internazionalismo
L'ideale della solidarietà sociale al di là delle barriere nazionali
Il termine internazionalismo indica la tendenza a favorire la formazione di organismi internazionali per raggiungere fini comuni. Le più note organizzazioni sono state, in tal senso, quelle di ispirazione socialista e comunista, ma non sono mancate forme di internazionalismo liberale e altre ispirate alla cooperazione tra gli Stati per il mantenimento della pace
Il termine internazionalismo indica l'aspirazione alla solidarietà e alla cooperazione tra i popoli. Le radici del concetto affondano nel cosmopolitismo illuministico settecentesco, che tuttavia affermava genericamente il diritto dell'uomo ‒ e in particolare dell'intellettuale ‒ di definirsi cittadino del mondo.
L'internazionalismo indica invece, più precisamente, la necessità di un'unità politica, economica e sociale sopranazionale. Una forma di internazionalismo romantico ottocentesco fu, in particolare, quella di Giuseppe Mazzini, grande assertore del principio di nazionalità ma ostile al nazionalismo, inteso come sua forma patologica, degenerata e incline a brutali politiche di espansione e sopraffazione. L'ideale mazziniano era quello della fratellanza universale, della libertà e dell'indipendenza dei popoli. A tal fine fondò nel 1834 la Giovine Europa, una sorta di Santa Alleanza dei popoli in opposizione a quella dei sovrani della Restaurazione, per coordinare le nazioni impegnate nella propria liberazione.
Oltre a quella mazziniana, molte furono le associazioni ottocentesche aspiranti alla fratellanza o alla 'repubblica universale', ma la più nota e lucida formulazione dell'internazionalismo venne elaborata da Karl Marx e Friedrich Engels nel Manifesto del partito comunista del 1848. L'epoca della borghesia, segnata dallo sviluppo dei mercati, stava volatilizzando tutto ciò che vi era di stabile, comprese le barriere nazionali. "Il bisogno di uno smercio sempre più esteso per i suoi prodotti ‒ scrivevano Marx ed Engels ‒ sospinge la borghesia a percorrere tutto il globo terrestre". Lo sfruttamento dei mercati mondiali aveva pertanto dato "un'impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi". E non solo i "prodotti materiali", ma anche quelli "intellettuali" stavano diventando "globali". Nel futuro dominio da parte della classe lavoratrice, secondo gli autori del Manifesto, gli antagonismi nazionali residui sarebbero scomparsi del tutto, perché lo sfruttamento di una nazione da parte di un'altra sarebbe stato abolito insieme a quello sugli individui.
Dopo notevoli sforzi per stabilire forme di collegamento tra le battaglie dei lavoratori nei diversi paesi, nel 1864 fu creata a Londra l'Associazione internazionale dei lavoratori, nota poi come Prima Internazionale. Marx e l'anarchico russo Michail Bakunin si contesero il controllo dell'organizzazione (prevalsero le posizioni marxiane). L'emergere dei sentimenti nazionalistici e le tensioni tra le varie componenti politiche ne causarono però la dissoluzione nel 1876.
Nel 1889 nacque a Parigi la Seconda Internazionale, basata su una maggiore autonomia dei partiti socialisti e socialdemocratici aderenti. Dopo la vittoria della Rivoluzione d'ottobre nel 1917 (rivoluzioni russe) venne fondata a Mosca, nel 1919, una Terza Internazionale o Internazionale comunista (Comintern), organo di coordinamento del progetto rivoluzionario mondiale basato sul modello vittorioso del bolscevismo. Il Comintern venne sciolto nel 1943 e sostituito nel 1947, fino al 1956, dall'Ufficio di informazione (Cominform) dei partiti comunisti dell'Europa orientale e di quelli italiano e francese.
Ma l'internazionalismo ebbe pure, al termine della Prima guerra mondiale, un'altra formulazione, quella del presidente statunitense Woodrow Wilson, basata sugli ideali della cooperazione, della pace e della sicurezza internazionale, che portò nel 1919 all'istituzione della Società delle nazioni. Sua erede fu, nel 1945, l'Organizzazione delle nazioni unite (ONU). Non mancarono anche altre Internazionali, come quella 'bianca' promossa dal sacerdote Luigi Sturzo negli anni Venti, e quella liberale fondata a Oxford nel 1947.
Negli ultimi decenni del 20° secolo, infine, la crescente interdipendenza economica e sociale mondiale è stata descritta come globalizzazione, nuova forma di internazionalismo intorno a cui si sono aperti grandi dibattiti.