Filosofo, scienziato (Napoli 1608 - Roma 1679). Allievo a Roma di B. Castelli, insegnò matematica a Messina, a Pisa, forse di nuovo a Messina e infine a Roma. In contatto con altri matematici e scienziati (tra i quali Torricelli e Malpighi), fu al centro di aspre polemiche scientifiche e di sospetti politici. Le sue ricerche, sorrette da una convinta adesione al metodo galileiano, coprono una vasta gamma di interessi: dal Delle cagioni delle febbri maligne (1649), spiegazione delle cause epidemiche in un contesto di filosofia corpuscolare, alle edizioni dei matematici greci (Euclide, Apollonio, Archimede), alle opere astronomiche e di fisica celeste, in cui, accanto a una lucida comprensione dei presupposti della nuova astronomia - egli era copernicano e kepleriano - raggiunse risultati originali (fondamentali la sua teoria delle comete e le sue riflessioni sulla gravità, esemplare l'enunciazione del principio d'inerzia). S'interessò altresì d'idraulica e di meccanica, e gettò le basi della moderna vulcanologia (Historia et metereologia incendii Aetnei, 1670). Ma il suo capolavoro resta il De motu animalium, frutto di una messe enorme di osservazioni e pubblicato postumo (1680-81): partendo dall'assunto che la vita sia una serie coordinata di fenomeni motorî, rappresentabili matematicamente, tratta, nella prima parte, dei moti esterni dell'animale, e nella seconda dei moti interni e cioè della totalità dei processi organici.