GENTILE, Giovanni
Nacque a Napoli il 6 ag. 1906, terzogenito (con il gemello Gaetano) di Giovanni, il celebre filosofo, ed Erminia Nudi. Quello stesso anno la famiglia si trasferì a Palermo, ove il padre era stato chiamato dalla locale università, e in questa città trascorse la sua infanzia. Ebbe cinque fratelli: Teresa, la primogenita, Federico, il suo gemello Gaetano e i due minori Benedetto (così chiamato in onore di Benedetto Croce) e Fortunato. Dal 1914, sempre in seguito alle vicende della carriera universitaria del padre, la famiglia si trasferì a Pisa, ove rimase poco più di tre anni, per approdare poi a Roma. Qui, come tutti i suoi fratelli, il G. compì i propri studi liceali frequentando il liceo classico T. Tasso. Dopo la maturità partecipò al concorso di ammissione alla Scuola normale superiore di Pisa e, superatolo, si iscrisse nel 1923 a matematica (anche la sorella Teresa aveva affrontato gli studi universitari di matematica). Alla Normale strinse una grande amicizia, destinata a durare nel tempo, con Delio Cantimori e con Gilberto Bernardini.
Dopo il primo biennio di studi, influenzato dai corsi di Luigi Puccianti, uno dei maggiori studiosi italiani di spettroscopia, decise di passare alla fisica, pur continuando a frequentare i corsi di matematica, in particolare quelli di Luigi Bianchi.
Iniziò nel 1926 la preparazione della tesi di laurea sotto la direzione di Giovanni Polvani su un argomento di fisica sperimentale, l'effetto Stark-Lo Surdo. Il passaggio di Polvani all'Università di Bari nel gennaio 1927 lasciò il G. senza guida ed egli si orientò allo studio della recentissima produzione in meccanica quantistica di E. Schrödinger, che aveva incontrato nel corso degli studi sulle teorie dell'effetto Stark-Lo Surdo. La tesi di laurea, risultato di un'attività completamente autonoma, riguardava la fisica teorica, e presentava in sostanza una rielaborazione della memoria di Schrödinger sull'atomo di idrogeno. Nella tesi l'equazione di Schrödinger viene risolta con i metodi di Frobenius, anche detti dei polinomi, secondo una procedura che sarebbe stata adottata di lì a poco dalla maggioranza degli studiosi. In questo testo (mai pubblicato), intitolato Massa ed elettrone, è costantemente presente la preoccupazione di applicare la filosofia paterna dell'attualismo (il G. era solito seguire le lezioni universitarie del padre) alla meccanica quantistica: le difficoltà concettuali presenti nella meccanica quantistica non sono superabili se non si ammette che esse sono in verità momenti di un processo di crescita, aspetti inevitabili di un pensiero che si sviluppa, che svaniscono una volta comprese come tappe di una storia, e quindi non come formule finali bensì come momenti di un pensiero in atto.
Laureatosi con pieni voti assoluti e lode nel novembre 1927, il G. tornò a Roma, ove per sei mesi ebbe un incarico di assistente all'istituto di fisica, trovando così l'occasione di lavorare sotto la guida di Enrico Fermi. Il rapporto con Fermi non risultò molto felice e negli anni seguenti il G. rimarrà sostanzialmente estraneo alla "scuola di Roma". All'Università di Roma incontrò Ettore Majorana, cui si legò immediatamente con salda amicizia.
In questo periodo pubblicò i suoi primi lavori: tre note per l'Accademia dei Lincei, di cui una in collaborazione con Majorana, tutte di applicazione della meccanica quantistica ai modelli atomici: l'instabilità del modello di Rutherford, la configurazione elettronica del calcio, il calcolo delle autofunzioni dei termini ottici del cesio e del gadolinio (Sulla teoria dei satelliti di Rutherford, in Rend. della Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze fisiche, matem. e naturali, s. 6, VII [1928], pp. 346-349; Sui termini accentati del calcio, ibid., pp. 910-915; Sullo sdoppiamento dei termini Roentgen e ottici a causa dell'elettrone rotante e sulle intensità delle righe del cesio [con Majorana], ibid., VIII [1928], pp. 229-233).
Dopo un periodo di interruzione degli studi di un anno e mezzo dovuta al servizio militare, nel 1929 il G. vinse una borsa di studio ministeriale per il perfezionamento all'estero e si recò a Berlino presso l'Istituto di fisica teorica diretto da Schrödinger.
