Giganti
I figli rinnegati del Cielo e della Terra
Nati dalle divinità che rappresentano gli elementi fondamentali della natura (il Cielo e la Terra), i Giganti del mito greco sono esseri mostruosi che tentano, fidando nella loro straordinaria forza fisica, di rovesciare gli dei. Sono per questo puniti e rinchiusi nel centro infernale della Terra, e divengono simbolo di una superbia cieca ed empia
Crono, titano ultimogenito di Gea (la Terra) e di Urano (il Cielo), riesce con l'aiuto della madre a spodestare il padre, che teneva prigionieri tutti i suoi figli nel Tartaro ‒ una voragine infernale al centro della Terra ‒, e gli recide con una falce i genitali. Dal sangue di Urano, che feconda Gea, nascono i Giganti, esseri grandissimi per metà umani e per metà serpenti (secondo alcuni dalla vita in giù o, secondo altri, con le gambe rivestite di squame). L'aspetto di serpente, come per altre creature mostruose del mito antico, è simbolo del mondo sotterraneo e misterioso, spesso identificato con le forze del male, opposte al mondo celeste e olimpico: si pensi, per esempio, al serpente biblico che ingannò Eva.
I Giganti più famosi e ricordati, fra i circa cento nati da Gea, avevano nomi che in greco richiamavano gli elementi orridi della natura: Agrio ("selvaggio"), Encelado ("roboante"), Porfirione ("fiammeggiante"). Pur essendo mortali come gli uomini, la cieca fiducia nelle proprie smisurate forze fisiche li spinse a sfidare gli dei della generazione guidata da Zeus (il latino Giove). Alleatisi con alcuni Titani, con gli Ecatonchiri ‒ altri esseri enormi dotati di cento braccia, nati sempre da Gea e Urano ‒ e con alcuni eroi di statura gigantesca, mossero guerra agli dei facendo uso della loro straordinaria forza. Alcuni lanciarono alberi infuocati ed enormi macigni contro il cielo, altri strapparono le più alte montagne dal suolo e, ponendole una sull'altra, tentarono di arrivare fino all'Olimpo.
Ma Zeus e gli altri dei, anche grazie all'aiuto di Ercole, riuscirono a sconfiggerli, accecandone alcuni e fulminandone altri. I corpi bruciati e ancora fumanti di alcuni Giganti (o, secondo altri, i Giganti ancora vivi) furono rinchiusi sotto alte montagne che divennero così vulcani (per esempio Encelado fu schiacciato dall'Etna, in Sicilia; Tifeo dall'isola di Ischia).
Questa lotta fra divinità olimpiche e Giganti (detta, con una parola di origine greca, gigantomachia) fu uno dei motivi più frequenti nell'arte antica: un bassorilievo che rappresenta questa vicenda ‒ appartenente a un monumento della città di Pergamo, nell'attuale Turchia ‒ si trova oggi, ricostruito, al Museo di Berlino ed è uno dei più affascinanti esempi dell'arte antica.
Simbolo, già nell'antichità, della vittoria dell'intelligenza contro la forza bruta, lo scontro fra divinità celesti e Giganti fu interpretato, nel Medioevo cristiano, come vendetta divina sull'empietà di chi aveva osato paragonarsi a Dio. L'episodio della Torre di Babele narrato dalla Bibbia, infatti, apparve analogo a quello delle montagne poste dai Giganti una sull'altra per arrivare all'Olimpo: entrambi simboli di una sfida alla divinità. Così Dante Alighieri fa dei Giganti Anteo, Briareo e Fialte, ai quali unisce Nembrot (il biblico ideatore della Torre di Babele), gli insormontabili custodi collocati prima dell'ultimo cerchio dell'Inferno. "Li orribili giganti, cui minaccia / Giove dal cielo ancora quando tuona" (queste le parole del poeta) sono sprofondati in un'enorme voragine, ed emergono con la metà del corpo come altissime torri. Anteo, prendendo Virgilio e Dante con la sua mano gigantesca, li aiuta a oltrepassare la voragine.
I Giganti del mito greco, dalla forza mostruosa e straordinaria, superbi ma anche goffamente ingenui, hanno ispirato molte figure della letteratura moderna, sia drammatiche sia comiche, e costituiscono ancora oggi un motivo ben presente nell'immaginario collettivo contemporaneo, dai libri, al cinema (per esempio il gigantesco scimmione King Kong), ai fumetti.