matematica
Il regno dei numeri e delle figure, del calcolo e del ragionamento
La matematica è un sistema simbolico razionale e astratto che permette di orientarsi tra i problemi e di risolverli. Nata da esigenze concrete – contare, distribuire, scambiare merci – la matematica studia oggi numeri, figure e qualunque altra cosa di cui si possa precisare il significato. È una disciplina attenta alle relazioni e alle proprietà degli oggetti di cui si occupa; è interessata a organizzarli e combinarli; fornisce strumenti, procedure, modelli e simboli per esprimere e verificare legami e dipendenze. Ma il matematico non si accontenta né di osservazioni di ‘buon senso’ né di eventi ricorrenti: esige sempre una dimostrazione
Scienza astratta, la matematica? Sì, ma non per questo astrusa o inutile. Anzi, è utile proprio perché astratta. Anche le carte geografiche sono molto astratte: le strade sono gialle o rosse, i fiumi sono sempre azzurri, le distanze sono in scala, i paesi e le città sono cerchietti. Sono tutti simboli e convenzioni che noi dobbiamo imparare a conoscere se vogliamo usarli per risolvere un problema: rappresentano la realtà, ma non sono la realtà, ne costituiscono un modello e sono utili proprio perché astratti. Se ci pensiamo bene, infatti, una carta geografica che fosse uguale alla realtà sarebbe impossibile da realizzare e del tutto inutile.
La carta geografica non è però costruita in modo arbitrario: permette di viaggiare in un paese sconosciuto proprio perché rispetta alcune regole: deve rappresentare gli oggetti nel territorio (le città, i fiumi, le strade, e così di seguito) e le relazioni che li legano (quali fiumi attraversano le città, quali strade i paesi, e via dicendo). Lo stesso è per la matematica, che è costituita da modelli, strumenti, procedure di calcolo o di ragionamento utili per risolvere problemi e capire molti aspetti della realtà fisica, sociale, umana.
Tecniche e procedure di tipo matematico risalgono agli albori dell’umanità e, nel corso dei secoli, si sono sviluppate, in forma autonoma, in territori e culture diverse: dapprincipio con le civiltà della Mesopotamia e quelle egizia, cinese, indiana, poi con la Grecia antica e nel periodo ellenistico, la civiltà araba, e così via fino ad arrivare ai giorni nostri.
La matematica nasce da problemi di natura concreta, come contare, distribuire e scambiare oggetti, misurare terreni, orientarsi con le stelle, misurare il tempo e prevedere il cambio delle stagioni. E, all’inizio, c’era certamente un po’ di confusione tra il prevedere il futuro osservando il cielo o mettendo in atto pratiche magiche. La matematica che si studia oggi a scuola, nelle università e nei centri di ricerca è più vasta e complessa; inoltre ha forma, contenuti e caratteristiche molto diversi da quelli originari.
La matematica d’oggi ha un linguaggio universale, delle procedure di ragionamento molto rigorose e si occupa di moltissimi temi. Che cos’è allora che accomuna tutte le sue sottodiscipline? Che cos’è che rende unitaria la matematica? Una prima caratteristica è stata già chiamata in causa: si tratta dell’astrazione.
Se si vuole studiare un oggetto da un punto di vista generale occorre isolarne alcuni aspetti: in questo consiste il processo di astrazione tipico della matematica. Se si vuole imparare a ‘contare’ mele, pere o qualunque altro genere di cose, si dovrà astrarre dai singoli oggetti, isolando l’aspetto della quantità: così nasce il concetto di numero. Se si vuole disegnare un oggetto dello spazio si potrà astrarre dai suoi colori e basterà delinearne i contorni: così nascono le figure della geometria.
Se poi si vuole esprimere il fatto che due oggetti qualunque addizionati a tre oggetti dello stesso tipo danno cinque oggetti, si utilizzeranno i simboli 2, 3 e 5, il simbolo 1 per l’addizione e il simbolo dell’uguaglianza 5. Si scriverà, cioè, come si è abituati a fare fin dalla scuola elementare, in simboli: 2 1 3 55.
Se inoltre si vuole sottolineare che l’addizione è una operazione commutativa non si scriverà tante volte, per esempio, che 213 è uguale a 312, 415 è uguale a 514, e così via. Si opererà con lettere anziché con numeri. Si scriverà in modo più semplice, astratto, e perciò più potente, che a1b è uguale a b1a. Le lettere a e b stanno al posto di due qualunque numeri.
La proprietà commutativa dell’addizione può perciò essere scritta così: a1b 5 b1a.
Molto spesso, la matematica è progredita proprio quando sono stati introdotti simboli per esprimere concetti o relazioni via via più complessi. Per esempio, siamo abituati a usare il segno 5 per ‘dire’ che un’espressione è uguale a un’altra.
Questo simbolo, oggi così comune, fu introdotto soltanto verso la metà del 16° secolo dal matematico inglese Robert Recorde che se ne servì al posto della locuzione ‘è uguale’. Gli sembrava bello e significativo usarlo perché – così scriveva – «non ci sono due cose che sono così uguali come due linee parallele».
