fossili
L'eco della vita del passato
Da sempre gli uomini hanno subito il fascino dei fossili. Delle origini di queste forme pietrificate, testimonianze di esotici organismi di epoche remote, sono state fornite nel passato interpretazioni fantasiose. Oggi, oltre a continuare a sorprenderci e a stupirci, i fossili ci aiutano a comprendere come si è evoluta la vita sul Pianeta. Dalle più antiche tracce di microscopici organismi viventi alle maestose testimonianze dei giganteschi dinosauri, sono migliaia i ritrovamenti provenienti da rocce di tutte le epoche geologiche che contribuiscono a migliorare la nostra conoscenza della storia della Terra
Come in un racconto fiabesco in cui i protagonisti attraversano il tempo, animali e piante vissuti in lontane ere geologiche giungono a noi pietrificati. Sono i fossili, organismi viventi immortalati negli strati rocciosi, che ci raccontano del loro ambiente, che ci svelano come si svolgeva la vita sulla Terra milioni di anni fa e come è cambiata. Di queste preziose informazioni fanno tesoro gli scienziati che studiano la vita del passato, i paleontologi, ma anche quelli che si occupano delle forme viventi attuali, i biologi. Tutti possiamo imbatterci in un fossile. Non è improbabile, per esempio, durante una passeggiata in montagna, notare la forma di una conchiglia mentre si costeggia una parete rocciosa. Toccheremo allora con mano quanto la natura possa sorprendere il senso comune delle cose: un organismo che in vita fu di ambiente marino ora appartiene alla montagna!
Altrettanto bizzarro può sembrare a noi uomini moderni il modo in cui gli antichi cercavano di interpretare le testimonianze fossili. Fino a tutto il Seicento, era diffusa la convinzione che queste forme simili a piante e animali celate nelle rocce non fossero resti di veri organismi viventi ma letteralmente scherzi di natura: cause varie, molto spesso non ben precisate, avrebbero plasmato le rocce simulando le forme viventi. Già Aristotele, il grande filosofo greco, aveva formulato una spiegazione di questo tipo attribuendo a 'forze astrali' l'origine dei fossili. Non che nel corso dei secoli siano mancati illustri studiosi con idee diverse. Addirittura trecento anni prima di Aristotele, Senofane, un altro filosofo greco, descrivendo impronte di pesci nelle cave della città di Siracusa sostenne che un fango marino doveva aver intrappolato questi animali per poi seccarsi; come Senofane, anche Pitagora ed Erodoto ebbero intuizioni simili.
Nel 2° secolo lo scrittore cristiano Tertulliano considerò le testimonianze fossili delle regioni montuose tracce del diluvio universale. Tra tutti gli uomini d'ingegno cimentatisi con l'enigma dei fossili prima che la corretta interpretazione fosse universalmente riconosciuta, spicca comunque Leonardo da Vinci. Quando ancora erano radicate convinzioni molto stravaganti, fondate sul principio dello scherzo di natura, egli fu in grado per primo di spiegare in modo moderno e dettagliato la natura dei fossili.
Ci sono diversi modi in cui resti di animali e vegetali, o parte di essi, possono sfuggire al disfacimento naturale. In ogni caso è necessario che vengano protetti dall'azione di aria, acqua e microrganismi. Ciò avviene quando uno strato di sedimenti, che diventeranno successivamente una roccia, ricopre il futuro fossile. Non ci deve sorprendere il fatto che le condizioni appena descritte si realizzano principalmente in mare o in ambienti di acqua dolce o salmastra, dove la velocità di deposizione dei sedimenti può superare quella di degradazione (biologica, chimica e fisica) della materia di origine organica.
Le parti che si conservano più facilmente sono ovviamente quelle dure, come scheletri, denti, conchiglie e rivestimenti esterni. Avviene però frequentemente che esse subiscano trasformazioni. Prendiamo il caso dell'ammonite (caratteristico mollusco marino vissuto nell'Era Mesozoica) in cui la sostanza originale della conchiglia è stata minuziosamente sostituita da un minerale, e il fossile pertanto ha mantenuto le caratteristiche della forma in vita perfino nei dettagli. Questo tipo di fossilizzazione può coinvolgere anche i tronchi degli alberi: se ne conoscono esempi pure in Italia, in particolare in Sardegna, dove esistono vere foreste pietrificate.
