D'Annunzio, Gabriele
Poeta e scrittore, nato a Pescara il 12 marzo 1863 e morto a Gardone Riviera (Brescia) il 1° marzo 1938. La sua influenza sul cinema fu intensa e determinata non tanto dal suo coinvolgimento diretto nella realizzazione di film, quanto dal fatto di aver promosso una tendenza, il 'dannunzianesimo cinematografico', veicolata dalla trasposizione sullo schermo della sua opera letteraria (romanzi come Il piacere, L'innocente), i cui ingredienti sono il divismo, la sensualità, i personaggi raffinati ed estetizzanti (Verdone 1963). Il ruolo di D'A. nella storia del cinema va inoltre inteso come legittimazione della nuova arte in una prospettiva spregiudicata e d'avanguardia, dal momento che, tranne eccezioni come Giovanni Papini, gli intellettuali del tempo guardavano con diffidenza alla nuova Musa. Il saggio con cui D'A. si schiera a favore del cinema anche sul piano teorico (Del cinematografo considerato come strumento di liberazione e come arte di trasfigurazione), scritto in occasione dell'uscita sugli schermi di Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone, precedette infatti di due anni il manifesto La cinematografia futurista pubblicato su "L'Italia futurista" (nr. 9).D'A. era attratto dal cinema per gli stessi motivi per cui a suo tempo aveva sentito il fascino del teatro, ossia perché lo metteva in contatto con la Massa, "belva irrazionale", e perché il nuovo mezzo sarebbe stato in grado di produrre la visione che avrebbe mandato in estasi lo spettatore e soddisfatto il suo bisogno di magia, esotismo e meraviglioso. Il cinema inoltre costituiva una notevole fonte di guadagno per il poeta in un momento di particolare dissesto finanziario, tale da obbligarlo a rifugiarsi nel 1910 in Francia per sfuggire ai creditori. Per questi motivi, nel 1911 fu costretto a cedere alla casa di produzione Anonima Ambrosio di Torino i diritti per lo sfruttamento cinematografico di sei opere letterarie, dopo aver firmato già nel 1909 con la Luca Comerio di Milano un contratto, mai onorato, secondo cui avrebbe dovuto fornire dei soggetti cinematografici. Fra il 1911 e il 1920 furono prodotti complessivamente ventidue film di soggetto dannunziano.Anche per il cinema, come per il teatro, a partire dalla colossale operazione del film Cabiria voluta da Pastrone, D'A. si scelse un ruolo congeniale: quello dell'eroe che compie una missione salvifica e fondativa, realizzare cioè un cinematografo nuovo. Fece credere di aver inventato il soggetto (tratto invece da un romanzo di E. Salgari, Il romanzo delle fiamme), di aver selezionato e istruito gli attori e presieduto all'intero processo produttivo, quando in realtà si era limitato a riscrivere le didascalie in un linguaggio aulico e metaforico, a cambiare il nome ad alcuni personaggi e a scrivere un testo di presentazione per l'uscita sugli schermi del film che segnò il consolidarsi delle produzioni storiche e la messa a punto di una tecnica cinematografica più sofisticata, caratterizzata dall'introduzione del carrello e dall'uso di modellini per creare effetti spettacolari. Il secondo scenario che D'A. incluse nei 'saggi di arte muta' è La crociata degli innocenti, libretto destinato al teatro musicale, ma rifiutato sia da G. Puccini sia da P. Mascagni. I motivi che rendevano complicata la sua rappresentazione a teatro furono proprio quelli che lo resero adatto alla trasposizione cinematografica: la presenza di masse di fanciulli, i numerosi cambiamenti di luogo, la scena dell'incendio della torre Tibalda, il naufragio della