Gandhi, Indira (nata Nehru)
(nata Nehru) Politica indiana (Allahabad 1917-Nuova Delhi 1984). Appartenne a una «dinastia» che già con il nonno Motilal Nehru e il padre Jawaharlal Nehru aveva ricoperto un ruolo di primo piano nella vita politica dell’India; hanno poi seguito le sue orme i figli Rajiv e Sanjay (1946-1980), le nuore Sonia (n. 1946) con i nipoti Rahul (n. 1970) e, più defilata, Priyanka (n. 1972); la nuora Maneka (n. 1956), e il figlio di questa Varun (n. 1980), hanno invece adertito al Bharatiya janata party. Compì gli studi prima all’università Visva-Bharati, fondata dal poeta R. Tagore a Santiniketan (West Bengal), e poi a Oxford. Tornata in patria nel 1941, aderì al movimento nazionalista nelle fila dell’Indian national congress e nel 1942 sposò, con rito indù, il parsi Feroze Gandhi (1912-1960), giornalista e compagno di partito. Entrambi parteciparono alla campagna Quit India e vennero arrestati. Nei primi anni dopo l’indipendenza indiana (1947) affiancò il padre, allora primo ministro, ed entrò a far parte del comitato esecutivo del Congress (1955), di cui divenne presidente nel 1959. Dopo la morte di Jawaharlal (1964), fu ministro dell’Informazione nel governo Shastri; nel 1966 fu scelta dal cd. Syndicate del Congress come nuovo primo ministro, venendo preferita al leader della destra interna Morarji Desai. Alle elezioni del 1967 il Congress ottenne una risicata maggioranza e G., pur essendo confermata nella carica di capo del governo, dovette accettare Desai come vice primo ministro e ministro delle Finanze in base a un compromesso con la vecchia guardia. Mal sopportando la tutela dei conservatori, G. si adoperò per rilanciare la linea di riforme di stampo socialista che il padre aveva tentato di portare avanti nei primi anni di governo. Nel 1969 nazionalizzò le banche e privò Desai del portafoglio delle Finanze, il che causò una scissione del partito: il nuovo Indian national congress (organisation) o Congress (O) passò all’opposizione, mentre la fazione guidata da G. rimase alla guida del governo con l’appoggio esterno di comunisti e socialisti. G. avviò inoltre un programma di sviluppo delle armi strategiche culminato nel primo test nucleare indiano a Pokahran in Rajasthan («Smiling Buddha», 1974). Sul finire degli anni Sessanta, G. proseguì la politica di rafforzamento della sua leadership e adottò importanti misure a sostegno delle esportazioni (svalutazione della rupia), dell’industria e della produzione agricola nel quadro della cd. rivoluzione verde (già avviata in India nel 1965). Nel 1971, dopo una netta affermazione elettorale, decise l’intervento dell’India nella guerra che portò alla secessione del Pakistan orientale e alla nascita del Bangladesh. In tale occasione seppe opporsi con fermezza a R. Nixon, contrario all’intervento dell’India, e firmò un trattato di amicizia e cooperazione con l’Unione Sovietica di A. Kosygin e L.I. Brežnev, che poneva di fatto fine all’adesione dell’India al movimento dei Paesi non-allineati. Forte dei brillanti successi sul piano internazionale, G. guidò il Congress a una nuova affermazione nelle elezioni alle assemblee legislative degli Stati federati nel 1972. Nelle tornate elettorali del 1971-72 aveva replicato allo slogan dei suoi oppositori, Indira hatao (in hindi, «eliminate Indira»), con il contro-slogan garibi hatao («eliminate la povertà») e un piano di investimenti statali volto a migliorare le condizioni degli strati sociali meno abbienti. Anche se la concreta realizzazione di questo e di altri piani di sviluppo risultò alquanto limitata, G. riuscì a stabilire un contatto diretto e personale con le masse indiane, aggirando la tradizionale mediazione di notabili e leader di casta superiore radicati nei distretti sia rurali sia urbani. Mediante un abile utilizzo dei mezzi di comunicazione realizzò un autoritarismo populista e accentratore che, se da un lato finì per allontanare dal partito numerosi influenti membri, suscitando altresì