immunità di gregge In medicina, locuzione con cui si designa l’immunità raggiunta da una determinata percentuale di popolazione quando la risposta immunitaria prodotta dall’esposizione diretta a un agente infettivo o dalla copertura vaccinale ne limita la circolazione, determinando in tal modo anche la protezione indiretta degli individui non difesi. Impiegata negli anni Venti del Novecento in ricerche epidemiologiche sui topi, la teoria è stata pubblicata nel 1933 dall’immunologo A.W. Hedrich nei suoi studi sulle epidemie di morbillo verificatesi negli Stati Uniti nei primi due decenni del 20° secolo - trovando applicazione negli anni Quaranta in Italia negli studi sulla malaria - e sviluppata negli anni Settanta da C.E.G. Smith e K. Dietz con l’elaborazione di un teorema sulla soglia semplice. Il teorema consente di calcolare il numero di soggetti vaccinati necessario a ridurre l’incidenza dell’infezione anche in presenza di soggetti non coperti, tale numero variando, secondo gli altri criteri indicati dall'Organizzazione mondiale della sanità, sulla base della trasmissibilità dell’agente virale, dell'efficacia del vaccino e dei modelli di contatto della popolazione. Sottoposte ad ampie revisioni critiche, e talora aspramente contestate, le teorie sull’immunità di gregge hanno trovato vasta risonanza nel dibattito scientifico e mediatico sviluppatosi dagli inizi del 21° secolo in merito alle vaccinazioni obbligatorie sui minori, alle campagne vaccinali annuali per l’influenza stagionale e a quelle contro agenti patogeni responsabili di epidemie quali Ebola, Sars e, più recentemente, al vaccino contro la pandemia da Covid-19.