Nel corso della sua storia, che accompagna la storia dell’evoluzione dell’uomo, la matematica ha creato innumerevoli simboli che esprimono concetti: simboli per i numeri, per le operazioni, per le relazioni, per descrivere andamenti all’infinito, e tanti altri. La matematica di oggi è una scienza simbolica, con propri concetti, e ‘presta’ questi simboli e concetti ad altre discipline che ne fanno uso.
Quando si scrive un tema, un messaggio, una lettera, si distinguono facilmente i nomi dai verbi: i nomi, con i loro eventuali aggettivi; i verbi, con i loro eventuali avverbi. I nomi indicano cose, persone, elementi, oggetti. I verbi indicano azioni, procedure, operazioni, intenzioni, che ‘legano’ tra loro le cose.
Anche nell’esperienza quotidiana si opera questa distinzione: mele e scarpe sono oggetti, sbucciare una mela o allacciarsi le scarpe rappresentano invece procedure che si applicano ai precedenti oggetti.
In matematica si ritrova una distinzione più o meno dello stesso genere: nell’aritmetica, per esempio, gli oggetti sono i numeri, mentre le procedure sono le quattro operazioni fondamentali, più altre che nel corso della storia si sono aggiunte (l’elevazione a potenza, l’estrazione di radice e così via).
Come nell’esperienza quotidiana, anche in matematica si può prestare maggiore attenzione agli oggetti oppure alle procedure. Infatti, ogni procedura possiede regole proprie, imposte dalle caratteristiche degli oggetti di cui si occupa.
Per esempio, al mattino, occorre mettersi le calze prima delle scarpe; ma accade l’inverso nel toglierle la sera, e non si può fare altrimenti. Analogamente, non è vero che dividere un numero a per un numero b sia lo stesso che dividere un numero b per un numero a. Mettersi calze e scarpe e dividere due numeri sono ambedue operazioni non commutative, per le quali è importante rispettare l’ordine di esecuzione. Quando la matematica studia gli oggetti (numeri, figure o qualunque altra cosa di cui si possa precisare il significato) ne studia anche le relazioni, le particolari proprietà, il modo di organizzarli, combinarli.
Gli oggetti e le procedure a essi connessi costituiscono ambienti e strutture in cui si opera calcolando e ragionando e che, in qualche modo, ‘vivono di vita propria’. Così, per esempio, un’espressione con le frazioni può rappresentare, all’origine, un problema; ma, una volta scritta, il suo calcolo deve seguire regole ben precise, indipendenti dal problema da cui è sorto.
Come mai, di tanto in tanto, ci svegliamo di cattivo umore? Perché, quando il cielo è coperto da nubi, talvolta piove e talvolta no? Perché l’acqua bolle a una certa temperatura? Da che cosa dipende?
Cercare la spiegazione di ciò che accade, esaminare i fenomeni, è un tratto caratteristico degli esseri umani: ci si chiede spesso perché.
Il risalire da un fenomeno a un altro, interpretato come causa, il desiderio di far chiarezza, sono una delle caratteristiche del ragionamento scientifico. Ma la matematica non spiega direttamente le cause; questo compito spetta ad altri: tocca a ognuno di noi secondo la propria sensibilità e competenza, agli artisti con le loro opere, alla musica, alla filosofia, alle scienze, alle religioni. La matematica, piuttosto, fornisce strumenti, procedure, modelli e simboli per esprimere e verificare legami e dipendenze.
Se teniamo in mano un oggetto e apriamo la mano, l’oggetto cade inevitabilmente verso il basso. Possiamo costruire diverse teorie su questo fenomeno: possiamo pensare che sia ‘naturale’ che un oggetto ‘pesante’ ritorni al suolo, il suo luogo naturale (così più o meno credeva Aristotele, che tanta influenza esercitò sul pensiero occidentale); oppure, con Isaac Newton, possiamo ritenere che ci sia una forza di attrazione gravitazionale tra le masse.
Qualunque sia la teoria, la matematica invita in primo luogo a precisare il fenomeno. Se è vero che un oggetto cade, con quale velocità cade, e tale velocità è funzione dell’altezza da cui cade? Dopo quanto tempo cade? Esisterà una legge, una formula che permette di effettuare previsioni?
Il concetto di funzione, che fornisce corrispondenze e dipendenze tra fenomeni di diversa natura, è un altro dei concetti-chiave della matematica.
Disegniamo un quadrilatero qualunque, anche molto ‘sbilenco’, con tutti i lati e gli angoli diversi l’uno dall’altro. Su ognuno dei lati consideriamo il punto medio e uniamo tali punti .
Il quadrilatero che si forma al suo interno ha un nome particolare: si chiama parallelogramma, ha cioè i lati che sono a due a due paralleli. Perché? Esiste sempre questa caratteristica?