Qui cominciò a occuparsi della struttura iperfine delle righe spettrali, in particolare dell'estensione degli usuali modelli vettoriali di Russell-Saunders al caso in cui anche il nucleo sia fornito di momento magnetico. La soluzione del problema ottenuta dal G. non fu pubblicata, poiché nel gennaio 1930 comparve la soluzione proposta da Fermi. Il G. si dedicò allora, collaborando con H. London, alla teoria quantistica della valenza, trattando dell'interazione tra due atomi di elio e tra un atomo di elio e un atomo di idrogeno (Wechselwirkung zwischen einem H- und einem He- Atom und zwischen zwei He- Atomen, in Zeitschrift für Physik, LXIII [1930], pp. 795-802).
Nel secondo semestre del 1930 si trasferì a Lipsia, per lavorare sotto la direzione di W. Heisenberg.
Qui si occupò della raffigurazione dei fenomeni magnetici nei reticoli cristallini, esponendo i risultati della sua ricerca in Italia e in Germania (Zur Anisotropie der Magnetisierung ferromagnetischer Einkristalle [con F. Bloch], ibid., LXX [1931], pp. 395-408; Dipendenza della direzione dell'intensità di magnetizzazione in cristalli ferromagnetici, in Il Nuovo Cimento, s. 8, VIII [1931], pp. XCVIII s.).
Tornato in Italia nell'ottobre 1931, ottenne la libera docenza in fisica teorica e nel 1932 fu chiamato a Pisa, dietro proposta di Puccianti, con l'incarico dall'insegnamento di questa disciplina. Questo incarico gli sarà confermato fino al 1936. Poiché a Pisa era già impartito in altri corsi un insegnamento elementare di meccanica quantistica, nel proprio corso il G. trattò argomenti monografici, varianti di anno in anno, su tematiche d'avanguardia. Egli fornì però anche delle dispense per l'insegnamento dei fondamenti della meccanica quantistica (Lezioni di meccanica quantistica, Pisa 1934).
Gli anni che seguirono il suo ritorno in Italia non furono per il G. di grande produttività scientifica, riducendosi le sue pubblicazioni attorno ad argomenti di ricerca avanzata a un solo articolo, uscito nel 1934, dedicato ancora al ferromagnetismo, precisamente alla teoria della "rimanenza" che in quegli anni aveva elaborato il suo amico di Lipsia Bloch (Sopra la teoria della rimanenza e della curva di magnetizzazione, in Il Nuovo Cimento, XI [1934], pp. 20-33).
Questo calo di produttività può essere attribuito, da un lato, a un periodo di turbamento psicologico, a volte di vera e propria depressione, dall'altro al rivolgersi dell'attenzione del G. in questi anni a problemi generali riguardanti sia i fondamenti della meccanica quantistica, sia quelli della scienza più in generale. Il G. si dedicò infatti alla stesura di una monografia sulla fisica nucleare la quale intendeva raccogliere e discutere il complesso di risultati raggiunti in questo settore (il volume sarà pubblicato in ritardo, a causa di svariate vicende editoriali, solo nel 1937, a Roma, con il titolo Fisica nucleare) e scrisse vari saggi che si occupavano di problematiche filosofiche connesse tanto alla fisica dell'atomo quanto ai caratteri metodologici della fisica classica; a tale problema dedicò varie voci per l'Enciclopedia Italiana (queste furono anche raccolte in volume e pubblicate a Firenze, presso Sansoni, nel 1937 con il titolo Questioni classiche di fisica, mentre i saggi sulla filosofia della fisica atomica, comparsi dapprima su varie riviste, saranno raccolti, insieme con numerose pagine inedite di filosofia e di critica letteraria, di cui il G. era non episodico cultore, nel volume postumo Scritti minori di scienza, filosofia e letteratura, Firenze 1943). Egli si impegnò anche a far conoscere in Italia scrittori come J. Jeans e P. Jordan, i quali traevano dalla fisica novecentesca argomenti in favore dell'idealismo in campo filosofico.
