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io

di Geni Valle - Enciclopedia dei ragazzi (2005)
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io

Geni Valle

La cabina di regia della nostra personalità

Il termine io non è soltanto un pronome: esso indica il modo di essere di un individuo in quanto distinto da tutti gli altri. Nella filosofia e nella psicologia, l'Io indica alcune aree e funzioni della mente. Secondo la psicoanalisi, l'Io svolge la difficile e delicata funzione di mediare tra gli istinti, le esigenze della realtà esterna e le regole della nostra coscienza morale

La dimensione grammaticale e quella filosofica

Nella declinazione del pronome di prima persona singolare, io si adopera come soggetto di un verbo, mentre per il complemento oggetto e per i complementi costruiti con una preposizione si usa me (per esempio: "vuole me", "gioca con me"); per il complemento di termine e, talvolta, per il complemento oggetto utilizziamo 'mi' (per esempio: "mi dice", "mi sceglie").

Il filosofo francese Cartesio (17° secolo) intende l'Io come coscienza, luogo e agente del pensiero. L'Io che pensa è la prova dell'esistenza: la celebre frase cogito ergo sum significa "penso, perciò esisto". Per il tedesco Immanuel Kant (18° secolo) l'Io penso è l'autocoscienza, ossia la consapevolezza dei propri processi mentali che rimane identica, mentre il pensiero costruisce molteplici rappresentazioni della realtà in mutamento.

La dimensione psicologica: dal neonato all'adulto

Nella teoria psicoanalitica elaborata da Sigmund Freud l'Io è una parte, conscia e inconscia, dell'apparato psichico, organizzata per svolgere importanti funzioni. Il suo graduale sviluppo dalla psiche ancora indifferenziata del neonato dipende da fattori costituzionali e dalle esperienze nel rapporto con gli altri. Per Sigmund Freud, l'Io all'inizio della vita è un "Io corporeo": il neonato vive immerso nelle sensazioni corporee e soltanto attraverso un lento e graduale processo diviene capace di percepire il proprio corpo e sé stesso, distinguendo queste percezioni da quelle che ha del mondo esterno. È un momento importante quello in cui un bambino dice per la prima volta "io": egli esprime la consapevolezza di esistere come persona indipendente dalla madre e in rapporto con un tu o un voi.

Con la crescita l'Io diventa sempre più capace di compiere l'esame di realtà, cioè di valutare il mondo esterno e comprendere i suoi significati condivisi da tutti. Questa funzione può essere perduta o alterata in alcune malattie psichiche; per esempio, nel delirio paranoide il malato può interpretare come minacciose le azioni e le parole di altri che in realtà sono assolutamente innocue.

Compreso il significato della realtà, l'Io regola il nostro adattamento al mondo esterno e ai suoi cambiamenti. Queste funzioni sono strettamente dipendenti dallo sviluppo dei processi di pensiero, cioè dalla capacità dell'Io di percepire quanto accade e di dare significato alle percezioni, classificarle, individuare somiglianze e differenze, arrivare a conclusioni, formulare giudizi, fare previsioni: insomma, pensare, ricordare e apprendere.

Io e Super-Io

Nel 1923 Freud scrive che "l'Io rappresenta ciò che si può chiamare la ragione e il senso comune, in contrasto con l'Es che contiene le passioni". Ma l'Io non ha a che fare solo con l'Es (l'inconscio): deve fronteggiare anche le istanze del Super-Io ‒ che rappresenta i nostri ideali e la coscienza morale ‒ e i limiti che la realtà esterna ci pone. L'Io svolge quindi una funzione delicata e difficile, perché deve mediare tra gli istinti dell'Es, le esigenze del Super-Io e le richieste della realtà, tentando di accontentare tutti e di evitare situazioni di angoscia (difesa, meccanismi di). L'Io svolge la sua attività di gran diplomatico non solo perché spinge fuori dalla coscienza impulsi aggressivi o sessuali che provocherebbero la disapprovazione del Super-Io o del mondo esterno, ma anche perché regola e controlla gli istinti e rimanda, quando è il caso, la loro soddisfazione. Grazie a queste funzioni l'Io ci rende capaci di stabilire relazioni con gli altri e di mantenere legami affettivi che durano nel tempo, nonostante gli impulsi ostili e i conflitti.

Vedi anche
Es Pronome neutro tedesco adoperato in psicanalisi, prima da G. Groddeck poi da S. Freud, per designare la fonte impersonale, inconscia, delle manifestazioni della vita istintiva, per cui non tanto ‘io ho sognato’, quanto ‘es träumte mir’ (‘qualcosa’ ha sognato a me). ● Il termine è comune in italiano, ... psicanalisi Disciplina, fondata da S. Freud, che ha per oggetto lo studio e il trattamento terapeutico di disturbi di tipo psicologico nel quadro di una teoria dinamica della psiche il cui concetto centrale è quello di inconscio. 1. Principi fondamentali La teoria psicologica elaborata da S. Freud tra la fine ... autocoscienza filosofia La coscienza che l’io ha di sé stesso. Il termine ha trovato la più larga utilizzazione nel linguaggio idealistico, a partire da Kant in cui l’autocoscienza è la coscienza che ha di sé l’io puro quale condizione trascendentale del conoscere. Una posizione di maggiore rilievo l’autocoscienza ... René Descartes Descartes ‹dekàrt› (latinizz. Cartesius; it. Cartèsio), René. - Matematico e filosofo (La Haye-en-Touraine 31 marzo 1596 - Stoccolma 11 febbraio 1650). Nel collegio dei gesuiti di La Flèche, seguì per nove anni (1605-1614) il consueto curriculum delle classi di grammatica, umanità, retorica, filosofia; ...
Categorie
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Altri risultati per io
  • ego
    Dizionario di Medicina (2010)
    Forma diffusamente usata in psicoanalisi con lo stesso sign. di Io (➔).
Vocabolario
io
io (ant. éo; ant. o pop. tosc. 'e’, i’', solo in posizione proclitica) pron. pers. sing. [lat. volg. *ĕo, lat. class. ĕgo]. – 1. È il pronome di 1a persona, usato cioè dalla persona (o cosa personificata) che parla quando si riferisce a...
nón io
non io nón io (o nón-io) locuz. usata come s. m. – Termine filosofico (ted. Nicht Ich) usato da Fichte per indicare tutto ciò che viene pensato come dato o esistente fuori dell’io, come diverso e opposto a esso; nella filosofia di Fichte...
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