Filosofo e storico italiano della filosofia (Roma 1904 - ivi 1986); prof. nelle univ. di Firenze (1931-34), Pisa (1934-1950), Roma (dal 1950); socio nazionale dei Lincei (1971). Fu avversario del fascismo (nel 1942 patì il carcere), teorico e animatore del movimento liberal-socialista (Difesa del liberal-socialismo, 1945). Discepolo di Giovanni Gentile, ne visse l'interna crisi, approdando a una concezione filosofica (presenzialismo) che, contro ogni astratto logicismo e gnoseologismo, risolve l'atto gentiliano in prassi morale. L'io, considerato nella sua realtà e concretezza si esplica, più che come attività conoscitiva, come volontà consapevole e riconoscimento della "presenza" degli altri nella propria sfera. Di qui l'alto valore del principio del dialogo come imperativo etico che comanda in modo assoluto "il dovere discutere" e "lo sforzo di capire gli altri" (La conclusione della filosofia del conoscere, 1938, 2a ed. accresc. 1960; La scuola dell'uomo, 1939, 2a ed. accresc. 1956; Lezioni di filosofia, 3 voll., 1946-48; Logo e dialogo, 1950; Filosofia del dialogo, 1962; Ideale del dialogo o ideale della scienza?, 1966, con U. Spirito). Importante anche la sua opera di storico della filosofia antica: I fondamenti della logica aristotelica (1927; 1968); Studi sull'eleatismo (1932); Storia della logica antica (I, 1967); Scritti minori di filosofia antica (1985).