Nelle sue riflessioni filosofiche il G. sviluppò la posizione già presente nella sua tesi di laurea, secondo la quale la filosofia dell'attualismo, elaborata dal padre, è filosofia adatta a comprendere la scienza. Se il padre aveva duramente polemizzato con la "morta" e "materialista" scienza del positivismo opponendole la propria filosofia, il G., in linea con un moto di ripensamento circa i rapporti tra scienza e filosofia che negli anni Trenta coinvolse molti membri della scuola neoidealistica, attribuì alla fisica del Novecento il merito di aver posto in chiara evidenza che la scienza, rettamente intesa, costituisce un forte argomento in favore dell'idealismo. Ciò per il G. era già vero per la scienza seicentesca, galileiana, il cui metodo partiva dal riconoscimento della ineliminabile presenza di un elemento di giudizio umano in ogni presunto "fatto" scientifico, e dunque dichiarava la soggettività come necessaria origine di ogni realtà e dimostrava puramente illusoria ogni forma di oggettivismo: "Il contenuto sperimentale in una certa scienza è concretamente una cosa sola con i motivi spirituali che sorgono all'interno di quella scienza e che si controllano con l'atto dell'esperienza" (Questioni classiche di fisica, p. 15). Ma a parere del G. l'oggettivismo filosofico viene bandito definitivamente dalla scienza con l'avvento della meccanica quantistica. In particolare le riflessioni di Niels Bohr (giudicato "il pensatore più forte tra i fisici moderni") circa il principio di indeterminazione e quello di complementarità hanno liquidato "tutte le utopie materialistiche d'un tempo", mettendo in luce il lato soggettivo di ogni nostra rappresentazione dei fenomeni naturali, proponendo una concezione del fatto scientifico secondo la quale non si stacca l'evento dall'osservatore e l'osservatore si considera presente a quell'evento. Tutto questo per il G. non solo rientra perfettamente nei quadri concettuali dell'idealismo, ma è anzi già stato da tempo anticipato dall'idealismo, e dall'attualismo in particolare, per il quale un pensiero astratto non esiste come verità. L'unica verità consiste invece nel pensiero concreto attuale, formula che per la meccanica quantistica si traduce in quest'altra: "Questa natura direttamente a contatto con noi è l'atto stesso d'osservare: osservatore più oggetto di osservazione" (Scritti minori…, p. 27).
L'interesse maturato per le questioni fondazionali della fisica spinsero il G. nella seconda metà degli anni Trenta a elaborare e avviare un progetto editoriale di grande respiro: una serie di testi, da pubblicarsi presso la casa editrice Sansoni, divenuta di proprietà della famiglia Gentile, dedicati ai fondamenti della fisica, sul modello di quella realizzata sui fondamenti della matematica per Zanichelli dal grande "nemico del padre", Federigo Enriques, cui lo stesso titolo generale si ispirava: Questioni di fisica. Il progetto, che intendeva coinvolgere tutti i maggiori studiosi italiani, ebbe una gestazione molto lunga e non sarà realizzato a causa della morte del G., sopravvenuta quando ormai era pronto il materiale per il primo volume.
Nel novembre 1936 il G. si trasferì da Pisa a Milano, ove era stato chiamato per coprire l'incarico di fisica teorica e quello di calcolo delle probabilità.
Qui lavorò sulla teoria degli effetti polarizzanti delle fenditure, problema di cui ci si occupava sperimentalmente a Milano, scrivendo un saggio che verrà pubblicato solo postumo: Per la teoria degli effetti polarizzanti delle fenditure, in Il Nuovo Cimento, s. 9, I-II (1943-44), pp. 161-175.
Nel 1937 partecipò al concorso di fisica teorica bandito dall'Università di Palermo. In precedenza si era tenuto un solo concorso per questa materia di studi, quello vinto da Fermi, ed esistevano in Italia ormai molti studiosi degni, alcuni dei quali dovevano essere necessariamente sacrificati. Ettore Majorana, che da alcuni anni si era ritirato in un isolamento quasi completo, presentò la propria candidatura sorprendendo tutti e sconvolgendo l'accordo stabilito tra i commissari (che erano Fermi, O. Lazzarino, E. Persico, Polvani, A. Carrelli). Il concorso fu sospeso per alcuni mesi e Majorana fu nominato professore per "meriti eccezionali". Quando il concorso riprese fu proclamata una terna di vincitori che comprendeva Giancarlo Wick, Giulio Racah e il Gentile. Appena proclamato vincitore il G. fu chiamato come titolare della cattedra di fisica teorica a Milano.
Trovato un equilibrio psicologico, anche grazie al matrimonio con una giovane studiosa di storia dell'arte romana, Vincenza Bartalini, conosciuta nell'agosto del 1937 e sposata il 3 genn. 1939 (dal matrimonio nacquero i figli Enrico ed Erminia), il G. cominciò un periodo di attività molto intensa e feconda.