In altri casi, molto più rari, i fossili possono svelare anche tracce degli organi interni e della pelle. Ciò accade quando il seppellimento degli organismi in via di fossilizzazione è avvenuto molto rapidamente a opera di fanghi sottilissimi che precipitano in acque poco profonde di lagune parzialmente isolate. In luoghi come questi, le sostanze minerali sono capaci di sostituire, prima che si decompongano, anche le parti molli. È quello che si è verificato nel famoso giacimento fossilifero di Solenhofen in Baviera (Germania), dove sono stati trovati fossili di organismi animali e vegetali appartenenti a centinaia di specie tra cui meduse, libellule ‒ con i particolari delle ali! ‒, piante e soprattutto esemplari del celebre Archaeopteryx. Questo volatile del periodo Giurassico, considerato l'anello che congiunge i Rettili agli Uccelli, era dotato di piume, come confermano le impronte delle penne impresse nella roccia.
Alcune eccezionali condizioni possono favorire anche la conservazione completa dell'intero organismo: un esempio è quello del ghiaccio perenne che permea i terreni della tundra siberiana e che ha preservato il corpo congelato dei mammuth, grandi Mammiferi simili agli elefanti, estinti migliaia di anni fa; oppure la resina di antiche piante (ambra) che ha intrappolato insetti ancestrali e poi indurendosi li ha immortalati. Un ulteriore tipo di fossilizzazione che riguarda i vegetali è il processo di formazione del carbone. Spesso negli strati dei giacimenti carboniferi si riconoscono ancora nettamente le forme di foglie, rami e radici.
I fossili permettono di seguire l'evoluzione della vita sul Pianeta. Molte specie animali e vegetali sono comparse, hanno avuto la loro massima diffusione e poi si sono estinte nel corso delle ere geologiche. Le cause delle estinzioni biologiche sono ovviamente di grande interesse, a maggior ragione quando riguardano fenomeni che hanno coinvolto molte specie in tempi geologicamente brevi e che in genere sono considerati catastrofici. Sono queste le grandi crisi biologiche che determinarono le cosiddette estinzioni di massa.
Ma cosa significa tempo geologicamente breve? Consideriamo per esempio le informazioni che ci forniscono i fossili dei grandi rettili. Dai numerosi reperti trovati in tutto il mondo sappiamo che questi animali dominarono il Pianeta per più di 160 milioni di anni. Dinosauri carnivori ed erbivori di tutte le dimensioni occuparono le terre emerse: dal terribile Tyrannosaurus rex, il più grande predatore di tutti i tempi alto circa 5 m e lungo 12 m, al più piccolo Velociraptor, il carnivoro alto circa 1,5 m e lungo 2 m reso celebre dal film Jurassic Park di Spielberg; dal gigantesco Brachiosaurus, un erbivoro che poteva raggiungere il peso di 50 t, allo Stegosaurus, un altro erbivoro caratterizzato da grosse placche lungo tutto il dorso fino alla coda. Pterosauri volteggiavano nei cieli valendosi di tessuti membranosi che univano gli arti superiori con quelli inferiori, e grandi ittiosauri come il Tylosaurus popolavano i mari.
Tutto questo cessò circa 65 milioni di anni fa alla fine del periodo Cretacico. Insieme ai grandi rettili si estinse circa il 76% delle specie allora viventi. In effetti, il tempo in cui questi eventi maturarono e accaddero non si può stabilire con esattezza. Essi appaiono catastrofici se misurati nella scala dei milioni di anni, ma in realtà lo studio dei fossili e degli strati che li contengono non ci permette di affermare se si verificarono in 10.000, 1.000 oppure 100 anni. Di conseguenza, non è di fatto possibile preferire una delle cause a cui generalmente si attribuisce la scomparsa dei dinosauri. Non soddisfa completamente l'ipotesi delle conseguenze immediate dell'impatto di un grande asteroide, di cui si ha traccia in alcune rocce sedimentarie di quel periodo: in questo caso, le polveri sprigionate avrebbero oscurato globalmente il Sole originando un rapido raffreddamento della superficie terrestre. Del resto, non soddisfa completamente neanche l'ipotesi che vuole il raffreddamento climatico dovuto all'azione oscurante delle ceneri emesse in atmosfera da una consistente e prolungata attività vulcanica, di cui comunque si ha traccia in alcune vaste aree, come quella del Deccan, in India. È molto probabile quindi che diverse cause insieme determinarono il tramonto di questa fase dell'evoluzione biologica, e in modo più graduale di quello che abitualmente siamo portati a pensare. Questa può essere una lezione di carattere generale: dal punto di vista geologico, infatti, breve non equivale necessariamente a catastrofico, cioè improvviso.