vivaci movimenti di protesta popolare – tra cui le campagne di disubbidienza civile condotte da Jayaprakash Narayan –, dall’altro proiettò G. come guida unica del Congress e delle masse indiane. Secondo i suoi sostenitori, il cd. Indira magic aveva consentito a un partito dilaniato dalle lotte intestine di recuperare un largo consenso e avvicinare la politica alla gente comune. Nel 1972 G. siglò con il primo ministro pakistano Zulfiqar Ali Bhutto l’Accordo di Shimla, con il quale India e Pakistan si impegnavano a rispettare la Linea di controllo (LoC) stabilita nel 1949 nella regione del Jammu e Kashmir, e a cercare una soluzione del conflitto anche coinvolgendo la popolazione kashmira, escludendo la possibilità di un futuro intervento delle Nazioni unite nella cd. questione del Kashmir. Nei primi anni Settanta il peggioramento della situazione economica del Paese suscitò un’ondata di scioperi e proteste cui il governo rispose con fermezza. Nel 1975 si ebbe una nuova svolta autoritaria quando il tribunale di Allahabad giudicò G. colpevole di abuso d’ufficio nelle elezioni del 1971. La condanna la escludeva dal parlamento e da ogni carica pubblica per sei anni. Il 25 giugno, due giorni dopo la sentenza, il governo emanò un’ordinanza in cui si dichiarava lo stato di emergenza nazionale al fine di neutralizzare «le forze della disintegrazione» e proseguire la politica di sostegno agli strati inferiori della popolazione. Nei giorni seguenti, migliaia di oppositori di G. in tutta l’India vennero arrestati e posti in detenzione senza processo, tra cui Jayaprakash Narayan. La stampa fu imbavagliata, mentre una battente campagna propagandistica proiettava G. come garante della grandezza, della disciplina e dell’integrità nazionale. Gli Stati federati guidati da partiti di opposizione, come Gujarat e Tamil Nadu, vennero posti sotto il diretto controllo del centro. Contemporaneamente fu annunciato un programma in 20 punti per il progresso economico, che prevedeva la riduzione dei prezzi di beni essenziali, l’aumento dei salari dei lavoratori dipendenti, la riforma della proprietà fondiaria, l’alleggerimento del prelievo fiscale per le classi medie e la cancellazione dei debiti per gli indigenti. L’emergency durò per due anni, al termine dei quali G. indisse nuove elezioni generali, forse ritenendo di poter avere la meglio su un’opposizione reduce da una prolungata inattività. I suoi calcoli si dimostrarono però errati, e nel 1977 il Janata party, coalizione dei partiti anti-Indira, vinse le elezioni e formò un governo sotto la guida di Morarji Desai. G. accettò il verdetto, e per far fronte a una nuova scissione interna del suo partito fondò il Congress (I), così denominato dall’iniziale di Indira. Per due volte, tra il 1977 e il 1978, fu arrestata per corruzione. Ben presto l’eterogenea coalizione del governo dello Janata fu attraversata da profondi dissensi interni, sia personali sia ideologici, che ne provocarono la dissoluzione. G. si presentò allora come l’unico soggetto politico capace di riportare ordine e stabilità nella compagine governativa, e vinte con largo margine le elezioni del 1980 divenne nuovamente primo ministro. In questo terzo mandato ebbe a fronteggiare un’intensificazione degli scontri fra comunità religiose e movimenti autonomisti. G. accentuò il controllo personale sulla vita del partito indebolendo i leader con una base consolidata nei diversi Stati e sostenendone gli oppositori locali. In Panjab, per neutralizzare le rivendicazioni separatistiche dei e dell’Akali Dal, decise inizialmente di appoggiare il predicatore religioso Jarnail Singh Bhindranwale; ma presto si trovò costretta a ricorrere a mezzi drastici per arrestarne la cruenta deriva terroristica. Dopo l’intervento dell’esercito indiano nel Tempio d’oro di Amritsar (operazione «Blue star», 1984), che provocò centinaia di morti fra i sikh e una serie di violenze in tutto il Paese, il 31 ottobre G. fu uccisa da due guardie del corpo sikh.