nave ecc. La casa di produzione Musical Film di Remo Sonzogno cominciò le riprese nel 1915. Il cast era di ottimo livello: Alessandro Boutet e Gino Rossetti come direttori artistici, Giovanni Vitrotti e Sestilio Morescanti come operatori. Fra gli attori Bianca Virginia Camagni (Vanna La Vampa), Giulietta De Risa (Novella), prima attrice giovane della compagnia di Virgilio Talli, e Guido Graziosi (Odimondo), primo attore giovane della compagnia di Ermete Zacconi. La lavorazione del film, girato in esterni a Roma e a Napoli, fu portata a termine nel 1916 dalla Pax Films con la regia di Alberto Traversa. L'opera, distribuita nel 1917, è andata perduta e anche le vicende legate alla sua difficoltosa lavorazione restano oscure.Il terzo scenario, L'uomo che rubò la Gioconda, non fu mai realizzato come film. Prendeva spunto da un fatto di cronaca vera, il furto della Gioconda di Leonardo al Louvre, ma l'idea originaria era stata quella di scrivere un racconto. Solo nel periodo fiumano D'A. pensò di destinare il testo al cinema e lo pubblicò in francese (1932) con il titolo L'homme qui vola la Joconde.Il cinema fu per D'A. e per il figlio Gabriellino una fabbrica di riciclaggio di soggetti non realizzati, un affare potenziale che avrebbe portato denaro nelle tasche del padre e del figlio. Quest'ultimo sperava, sfruttando l'inventiva, il nome e l'abilità paterna, di "scrollarsi di dosso la polvere del palcoscenico". Ma l'unica impresa degna di rilievo che Gabriellino D'Annunzio, in collaborazione con Mario Roncoroni, riuscì a condurre in porto fu il film La nave (1921), interpretato dalla danzatrice russa Ida Rubinstein nel ruolo di Basiliola. Girato a Venezia e dintorni nel periodo in cui D'A. da Fiume lanciava proclami contro il governo, il film si inseriva nel progetto militare nazionalista fiumano come strumento di propaganda. Dopo La nave l'attività di D'A. nel cinema trovò nuovo alimento nell'uso politico e retorico del mezzo, inteso fondamentalmente come veicolo di messaggi rivolti alle masse, scrivendo le didascalie per i documentari Il Paradiso all'ombra delle spade e La nostra marina da guerra opera per le vittorie e la gloria d'Italia. Da sottolineare, infine, come i soggetti destinati al cinema ripropongano i più tipici miti dannunziani: la celebrazione della forza selvaggia di Roma antica nella sua lotta contro i popoli corrotti del Mediterraneo (Cabiria), i miti cristiani (La crociata degli innocenti) e i miti dell'arte (L'uomo che rubò la Gioconda).
Opere: G. D'Annunzio, Tutte le opere, a cura di E. Bianchetti e R. Forcella, 11 voll., 1939-1976 (in partic. i due volumi Tragedie, sogni e misteri).
L. Bianconi, D'Annunzio e il cinema, in "Bianco e nero", 1939, 11, pp. 90-101.
G. Sadoul, La tecnica rivoluzionaria nella Cabiria di Pastrone, in "Cinema", 1951, 58.
M. Verdone, Gabriele D'Annunzio nel cinema italiano, in "Bianco e nero", 1963, 7-8.
D'Annunzio e il cinema, in "Quaderni del Vittoriale", 1977, 4.
P. Alatri, D'Annunzio, Torino 1983, pp. 335 e segg.
M. Miraglia, Note in margine agli studi su D'Annunzio e il cinema, in M. Quesada, R. Bossaglia, Gabriele D'Annunzio e la promozione delle arti, Milano-Roma 1988, pp. 71-73.
P. Cherchi Usai, Alla ricerca della 'vittima eterna': Pastrone, D'Annunzio e l'edizione 1914 di Cabiria, in Gabriele D'Annunzio: grandezza e delirio nell'industria dello spettacolo. Atti del convegno internazionale, Torino 21-23 marzo 1988, Genova 1989, pp. 229 e segg.
V. Valentini, Un fanciullo delicato e forte. Il cinema di Gabriele D'Annunzio, Roma 1995.