Schifano, Mario
Pittore e regista cinematografico, nato a Homs (Libia) il 20 settembre 1934 e morto a Roma il 26 gennaio 1998. Tra i massimi pittori italiani del dopoguerra, noto anche all'estero soprattutto tra gli anni Sessanta e Settanta, S. iniziò la sua carriera, alla fine degli anni Cinquanta, come artista informale ma venne particolarmente influenzato dalla Pop Art statunitense, corrente della quale, in Italia, fu uno dei più incisivi protagonisti. Istintivo e gestuale come la sua pittura, per la rapidità con cui il mondo viene oggettivato, ma al tempo stesso accuratamente pensato, il cinema di S. procede per accumulo, per stratificazione di suoni e segni. Le dissolvenze incrociate e il pulsare delle immagini riprese dalla televisione, due procedimenti che ricorrono nei lungometraggi e nei cortometraggi, creano uno stato di assoluta instabilità della visione, dando all'autore la possibilità di accogliere nello stesso spazio visioni e tempi diversi, intermittenti e dilatati. S. si dedicò alla pittura dopo aver lavorato alcuni anni come restauratore al Museo nazionale etrusco di Villa Giulia. Nel 1960 partecipò alla celebre collettiva della galleria La salita insieme a T. Festa, F. Angeli, F. Lo Savio e G. Uncini; da allora gli furono dedicate numerose mostre e fu invitato più volte alla Biennale di Venezia. S. operò per cicli tematici, concentrandosi intorno alla fine del 1964 sulla rivisitazione della storia dell'arte. Si avvicinò al cinema girando cortometraggi amatoriali in 16 mm, quasi sempre senza prevedere il montaggio in moviola, tra i quali Round trip (1964) o Anna Carini vista in agosto dalle farfalle (1967). Per Marco Ferreri dipinse i titoli di testa del film L'harem (1967) e anche grazie a questa collaborazione e alle diverse relazioni professionali createsi in tale occasione, S. realizzò in seguito una trilogia di lungometraggi: Satellite (1968), Umano non umano e Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani (entrambi del 1969). Non del tutto assimilabili al cinema d'artista e sperimentale romano, del quale S. non fece mai parte, questi film, girati in 16 e 35 mm, possono essere considerati tre capitoli di un'unica riflessione sull'arte, sull'esistenza, sulla politica ma anche sul cinema stesso e sul suo impiego, artistico o politico che sia. Se in Satellite il salotto di casa si trasforma in sala di proiezione dove le immagini e i suoni del mondo esterno irrompono ossessivamente, in Umano non umano e Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani, il salotto è il mondo stesso, popolato da numerosi personaggi (da S. Penna ad A. Moravia, da F. Gimondi a Festa, da Carmelo Bene ai Rolling Stones) e caratterizzato da materiali eterogenei (il Vietnam, le manifestazioni di piazza, le performances). Come suggeriscono A. Aprà e P. Spila: "Satellite è il film del passato mitico, il cui punto di vista è mediano, cioè tra cielo e terra; Umano non umano il film del futuro utopistico, quindi armonico e ottimista, visto da un'ottica siderale; Trapianto il film del presente storico, dunque opera volutamente imperfetta, terrestre, film della disillusione e sulla morte dell'arte" (1969, p. 263). All'inizio degli anni Settanta S. cominciò a trasferire le immagini fotografate dallo schermo televisivo su tela emulsionata, ritoccandole pittoricamente. Dopo il fallimento di un ambizioso progetto (il film Laboratorio umano che doveva essere prodotto da Carlo Ponti), girò esclusivamente film amatoriali in super 8. Particolarmente interessato al rapporto tra arte e media S. volle rendere omaggio alla televisione nel 1996 con la mostra Musa ausiliaria.
A. Aprà, P. Spila, Trilogia per un massacro, in "Cinema & film", 1969, 9, pp. 260-65; Schifano: opere 1957-1997, con testi di M. Goldin e A. Bonito Oliva, Conegliano, Galleria comunale di Palazzo Sarcinelli, Milano 1998 (catalogo della mostra).