Niger
Colonia francese dalla fine del 19° secolo e Stato indipendente dal 1958, il N. è uno dei Paesi più poveri del mondo; è inoltre afflitto da endemici conflitti etnici e da una permanente instabilità politica, con un periodico alternarsi di regimi democratici e dittature militari. Nonostante questa situazione sfavorevole, negli anni Sessanta e Settanta il cinema del Paese, sperimentale e autodidatta, si collocò all'avanguardia rispetto alla maggior parte di quelli dell'Africa subsahariana. La sua produzione è andata tuttavia progressivamente diminuendo in quantità e in qualità nel corso dei due decenni successivi.Come in altri Paesi africani, fu l'esercito coloniale a introdurre in N., a scopi di propaganda, l'attività cinematografica. Seguirono, a opera di registi francesi, i documentari di impostazione etnografica La croisière noire di Léon Poirier (1925), sulla traversata del continente in auto, primo film conosciuto a testimoniare la vita delle popolazioni del N., e La grande caravane (1936) di Jean d'Esme, sul viaggio di una carovana di cammellieri. Fondamentale fu in quest'ambito il lavoro svolto, a partire dal 1947, da Jean Rouch, che in N. girò molti film e con il quale collaborarono a vario titolo alcuni dei principali registi nigerini della prima, seconda e terza generazione, Moustapha Alassane, Oumarou Ganda, Inoussa Ousseini, Mariama Hima.
Subito dopo l'indipendenza il cinema ebbe in N. uno scarso sostegno statale. Il Servizio cinematografico del Ministero dell'informazione produsse esclusivamente cinegiornali, mentre il Centro nazionale audiovisivo, sorto nel 1965 per sensibilizzare la popolazione su questo tema, fallì nei suoi intenti, e fu assorbito dall'Ufficio della radio-televisione. Quest'ultimo ebbe tuttavia in seguito un ruolo decisivo nel finanziamento della produzione, insieme ad altre istituzioni pubbliche (il Ministero della gioventù, degli sport e della cultura, l'Istituto di ricerche in scienze umane).
Alassane è stato il pioniere del cinema nigerino. Non solo cineasta ma anche inventore e organizzatore, progettò e costruì una macchina da presa e, usando una struttura mobile, fece conoscere il cinema nei villaggi. Nel 1961 realizzò il cortometraggio etnografico Aouré, storia d'amore ambientata in un villaggio e primo film completamente nigerino. In seguito fu assistente e direttore della fotografia di Rouch a Parigi, e studiò con Norman McLaren al National Film Board di Montréal. La sua filmografia si sviluppò nel segno dell'animazione, genere fino a quel momento inesistente in Africa (Le piroguier, 1962, disegnato direttamente sulla pellicola; La mort de Gandji, 1965, girato in Canada; Bon voyage, Sim, 1966; Samba le Grand, 1978; Kokoa, 1984), ma anche della leggenda (La bague du roi Koda, 1963; Toula ou le génie des eaux, 1974), del western (Le retour de l'aventurier, 1966, il suo capolavoro, nel quale un villaggio viene trasformato in set western nel momento in cui un giovane rientra dall'Occidente affascinato dal mito della prateria), della satira (F.V.V.A. ‒ Femme, Villa, Voiture, Argent, 1972, il suo primo lungometraggio), del poliziesco (Kankamba ou le semeur de discorde, 1982).
Per quasi tutti gli anni Sessanta Alassane rimase l'unico regista del N.; ma la fine di quel decennio e l'inizio del successivo videro il debutto di diversi altri cineasti, affiancato dal fiorire di interessanti iniziative culturali e organizzative (come, per es., la creazione del club Cinéma et culture, tendente alla diffusione e alla conoscenza del cinema, e dell'Associazione dei cineasti del N.) cosicché a partire da quel periodo l'isolata attività di Alassane iniziò a essere affiancata da quella di altri cineasti. Nel 1968 esordì Ganda, attore in Moi, un noir (1959) e Babatou ou les trois conseils (1976), entrambi diretti da Rouch. La sua opera prima, Cabascabo (Bullo), d'ispirazione autobiografica, descrive in maniera visionaria le vicissitudini di un reduce dalla guerra d'Indocina. Gli abusi perpetrati dal potere, in particolare da quello religioso, sono al centro di diversi suoi film, da Le Wazzou polygame (1971) a Saïtane (1973, Satana), fino a L'exilé (1980), il suo ultimo film. Di Moustapha Diop bisogna ricordare Synapse (1972), incentrato su un gruppo di giovani africani a Parigi, Le médecin de Gafiré (1982), sullo scontro fra i metodi della medicina tradizionale e quelli utilizzati da un giovane che ha studiato all'estero, e Mamy Wata (1990, Dea delle acque), il suo ultimo film, storia di corruzione e rituali soprannaturali che vede la contaminazione di vari generi, dal western all'erotico. Djingarey Abdoulaye Maïga, inizialmente attore, è uno dei cineasti dalla carriera più continuativa e regolare; i suoi film sono melodrammi a sfondo sociale cupi e talvolta grezzi, dai titoli emblematici: L'étoile noire (1975), Nuages noirs (1979), Aube noire (1983).Tra i giovani registi promettenti, la cui produzione si è però interrotta dopo pochi anni, sono da ricordare: Yaya Kossoko (La réussite de Mei Thebre, 1969, su un giovane contadino che scopre la vita di città e dimentica le proprie origini), Ousseini (La sangsue, 1972; Paris, c'est joli, 1974, sull'emigrazione nigerina in Francia; Ganga, 1975, girato in N. e diretto insieme a Rouch), Abdourhamane Gatta (Gossi, 1978, documentario sui riti ancestrali; Hommage à Oumarou Ganda, 1981, dedicato al celebre regista, scomparso in quell'anno). Nel 1982 a Niamey venne organizzato il primo seminario internazionale sulla produzione cinematografica in Africa, noto come 'Manifesto di Niamey'.Gli anni Ottanta e i primi anni Novanta, pur segnati da numerosi ritiri, hanno visto alcuni debutti: Mahamane Bakabe e Abdoua Kanta, che dopo alcuni cortometraggi, prima documentari e poi a soggetto, hanno esordito nel lungometraggio rispettivamente con Si les cavaliers... (1981), su un episodio della lotta contro i colonizzatori bianchi nel 1905, e con Lelée (1990), sulla difficile vita di una ragazza di villaggio; M. Hima, etnomusicologa, e in tale veste collaboratrice di Rouch negli anni Settanta, che si è segnalata per alcuni documentari di argomento ambientalista sul riciclaggio degli oggetti, Baabu banza (1984, Niente si getta), Taya (1984, Il pneumatico), Falaw (1985, L'alluminio), Toukou (La botte) e Katako (La tavola), entrambi del 1987.
Nel corso degli anni Novanta si è assistito alla sostanziale scomparsa della produzione di film a soggetto. Fanno eccezione solo Maïga, tornato al lungometraggio con Miroir noir (1995) e Vendredi noir (1999), e due debuttanti, Moussa Alzouma e Oumarou Koulibaly, rispettivamente con i mediometraggi Talfi (1995, Affidata) e Wadjibi (1996, noto anche come Le devoir).
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