I c. sono organi tramite i quali lo Stato compie attività di carattere interno (soprattutto amministrativo) in territorio estero. Le relazioni consolari sono disciplinate da norme pattizie, contenute nei trattati consolari, e da norme consuetudinarie codificate nella Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari, entrata in vigore nel 1967. Gli uffici consolari si suddividono in: consolati generali, consolati, viceconsolati e agenzie consolari. In base alle norme generali che regolano la materia, la costituzione di relazioni consolari si basa sul consenso degli Stati interessati. Al fine di istituire gli uffici consolari occorre che alla nomina del capo dell’ufficio, decisa dallo Stato inviante, corrisponda il consenso dello Stato ricevente espresso tramite il gradimento. È necessario inoltre che gli or;gani competenti dello Stato inviante rilascino le ‘lettere patenti’ in cui sono specificate la qualifica, la classe, la circoscrizione consolare e la sede dell’ufficio. Tali lettere sono trasmesse al governo dello Stato ricevente, che autorizza la persona indicata all’esercizio delle funzioni consolari tramite l’emanazione dell’exequatur.
Le funzioni consolari principali consistono nel proteggere e assistere i connazionali, favorire lo sviluppo di relazioni commerciali con lo Stato ricevente, rilasciare passaporti e documenti di viaggio. Gli organi consolari godono di immunità e privilegi di natura strettamente funzionale, tra cui l’inviolabilità dei locali, degli archivi e dei documenti consolari. Ai c. sono inoltre riconosciute le immunità fiscali e l’immunità giurisdizionale, solo per gli atti compiuti nell’esercizio delle funzioni.
Ciascuno dei due supremi magistrati di Roma antica, che furono creati, con potere annuale, all’inizio della Repubblica e che continuarono, con limitate funzioni, durante tutto l’Impero. L’istituzione fu privilegio dei patrizi, fino a che le leggi Licinie-Sestie (367 a.C.) stabilirono che uno dei due c. potesse essere plebeo. Il minimo di età, in base alla legge Villia, era di 34 anni, ed era obbligatorio aver ricoperto le magistrature inferiori. L’elezione spettava ai comizi centuriati, fino a che Tiberio (14 d.C.) la conferì al Senato. Con Diocleziano la nomina fu fatta direttamente dagli imperatori. L’entrata in carica dei c. fu fissata, a partire dal 153 a.C., al 1° gennaio. Insegne dei c. erano la toga pretesta, la sella curule, i 12 littori con i fasci. Il potere dei c., quali eredi del potere monarchico, fu unitario e totalitario, salvo le limitazioni dell’annualità (ridotta a 6, 4 e 2 mesi durante l’Impero) e della collegialità e il passaggio di alcuni poteri ad altre magistrature sorte successivamente. In età repubblicana, i c. avevano il comando militare (eccezione fatta per Roma e, dal tempo di Silla, per l’Italia), il diritto di adunare e presiedere le adunanze del Senato e del popolo, e di proporre leggi, la giurisdizione civile (fino all’istituzione della pretura nel 367 a.C.) e criminale, l’amministrazione finanziaria (sotto il controllo dei questori), le operazioni del censimento e la cura dei lavori pubblici (quando non erano in carica i censori). Nell’Impero, i c. vennero a perdere quasi ogni competenza e non furono che i più alti rappresentanti del potere del Senato; mantennero solo una notevole competenza giurisdizionale. L’ultimo c. dell’Impero occidentale fu Decio Teodoro Paolino (534 d.C.). Chi aveva rivestito il consolato aveva il titolo di consolare, concesso anche ai governatori delle province imperiali.
Si chiamarono c. i magistrati che, nell’11° sec., riuscirono a porsi a capo di molti Comuni. Erano eletti da assemblee e restavano in carica un anno, con poteri molto estesi. Nel 13° sec. i c. furono sostituiti da un magistrato unico, il podestà. A Roma il titolo di c. designò, fino al 12° sec., gli appartenenti alle grandi famiglie.
Nelle repubbliche marinare, era detto c. del mare il magistrato preposto alle operazioni marittime.
Libro del consolato è una raccolta di consuetudini marittime (seconda metà del 14° sec.), probabilmente redatta a Barcellona. Tradotta in varie lingue, costituì un codice di diritto comune marittimo, applicato nel bacino del Mediterraneo.