inflazione e deflazione
I prezzi aumentano e, talvolta, diminuiscono
L'inflazione indica il fenomeno per il quale col passare del tempo i prezzi di acquisto dei prodotti e dei servizi tendono in genere ad aumentare. Tuttavia, in alcuni periodi si può verificare una riduzione dei prezzi, definita deflazione. Particolare attenzione viene rivolta da parte degli economisti ai fenomeni di inflazione e deflazione per comprendere le cause ed elaborare interventi che permettano di controllarli e di valutarne gli effetti sull'economia
Con il termine inflazione si indica l'aumento nel tempo dei prezzi. Per misurare tale incremento si utilizza il tasso di inflazione ricavato in base a una formula matematica che permette di confrontare i prezzi di uno stesso bene in due diversi anni.
Consideriamo per esempio di voler calcolare il tasso d'inflazione di un paio di pantaloni che nel 2005 costava 100 euro e nel 2006 110 euro. Inserendo il valore del prezzo dei pantaloni nel 2005 (pari a P2005) e degli stessi pantaloni nel 2006 (pari a P2006) nella
ottenete un tasso d'inflazione del 10%. Questo valore indica di quanto è aumentato il prezzo dei pantaloni (10 euro) rispetto al valore dell'anno precedente (100 euro). Il calcolo del tasso d'inflazione riferito a un solo bene risulta molto semplice. Per valutare l'andamento dei prezzi di un mercato che produce diversi beni e servizi è necessario costruire un indice dei prezzi, ossia un numero, ricavato in base a complicate formule matematiche, che tenga in considerazione i prezzi di tutti i beni e servizi in relazione al loro contributo alla produzione totale di un paese. Il tasso d'inflazione indica in questo caso l'incremento dell'indice dei prezzi nell'arco temporale e dà conto dell'andamento medio dei prezzi di un paese.
Il tasso d'inflazione varia nel corso del tempo, da paese a paese e, all'interno dello stesso Stato, da prodotto a prodotto. Cosa determina questo incremento dei prezzi? Sono soprattutto tre i motivi a cui si può ricondurre l'inflazione. In primo luogo, i prezzi possono aumentare a seguito di un incremento dei costi sostenuti per la produzione. Quando si verifica, per esempio, un aumento del salario dei lavoratori oppure un innalzamento dei costi delle materie prime utilizzate nella produzione, le imprese che intendono mantenere lo stesso guadagno aumentano i prezzi di vendita. In secondo luogo, l'inflazione è anche determinata da aumenti della domanda da parte dei consumatori che le imprese sono disposte a soddisfare solo in cambio di un incremento dei prezzi. Infine, i prezzi si innalzano quando la banca centrale immette sul mercato molta moneta.
In seguito all'incremento dei prezzi la moneta perde valore. Se riconsideriamo l'esempio iniziale possiamo affermare che, mentre nel 2005 con 100 euro potevate acquistare un paio di pantaloni, in seguito questa somma di denaro non risulta più sufficiente per lo stesso acquisto e quindi vale di meno. Sulla base di questa osservazione, immaginiamo come cambia la situazione di Caio che ha ricevuto un prestito di 100 euro da Tizio e che verso di questi è pertanto debitore. In seguito all'inflazione, l'anno successivo il credito di Tizio nei confronti di Caio, anche se rimane di 100 euro, perde di valore. Pertanto in presenza di inflazione i debitori traggono vantaggi dalla perdita di valore del denaro ricevuto in prestito a scapito dei creditori. In generale, tutti coloro che guadagnano un salario fisso o percepiscono una pensione vengono svantaggiati dal minore valore della moneta ed è per questo motivo che periodicamente i salari e le pensioni vengono ricalcolati (indicizzati) in base all'andamento dei prezzi. Tuttavia tali adeguamenti salariali possono avere effetti molto negativi sull'economia del paese a causa della cosiddetta spirale inflazionistica. L'aumento dei salari potrebbe infatti spingere l'imprenditore che intende mantenere lo stesso profitto a innalzare i prezzi generando nuova inflazione che a sua volta spinge al rialzo i salari indicizzati. In questo modo il livello dei prezzi sfugge al controllo delle autorità economiche e il paese rischia di entrare in situazioni di inflazione galoppante (con tassi superiori al 5%) o addirittura di iperinflazione (superiori al 20%).
Il termine deflazione è utilizzato dagli economisti per definire situazioni diverse, a volte in contrasto tra loro. Una prima interpretazione definisce la deflazione come il fenomeno opposto all'inflazione. È difatti possibile, anche se più raro, che in un paese si verifichi per un determinato lasso di tempo una riduzione generalizzata dei prezzi. Poiché la deflazione può essere accompagnata da una diminuzione della produzione o da un rallentamento della sua crescita, il termine è il più delle volte utilizzato per indicare una fase di recessione o di stagnazione economica. Tuttavia, gli studiosi di economia hanno rilevato che in alcuni particolari periodi, come per esempio durante gli anni Settanta del Novecento, si siano verificati nei principali paesi industrializzati casi in cui a una contrazione dell'offerta si è accompagnato un aumento dei prezzi.
La deflazione è una situazione sicuramente positiva dal punto di vista dell'acquirente. Egli ha la possibilità di comprare lo stesso bene o servizio a un prezzo inferiore rispetto al periodo precedente. Tuttavia, la riduzione dei prezzi può avere origini diverse e pertanto definirsi 'buona' o 'cattiva' in senso economico. Nel caso positivo la deflazione può nascere da una riduzione dei costi di produzione dovuta, per esempio, alla diminuzione dei costi dei singoli fattori di produzione, all'adozione di metodi di produzione innovativi o all'introduzione di soluzioni organizzative migliori, oppure può trarre origine da un mutamento nella forma di mercato, che è divenuto più concorrenziale, come nel caso dell'ingresso di aziende concorrenti in grado di produrre beni e servizi prima offerti solo dal monopolista. La deflazione è invece negativa quando è l'effetto finale di una riduzione della produzione e quindi dell'occupazione. In questo caso, essa diventa la spia di gravi squilibri del mercato: le imprese producono più di quello che viene richiesto e sono quindi costrette a ridurre la loro offerta.
La diminuzione dei prezzi induce l'imprenditore a investire solo in piccola misura il suo denaro nell'incremento delle capacità produttive, per evitare di sperperarlo in attività rischiose. Il suo atteggiamento prudente comporta in genere una riduzione dell'occupazione e dei salari. I lavoratori sono costretti a subire tali scelte dei datori di lavoro e assistono impotenti alla riduzione del proprio reddito. La loro domanda sul mercato, soprattutto di beni superflui (come i gioielli) e durevoli (come gli elettrodomestici) si contrae. Le imprese sono portate di conseguenza a diminuire ulteriormente la produzione innescando la cosiddetta spirale deflazionistica: minore domanda delle famiglie, minore offerta delle imprese, minore occupazione, ulteriore minore domanda delle famiglie, e così via. Per uscire da tale circolo vizioso lo Stato è costretto a intervenire con appropriate politiche economiche in grado di ridare fiducia nello sviluppo economico del paese. I governi nazionali, le imprese e gli stessi consumatori considerano oggi molto importante il controllo delle variazioni dei prezzi. La politica economica di un paese deve puntare al raggiungimento di un livello di crescita dei prezzi che non sia troppo basso per non incombere nel rischio di una recessione ma che non sia neanche eccessivamente elevato per evitare casi di spirale inflazionistica; in genere gli economisti considerano 'sano' un tasso di inflazione prossimo all'1÷2%.