Si possono disegnare tanti altri quadrilateri ‘sbilenchi’ e ripetere la costruzione: si vedrà che sempre la figura che si forma all’interno (quella ottenuta congiungendo i punti medi) è un parallelogramma. Sembra perciò vero questo teorema: se si uniscono tra loro i punti medi dei lati di un quadrilatero qualunque si ottiene un parallelogramma.
Anche se disegniamo mille altri quadrilateri e sempre otteniamo un parallelogramma, non saremo mai sicuri che il teorema è vero. Il matematico non si accontenta né di osservazioni di ‘buon senso’ (che spesso sono solo luoghi comuni e possono dimostrarsi falsi) né del numero di casi (anche alto) in cui le cose tornano. Esige una dimostrazione, cioè un ragionamento condiviso.
Caratteristica importante della matematica è perciò il suo metodo, detto ipotetico-deduttivo: a partire da poche proposizioni iniziali tra loro coerenti (gli assiomi) tutto va dimostrato con ragionamenti stringenti. Ciò che si dimostra è chiamato teorema.
Per spiegare meglio il metodo deduttivo della matematica si può fare un paragone con il gioco degli scacchi. All’inizio i pezzi sono disposti sulla scacchiera in un determinato modo: questa disposizione iniziale degli scacchi rappresenta gli assiomi, i punti fermi da cui partire. Il gioco inizia e prosegue muovendo uno alla volta i pezzi e ogni pezzo ha sue regole di movimento: ogni disposizione degli scacchi è come un teorema, perché è il risultato di una serie di mosse (passi del ragionamento) effettuate a partire da una disposizione iniziale assiomatica.
Aritmetica: numeri naturali e operazioni tra essi; a un livello più avanzato diventa teoria dei numeri e indaga sulle loro proprietà più profonde, sui numeri primi, sulle applicazioni per costruire o decrittare codici segreti (crittografia).
Algebra: se e come si risolvono le equazioni, le proprietà generali delle operazioni, le diverse strutture matematiche.
Geometria: le proprietà delle figure e le loro relazioni, il piano, lo spazio, le trasformazioni.
Logica: i metodi del ragionare corretto, dell’arrivare a conclusioni ineccepibili, l’analisi dei fondamenti stessi della matematica.
Analisi: studio delle funzioni, di come varia un fenomeno, dei suoi andamenti all’infinito.
Calcolo delle probabilità: studio degli eventi che dipendono dal caso (e, connessa a questo, la statistica, cioè l’analisi dei fenomeni collettivi).
Trigonometria: studio delle relazioni tra angoli e distanze e dei fenomeni periodici.
Matematica finanziaria e attuariale: gli investimenti, le rendite, i bilanci e le finanze, come calcolare il costo di un’assicurazione…
Matematiche applicate di vario genere: con riferimento all’ingegneria, alla fisica, alla biologia, all’economia.
Matematiche finite o discrete: con applicazioni all’informatica, alla teoria dell’informazione.
Thomas Mann, scrittore tedesco premio Nobel per la Letteratura nel 1929, nel romanzo Altezza reale descriveva una pagina di appunti di matematica che un profano legge come un insieme di simboli dal significato misterioso:
«No, – egli esclamò – oggi non è permesso studiare l’algebra, Signorina Imma, e giocare negli spazi senza aria, come dice lei. Guardi, c’è il sole … Permette? – E avvicinatosi al tavolino prese in mano il quaderno. Vide cose da far confondere il cervello. […] Lettere greche appaiate con lettere latine e con cifre or più alte or più basse, frammiste a croci e a righe, disposte, come nelle frazioni, al di sopra e al di sotto di linee orizzontali e sormontate da altre linee tirate come tende, erano poste in equivalenza con la doppia lineetta e riunite, tra parentesi tonde, in grossi gruppi di formule. Lettere isolate, messe innanzi come sentinelle, stavano in alto, a destra dei gruppi così racchiusi».
Il califfo Sissa, mitico inventore degli scacchi, insegnò il gioco al re di Persia. Costui, ammirato, lo volle ricompensare e il califfo espresse un desiderio apparentemente insignificante: chiese che un chicco di grano venisse messo nella prima delle caselle della scacchiera e che si proseguisse aggiungendo poi in ogni altra casella il doppio dei chicchi messi in quella precedente. Quindi, 1 chicco nella prima casella, 2 nella seconda, 4 nella terza, 8 nella quarta e così via. Poiché la scacchiera ha 8 x 8 = 64 caselle, il numero dei chicchi di grano che il re avrebbe dovuto dare sarebbe stato: 1 + 2 + 22 + 23 + … + 263. Il risultato di questa somma è un numero illeggibile, tanto è grande: 184.467.440.737 095.551.615! È superiore a 180 miliardi di miliardi, mentre la popolazione umana sulla Terra è ‘solo’ di circa 6 miliardi. Se pure tutta la Terra fosse coltivabile a grano, non si potrebbe arrivare a tale quantità! Il re, non poteva certo immaginare quanto la regola matematica avrebbe portato lontano, tanto da impedirgli di soddisfare la richiesta.