesco in quattro zone sotto il controllo degli S. U., dell'URSS, della Gran Bretagna e della Francia, sovrappose all'orientamento delle popolazioni tedesche l'interesse delle potenze occupanti a favorire una Germania unitaria o federale. Così, nelle costituzioni votate tra il 1946 e il 1947 negli stati tedeschi, prevalse una ferma posizione federalista nelle costituzioni delle zone sottoposte agli Stati Uniti e alla Francia, una posizione intermedia nelle costituzioni della zona inglese e una posizione unitaria nella zona sovietica. Nelle costituzioni si rifletteva la volontà delle potenze occupanti che, a loro volta, trovavano, nella divergenza sull'organizzazione costituzionale della Germania, uno dei maggiori ostacoli al loro accordo sul problema tedesco. Va ricordato infine che tra gli stati europei nati o risorti dopo la seconda Guerra mondiale, la sola Iugoslavia, che già nel 1938 aveva allentato, in favore dei Croati, il rigoroso centralismo instaurato nel 1929, ha ripudiato quanto ancora rimaneva di quell'ordinamento e si è dato un nuovo ordinamento federale (v. iugoslavia, in questa App.): è da osservare tuttavia che, come nell'URSS, l'autonomia, mentre è effettiva in alcuni campi, per es. nell'istruzione, è in altri notevolmente limitata attraverso l'organizzazione del partito unico.
In campo internazionale, l'idea d'una organizzazione di stati su basi federali ebbe sviluppi notevoli dal punto di vista teorico, alla vigilia della seconda Guerra mondiale, allorché la Società delle nazioni rivelò scarse capacità di funzionamento, e, dopo lo scoppio del conflitto, come ricerca di un mezzo sicuro per evitare nuove guerre. La Società delle nazioni era fallita per aver voluto conciliate la sovranità illimitata degli stati con una legge sovrana sopra gli stati; ne derivava che la soluzione del problema della pace poteva essere trovata solo con l'eliminazione di uno dei due termini da conciliare. L'idea federalista pone infatti tale esigenza ed ha a fondamento il seguente sillogismo: la sovranità assoluta degli stati è la causa della guerra; l'unione federale elimina la sovranità assoluta; l'unione federale elimina le guerre. Lo sviluppo delle teorie federaliste mostrava, nei varî popoli, un diffuso interesse culturale alla realizzazione di una pacifica comunità internazionale, ma era uno sviluppo in gran parte staccato dall'effettiva situazione dei rapporti tra i popoli, dalla riluttanza delle nazioni a sacrificare i proprî diritti sovrani.
I punti da risolvere per giungere ad una federazione di stati sono: limiti territoriali di applicabilità del sistema federale; forma giuridica dell'ordinamento federale; funzioni cui i singoli stati devono rinunciare in favore dello stato federale. È sul primo punto che si hanno le maggiori difficoltà di soluzione del problema federale, anche dal lato teorico. All'ideale universalistico d'una federazione di tutti gli stati si contrappone un federalismo parziale, meno generoso nell'offrire prospettive solide di pace ma più aderente alla realtà internazionale. L'errore d'impostazione teorica di questi federalismi parziali che, da G. K. Streit a R. W. G. Mackay, negli ultimi anni hanno preso il sopravvento, specie nei paesi anglosassoni, consiste nel legare la dottrina federalista a particolari momenti della situazione internazionale, togliendole perciò stabilità e validità assoluta. Si tende in sostanza a vagheggiare l'ideale federalista per un determinato gruppo di stati che hanno interessi politici comuni, contro altri stati. Più che una prospettiva di pace è una esigenza di lotta che fissa i limiti territoriali di applicabilità del sistema federale, che muta quindi col variare di questi interessi. Nella realtà, il federalismo si orienta oggi verso una base regionale o continentale.
Per i movimenti federalisti europei v. paneuropa, in questa App.