Si occupò della questione dei limiti dell'elettrodinamica relativamente ai raggi cosmici (Sui limiti dell'elettrodinamica ed i nuovi risultati sperimentali sulla radiazione cosmica, in Il Nuovo Cimento, s. 8, XVI [1939], pp. 113-135), delle equazioni di Dirac per le particelle elementari (Sulla rappresentazione del gruppo di Lorentz e sulla teoria di Dirac dell'elettrone, ibid., pp. 181-190; Sulle equazioni d'onda relativistiche di Dirac per particelle con momento intrinseco qualsiasi, ibid., XVII [1940], pp. 5-12), dell'applicazione della teoria dei gruppi nella teoria quantica dei termini spettroscopici (Per la teoria del modello vettoriale dell'atomo, in Rend. dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, LXXIV [1940-41], pp. 30-36) e di altre questioni minori.
Nel 1938, durante un viaggio nei paesi di lingua tedesca, strinse una forte amicizia con Arnold Sommerfeld, che già aveva conosciuto alcuni anni prima. Da questa amicizia derivò un notevole epistolario scientifico.
Il suo maggiore contributo teorico di questo periodo, che rappresenta anche il massimo risultato dell'intera sua attività, è costituito dalle memorie sulle statistiche intermedie (Osservazioni sopra le statistiche intermedie, ibid., LXXIV [1940-41], pp. 133-137; Le statistiche intermedie e le proprietà dell'elio liquido, in Rend. del Seminario matematico e fisico di Milano, XV [1941], pp. 96-114; Sopra il fenomeno della condensazione del gas di Bose-Einstein, in Ricerca scientifica, XII [1941], pp. 341-346). Nei due tipi di statistiche per gli oggetti atomici risalenti a Bose-Einstein e a Fermi il numero massimo di occupazione per ogni cella dello spazio di fase è rispettivamente infinito o uno; il G. cominciò a trattare il caso, più generale, che il numero massimo di occupazione fosse un qualsiasi intero maggiore di uno, stabilendo le formule generali di ripartizione dell'energia. Queste formule sono applicate al caso dei gas degeneri, nei quali il numero massimo di occupazione è al massimo quello stesso delle molecole costituenti il gas; dunque essi non risultano trattabili con le statistiche di Bose-Einstein, ottenendo una trattazione teorica del fenomeno di condensazione del gas di Bose-Einstein e una interpretazione di alcune singolari proprietà dell'elio liquido. Da questi lavori prese avvio un settore di ricerca teorica dedicato alla trattazione di particelle soggette alle statistiche intermedie dette, in onore del G., "gentilioni", distinte dai "bosoni" e dai "fermioni".
Nel momento in cui il G. aveva dato avvio a un programma di ricerca di rilevante importanza, un attacco di setticemia, conseguenza di un banale ascesso dentario, lo stroncò a Milano il 30 marzo 1942.
Fonti e Bibl. Presso il Dipartimento di Fisica dell'Università La Sapienza di Roma è conservato un fondo archivistico comprendente materiali il cui arco temporale va dal 1923 circa fino alla scomparsa nel 1942, mentre parte della corrispondenza di G. si trova presso la Fondazione Gentile. Sul G. e sulla sua attività si veda: In memoria di G. G. iunior, Pisa 1942; G. Gentile, Ricordi di Giovannino, Verona 1942; C. Salvetti, G. G. iunior, in Rend. del Seminario matematico e fisico di Milano, XVI (1942), pp. XIII s.; G. Polvani, G. G. iunior, in Il Nuovo Cimento, s. 9, I-II (1943-44), pp. 155-160; L. Fermi, Atomi in famiglia, Milano 1954, p. 124; L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, Torino 1975, p. 87; M. Cattani - N.C. Fernandes, A gentilionic approach to quark colours, in Il Nuovo Cimento, s. 10, LXXXVII (1985), 1, pp. 70-115; B. Gentile, Ricordi e affetti, Firenze 1988, pp. 72 ss.; V. Somenzi, Tra fisica e filosofia, Abano Terme 1989, p. 8; R. Maiocchi, Meccanica quantistica e relatività a Milano negli anni Trenta, in L'immagine e il mondo, Milano 1989, pp. 91 s.; Id., Non solo Fermi, Firenze 1991, pp. 149-155.