MAESTRO di ISACCO
Con questa denominazione parte della critica individua lo sconosciuto pittore che, nella basilica superiore di S. Francesco ad Assisi, eseguì intorno al 1290 i due riquadri con le Storie di Isacco - da cui appunto la definizione - posti al secondo registro della parete destra, nella terza campata a partire dal transetto.
Sin dai primi contributi sulla decorazione della basilica assisiate si venne delineando, per quanto riguarda l'attribuzione di queste due scene, un vero e proprio dualismo tra il riferimento a una personalità 'senza nome', di estrazione romano-cavalliniana e Giotto, che ha diviso nettamente l'orientamento degli studiosi (per una sintesi della vicenda storiografica si veda Scarpellini, 1982, p. 400ss. e la voce Giotto). Tra le due posizioni estreme, Toesca (1927) pensò di poter sì riconoscere nelle Storie di Isacco la mano del giovane Giotto, ma dopo l'incontro a Roma con Pietro Cavallini, ritenuto fondamentale per la formazione della sua concezione dello spazio pittorico.Il primo tentativo di sistemazione critica globale della personalità artistica del M. di Isacco si deve a Mather (1932), il quale ne propose un'improbabile identificazione con il fiorentino Gaddo Gaddi attribuendogli diverse altre opere a Firenze, tra cui alcuni brani del mosaico della cupola del battistero di S. Giovanni, l'Incoronazione della Vergine a mosaico oggi all'interno di S. Maria del Fiore, ma forse in origine sulla facciata dell'antica S. Reparata, e a Roma, in S. Maria Maggiore, i tondi con profeti nel transetto sinistro e le Storie della fondazione della basilica in facciata.In tempi più recenti l'attenzione degli studi si è soffermata essenzialmente sulla funzione di interruzione, per così dire, che le Storie di Isacco svolgono nella sequenza del ciclo vetero e neotestamentario di Assisi. Le due scene, infatti, mostrano elementi di tale novità, sia nella concezione prospettica dello spazio in cui si svolge l'evento sia nella resa monumentale dei personaggi, da creare uno stacco nettissimo rispetto non solo a quanto dipinto precedentemente sui muri della basilica superiore, ma anche a quanto segue lungo la parete destra, cioè le Storie di Giuseppe (v. Assisi). Belting (1977), sottolineando tali novità e diversità rispetto alle restanti parti della decorazione, giunge alla conclusione che il M. di Isacco non può essere identificato con Giotto.
Altri studiosi (Gnudi, 1959; Pesenti, 1977) hanno rilevato nelle figure protagoniste del dittico di affreschi una derivazione da modelli scultorei di evidente ascendenza arnolfiana. Romanini (1983; 1987; 1989) ha compiuto in questo senso un passo ulteriore di gran peso, avanzando la possibilità che l'autore del dittico sia da identificare con lo stesso Arnolfo di Cambio, di cui, in ogni caso, il M. di Isacco rappresenta un autentico alter ego. Ha inoltre, su questo specifico punto, proposto anche una nuova lettura dei dati figurativi delle scene di Isacco, non solo dal punto di vista stilistico e tecnico (i due affreschi introducono ad Assisi il nuovo sistema di lavoro a 'giornate'), ma anche da quello della costruzione spaziale e luministica (nei due affreschi la fonte della luce dipinta coincide con la finestra della campata in cui essi si trovano), evidenziandone sia l'assoluta novità rispetto a quanto dipinto in precedenza nella basilica sia il valore di 'legge' guida cui si adeguano tutti i successivi pittori della navata, ivi compresi quelli delle Storie francescane, generalmente attribuite a Giotto.Tra le altre opere accostate al M. di Isacco sono da citare la croce dipinta dell'Aracoeli (Roma, Mus. del Palazzo di Venezia; Toesca, 1966) e i già ricordati affreschi del transetto sinistro di S. Maria Maggiore, forse quanto di più vicino si conosca agli affreschi di Assisi. Qui, infine, la Volta dei Dottori ripropone elementi di stile desunti dalle Storie di Isacco, come per es. nella resa degli incarnati, senza peraltro accennare alla rigorosa costruzione di 'scatole spaziali' che caratterizza le architetture del dittico sulla parete destra.
Bibl.: Toesca, Medioevo, 1927; F.J. Mather, The Isaac Master. A Reconstruction of the Work of Gaddo Gaddi (Princeton Monographs in Art and Archaeology, 18), Princeton (NJ) 1932; C. Gnudi, Giotto, Milano 1959; I. Toesca, Una croce dipinta romana, BArte 51, 1966, pp. 27-32; H. Belting, Die Oberkirche von San Francesco in Assisi. Ihre Dekoration als Aufgabe und die Genese einer neuen Wandmalerei, Berlin 1977; F.R. Pesenti, Maestri arnolfiani ad Assisi, Studi di storia delle arti, 1977, pp. 43-53; P. Scarpellini, Introduzione, note e commentario, in Ludovico da Pietralunga, Descrizione della Basilica di San Francesco e di altri santuari di Assisi, Treviso 1982; A.M. Romanini, Arnolfo e gli ''Arnolfo'' apocrifi, in Roma anno 1300, "Atti della IV Settimana di studi di storia dell'arte medievale dell'Università di Roma ''La Sapienza'', Roma 1980", a cura di A.M. Romanini, Roma 1983, pp. 27-72; R. Salvini, Noterelle su Giotto a Roma, ivi, pp. 175-185; L. Bellosi, La pecora di Giotto, Torino 1985; A.M. Romanini, Gli occhi di Isacco. Classicismo e curiosità scientifica tra Arnolfo e Giotto, AM, s. II, 1987, pp. 1-56; Aggiornamento scientifico all'opera di G. Matthiae. Pittura romana del Medioevo, II, a cura di F. Gandolfo, Roma 1988, p. 367; A.M. Romanini, Arnolfo all'origine di Giotto: l'enigma del Maestro di Isacco, StArte, 1989, 65, pp. 5-26; id., Gli affreschi, in Basilica Patriarcale in Assisi. San Francesco. Testimonianza artistica, messaggio evangelico, Milano 1991, pp. 121-185; A. Paravicini Bagliani, Il corpo del Papa, Torino 1994; G. Cuccini, Il "Maestro di Isacco" negli affreschi della basilica superiore di San Francesco ad Assisi. Verso una soluzione del mistero? Ipotesi e certezze, Convivium Assisiense 3, 1995, pp. 217-257; B. Zanardi, Il cantiere di Giotto. Le Storie di san Francesco ad Assisi, Milano 1996; F. Cecchini, Artisti, committenti e ''perspectiva'' in Italia alla fine del Duecento, in La prospettiva, fondamenti teorici ed esperienze figurative, "Atti del Congresso internazionale, Roma 1995" (in corso di stampa).