Uomo politico romano (2º-1º sec. a. C.); legato pretorio nella guerra sociale, debellò i Marsi (88 a. C.); console con Gneo Ottavio nell'87 a. C., si mise in urto col suo collega per aver proposto una legge che ammetteva i liberti alle votazioni. Ne seguì una nuova guerra civile e, con il trionfo di C. e di Mario, l'abrogazione degli ordinamenti sillani dell'88 e il ritorno in vigore delle leggi Sulpiciane dello stesso anno. La politica mariana di depressione dell'oligarchia senatoria (attraverso l'iscrizione nelle 35 tribù di molte centinaia di migliaia di cittadini, e con uccisioni e confische) culminava nell'autorizzazione concessa a C. di prorogarsi la magistratura e di scegliersi un collega (che fu Mario) all'infuori dei comizî. Era un'innovazione che denunciava la crisi degli ordinamenti repubblicani. Ma la morte di Mario (genn. 86) - l'unico generale che C. avrebbe potuto sostituire a Silla, impegnato con successo nella guerra contro Mitridate, per evitare che la vittoria ne accrescesse il prestigio - indebolì la sua posizione; dominò tuttavia ancora per tre anni facendosi rinnovare il consolato e scegliendo i colleghi. Nell'84 ad Ancona, mentre stava per imbarcarsi per l'Oriente, fu ucciso dai soldati ammutinati.