Gentile, Giovanni
La filosofia al potere
Gentile è stato, insieme a Benedetto Croce, l’artefice della rinascita della filosofia idealistica in Italia nei primi decenni del Novecento, filosofia di cui ha dato un’interpretazione particolare. Dopo aver aderito al fascismo, Gentile fu ministro dell’Istruzione e diede il suo nome a un’importante e duratura riforma della scuola. Fu anche un grande organizzatore culturale: basti pensare che concepì e diresse l’Enciclopedia Italiana
Nato a Castelvetrano, in Sicilia, nel 1875, Gentile fu uno dei protagonisti della rinascita dell’idealismo, che egli contrappose nettamente al positivismo e a qualunque concezione naturalistica della realtà e della storia. Ma, rispetto all’idealismo di Croce, quello di Gentile è caratterizzato da una assai più marcata ispirazione soggettivistica.
Gentile ravvisava la difficoltà delle filosofie idealistiche che lo avevano preceduto nel fatto che esse separavano il pensiero dal soggetto che pensa, e lo concepivano come pensiero oggettivato o pensato, laddove il pensiero è sempre pensiero pensante, ovvero pensiero in atto. Fuori del pensiero pensante, nessuna realtà è concepibile, e ogni realtà è tale solo e soltanto nell’atto in cui viene pensata. Per questo Gentile ha chiamato la propria concezione «idealismo attuale» e ne ha sempre sottolineato il radicale immanentismo, poiché qualunque cosa l’Io pensi (la natura, Dio, gli altri uomini) essa non ha realtà fuori dell’atto del pensiero che la pensa, e che, in quanto la pensa, la pone.
Questa immanenza di ogni realtà nel soggetto pensante, rivendicata dalla filosofia gentiliana, esercitò un grande fascino su molti intellettuali italiani, anche politicamente assai lontani da Gentile. Il giovane Gramsci e Piero Gobetti, per esempio, videro in essa la radice ideale di un forte impegno sociale e politico: poiché la filosofia di Gentile non muoveva dalla natura bensì dal pensiero, non dall’oggetto bensì dal soggetto, non da una realtà immutabile e inaccessibile a noi, bensì dagli uomini in quanto soggetti pensanti e operanti, essa richiedeva a questi ultimi il più grande impegno. E proprio perché la vita appariva come creazione eterna di nuovi valori, gli uomini dovevano sfuggire a qualunque tentazione egoistica e produrre una moralità più intensa, la quale poteva realizzarsi solo nei rapporti interumani, cioè nella società.
Gentile aderì al fascismo, nel quale vide l’artefice dello «Stato etico», in cui l’individuo non sarebbe stato più un atomo isolato, ma si sarebbe identificato interamente con la vivente eticità dell’organismo statuale. Dal 1922 al 1924 fu ministro della Pubblica Istruzione e attuò un’importante riforma della scuola che rimase in vigore, nelle sue linee essenziali, fino agli anni Novanta del Novecento. Tale riforma prevedeva la scuola elementare obbligatoria per tutti i ragazzi, al termine della quale si poteva scegliere tra un ciclo di scuola media inferiore e un corso di avviamento professionale (venne anche istituita una scuola complementare come un più modesto tipo di scuola media inferiore per i ceti popolari). Coloro che avevano frequentato le medie inferiori potevano accedere alle scuole superiori, articolate in quattro indirizzi fondamentali: il ginnasio- liceo classico, che dava accesso a tutte le facoltà universitarie e che doveva costituire «il vivaio principale delle classi superiori della nazione»; il liceo scientifico, che dava accesso alle sole facoltà scientifiche; l’istituto magistrale, che doveva formare i maestri elementari; l’istituto tecnico, con due indirizzi: commercio-ragioneria e agrimensura.
Nel 1925 Gentile redasse il Manifesto degli intellettuali fascisti, al quale Croce rispose con un ‘contromanifesto’ sottoscritto dagli intellettuali antifascisti (antifascismo). Assai vasta e incisiva fu la sua attività di organizzatore della cultura durante il ventennio fascista: concepì e diresse l’Enciclopedia Italiana, promosse la nascita di importanti istituzioni culturali (l’ISMEO – Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente – e l’Istituto per gli studi germanici); nel 1920 fondò e diresse fino alla morte il Giornale critico della filosofia italiana. Caduto il regime fascista, Gentile aderì alla Repubblica sociale italiana fondata da Mussolini sotto il controllo dell’esercito di occupazione tedesco. Venne ucciso a Firenze nel 1944, in un’imboscata tesagli da un gruppo partigiano.