Scrittore e diplomatico spagnolo (Granada 1503 - Madrid 1575). È una delle figure più eminenti della cultura spagnola del sec. 16º, perfetta incarnazione dell'aristocratico rinascimentale, soldato e uomo di lettere. La sua opera principale, Guerra de Granada (1627), per i particolari pittoreschi, che peraltro rallentano il ritmo della narrazione, costituisce un modello eccellente di prosa spagnola.
Della più eletta aristocrazia cortigiana di Spagna - il padre, Íñigo López de Mendoza, era capitano generale del regno di Granata, e i fratelli governatori nei possedimenti imperiali dalle Fiandre al Perù - l'H. ne seguì la tradizione. Vissuto nel periodo più glorioso della storia spagnola, ne percorse i vasti dominî da soldato, ne conobbe le corti amiche da diplomatico, e da puro letterato ne studiò, specie nell'Italia umanistica, la poesia e il pensiero. A Granata apprese il latino alla scuola dell'italiano Pietro Martire d'Anghiera; continuò gli studi classici e orientali a Salamanca, dove si perfezionò nella conoscenza del greco, ebraico e arabo. Passò quindi in Italia, cavaliere nell'esercito che vinse a Pavia; e a Padova, Bologna, Roma rinsaldò la propria cultura filosofica, giuridica e filologica. L'Italia diventò così la terra della sua giovinezza, maturatasi via via nell'esercizio continuo della politica e nell'ardore non mai spento per gli studi umanistici. Ambasciatore a Venezia (1539-1547), rappresentante di Carlo V al Concilio di Trento (1545), ambasciatore a Roma dal 1547, governatore di Siena, dove condusse una forte campagna repressiva, ritornò in Spagna nel 1554, impiegato da Filippo II in altre importanti missioni. Erano quelli gli anni più delicati per i rapporti diplomatici e correvano allora avvenimenti difficili per conservare la fiducia dell'imperatore; ma l'H. disimpegnò i suoi incarichi con tatto intelligente e fu sempre consapevole delle gravi responsabilità a cui era chiamato. Nel 1567, in seguito a una rissa avuta alla corte, ne fu allontanato; visse a Granata fino al 1574, appartato e chiuso in sé stesso, soltanto in relazione epistolare con politici ed eruditi, specie con J. Zurita, eminente storiografo.
Tra le composizioni attribuitegli sono certamente sue: la raccolta poetica delle Obras (1610), contenente sonetti, canzoni, epistole, che rivelano, nella tecnica e nella espressione non sempre immediata e personale, le fonti d'imitazione, da Orazio alla lirica italiana e castigliana antica. L'opera sua più importante è la storia della già citata Guerra de Granada, divisa in quattro libri, sulla sollevazione dei moti granadini contro Filippo II. Nella sua imparzialità non risparmia aspre critiche ai capi, né evita di determinare le cause della ribellione, anche a rischio di rivelare la disorganizzazione politica e militare. Gli è stata attribuita la paternità del Lazarillo.