Alcuni fossili permettono di individuare in modo inequivocabile l'età delle rocce a cui appartengono. Sono organismi vissuti in un arco di tempo relativamente breve e che hanno goduto di un'ampia diffusione. Grazie a loro, è possibile stabilire che rocce anche collocate in luoghi molto distanti appartengono allo stesso periodo. Sono per esempio ottimi fossili-guida del Paleozoico i Trilobiti, invertebrati marini dal corpo segmentato in tre lobi, che popolarono i fondali sabbiosi di quella era moltiplicandosi in milioni di esemplari, mentre nel Mesozoico svolgono la stessa funzione varie specie di Ammoniti. Spesso hanno le caratteristiche dei fossili-guida organismi molto più piccoli: per esempio i Foraminiferi, organismi unicellulari di ambiente marino con guscio mineralizzato. A questo gruppo appartengono sia fossili con dimensioni anche di qualche centimetro, come le Nummuliti caratteristiche dei periodi Eocene e Oligocene, sia veri e propri microfossili come le Globigerine. I vari sottotipi di queste ultime, vissuti in differenti periodi dal Giurassico medio a oggi, sono in grado di suggerire con precisione la posizione nella scala dei tempi geologici delle rocce in cui risiedono.
Sono fossili anche le orme di animali vissuti nel passato, giunte fino a noi perché pietrificate. In particolare, sono suggestive, oltre che molto utili per le informazioni che se ne possono ricavare, quelle lasciate dai dinosauri nei loro spostamenti su superfici soffici che successivamente si sono indurite. Ne abbiamo importanti esempi anche in Italia: in Trentino, lungo la Valle dell'Adige nei pressi di Rovereto, troviamo orme di dinosauri di varie dimensioni, impresse circa 200 milioni di anni fa camminando sopra una fanghiglia calcarea di una laguna; oppure nel Lazio, vicino Latina, dove in rocce calcaree di circa 100 milioni di anni fa sono state recentemente rinvenute orme isolate e piste attribuite a dinosauri, sia erbivori di grandi dimensioni sia carnivori di più modesta grandezza. Tuttavia, il sito nazionale forse più rilevante, tanto da esser stato inserito in un parco naturale di recente istituzione, è quello di Altamura, nelle Puglie. Qui, sulla superficie di uno strato calcareo risalente a circa 70 milioni di anni fa, sono immortalate circa 30 mila impronte di dinosauri appartenenti perlomeno a cinque specie diverse.
Leonardo da Vinci ebbe modo di fare numerose osservazioni sui fossili. Alcune di queste risalgono al periodo in cui diresse le operazioni di scavo per grandi canali nella Pianura Padana, e sono raccolte in un famoso manoscritto (il Codice Leicester) recentemente tornato ai clamori della cronaca perché acquistato dal magnate dell'informatica Bill Gates. Leonardo dimostra con considerazioni che appaiono straordinariamente moderne che le teorie sull'origine dei fossili allora in voga non erano valide. Egli annota per esempio che resti di pesci e frammenti di conchiglie, spesso ritrovati insieme in uno stesso giacimento, non possono spiegarsi altrimenti se non come "accumulati lungo un antico lido dalle onde del mare"; e ancora, sulla presenza di fossili di organismi marini a centinaia di chilometri dal mare, che "sopra le pianure della Italia, dove oggi volano gli uccelli a torme, solean discorrere i pesci a grandi squadre".
I fossili più antichi, cioè quelli che testimoniano le forme di vita più primitive, sono in realtà concrezioni rocciose. Si chiamano stromatoliti e si formarono per l'accumulo incessante di sottilissimi livelli di minuscoli granuli minerali tra microscopici organismi viventi. Queste primordiali forme di vita erano alghe unicellulari che vivevano negli oceani ancestrali in acque basse e salate. Si può avere un'idea precisa delle loro caratteristiche in quanto vivono ancora oggi lungo le coste dell'Australia nordoccidentale, anche se molto rare, tanto da essere considerate veri e propri fossili viventi. Esse sono organizzate in colonie: durante le ore di sole protendono piccolissimi filamenti verso la luce per svolgere le funzioni vitali. In questo modo finiscono per raccogliere minuscoli sedimenti che di notte, quando i filamenti si adagiano, vengono definitivamente intrappolati. Le colonie crescono verso l'alto formando colonne calcaree stratificate. Le più antiche di queste graziose strutture fossili si ritrovano in rocce sedimentarie risalenti a 3,5 miliardi di anni fa. L'importanza di questi ritrovamenti sta nel fatto che le alghe delle stromatoliti producevano ossigeno, oggi così comune nell'atmosfera ma praticamente assente in quella primordiale. Grazie a loro si può quindi stabilire quando cominciò la cosiddetta rivoluzione dell'ossigeno, l'evento che ha consentito la diffusione della vita sulla Terra.