Uomo politico e generale ateniese (540-489 circa a. C.). Ancora giovane successe al fratello Stesagora nella signoria del Chersoneso tracio, partecipò alla spedizione scitica di Dario (513), ma poi fuggì dal Chersoneso, o per la minaccia di un'incursione scitica o piuttosto perché era divenuto per la sua potenza sospetto ai Persiani. Tornato nel Chersoneso durante l'insurrezione ionica, occupò Lemno e Imbro popolandole di coloni ateniesi, ma, sconfitti gli Ioni nella battaglia di Lade (494), fuggì nuovamente in Atene, dove fu, probabilmente dai partigiani degli Alcmeonidi, accusato di aver esercitato la tirannide nel Chersoneso: non solo fu assolto, ma la sua sagacia e il suo valore gli valsero, nell'imminenza dell'invasione persiana, la nomina a stratego per il 490-89. M. vinse i Persiani a Maratona, poi, ricondotti i suoi opliti presso Atene, impedì al comandante persiano Dati di sorprendere la città. Messo a capo di una spedizione navale per cacciare i Persiani dalle Cicladi, non riu scì a occupare Paro. Tornato ferito in Atene e accusato da Santippo, il padre di Pericle, di aver ingannato il popolo, fu condannato a un'ammenda di 50 talenti, ma morì poco dopo di cancrena in carcere, senza averla potuta pagare. Anche se la tradizione su M. è scarsa e in parte alterata, egli fu certamente un audace generale e un uomo politico intraprendente e geniale. Paneno lo dipinse nel Pecile, e a Delfi Fidia lo ritrasse in una statua bronzea in un donario; un tipo classicheggiante barbato è noto da un'erma marmorea iscritta trovata a Porto Corsini presso Ravenna.